Giovanni Paolo II
Lettera Enciclica Ecclesia de Eucharistia, 11
La Chiesa ha ricevuto l'Eucaristia da Cristo suo Signore non come un dono, pur prezioso fra tanti altri, ma come il dono per eccellenza, perché dono di se stesso, della sua persona nella sua santa umanità, nonché della sua opera di salvezza.
Questa non rimane confinata nel passato, giacché « tutto ciò che Cristo è, tutto ciò che ha compiuto e sofferto per tutti gli uomini, partecipa dell'eternità divina e perciò abbraccia tutti i tempi » (CEC, 1085).
Quando la Chiesa celebra l'Eucaristia, memoriale della morte e risurrezione del suo Signore, questo evento centrale di salvezza è reso realmente presente e « si effettua l'opera della nostra redenzione » (LG 3).
Questo sacrificio è talmente decisivo per la salvezza del genere umano che Gesù Cristo l'ha compiuto ed è tornato al Padre soltanto dopo averci lasciato il mezzo per parteciparvi come se vi fossimo stati presenti.
Ogni fedele può così prendervi parte e attingerne i frutti inesauribilmente. Questa è la fede, di cui le generazioni cristiane hanno vissuto lungo i secoli.
Questa fede il Magistero della Chiesa ha continuamente ribadito con gioiosa gratitudine per l'inestimabile dono.
Desidero ancora una volta richiamare questa verità, ponendomi con voi, miei carissimi fratelli e sorelle, in adorazione davanti a questo Mistero:
Mistero grande, Mistero di misericordia. Che cosa Gesù poteva fare di più per noi? Davvero, nell'Eucaristia, ci mostra un amore che va fino « all'estremo » (cfr Gv 13,1), un amore che non conosce misura.
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