In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro». (Mt 18,15-20)
Siamo rimasti anche più di due a riunirci nel Suo nome. Sono ben più di due a fuggire dalle proprie città, perseguitati come cristiani.
Forse il nome cristiano non sta più invadendo il mondo, come pareva a Tertulliano a metà del terzo secolo: “Siamo nati ieri, e già abbiamo riempito le vostre città…”.
Ci fosse una sola famiglia, un solo gruppetto di amici, una sola piccola comunità, tutto potrebbe ancora ricominciare.
Cristo permane in mezzo a noi nel segno reale e concreto della comunione vissuta. Egli non abita semplicemente il fondo del cuore, ma viene a porsi nel contesto della vita, dove ci riconosciamo e ci accogliamo perché Lui è in mezzo a noi.
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