§ 50. Nel Tempio dominava il sacerdozio levitico, che aveva a capo il sommo sacerdote: perciò, in forza dell'ordinamento teocratico, il sommo sacerdote era anche il capo di tutta la nazione giudaica, e riuniva in sé la suprema autorità religiosa e anche quella civile. Cosi era in teoria: ma in pratica, specialmente ai tempi di Gesù, il potere effettivo del sommo sacerdote era assai minore. Gli Asmonei, discendenti dei Maccabei, erano stati nello stesso tempo sommi sacerdoti e re, attuando nuovamente l'antichissimo ideale d'Israele, pur non discendendo essi dalla stirpe di David; ma privati gli Asmonei del trono, i sommi sacerdoti furono eletti, quasi sempre, tra i membri di talune famiglie sacerdotali che avevano particolare influenza e costituivano dentro al ceto sacerdotale una casta d'aristocratici privilegiati. Inoltre il sommo sacerdote era eletto a vita, e solo eccezionalmente nei tempi antichi era stato deposto; ma dai tempi di Erode il Grande l'eccezione era diventata invece un uso comune, e ben raramente i sommi sacerdoti, morivano in carica. Dagli inizi di Erode il Grande fino alla morte di Gesù, che sono circa 65 anni, si contarono una quindicina di sommi sacerdoti, di cui parecchi rimasero in carica un anno e anche meno. I deposti, insieme con gli altri membri delle loro privilegiate famiglie, costituirono quella classe che i vangeli e Flavio Giuseppe chiamano dei “sommi sacerdoti”. Se questa instabilità noceva molto alla carica del sommo sacerdote, anche più noceva alla sua dignità l'accaparramento che le suaccennate famiglie avevano fatto sia di quell'ufficio sia delle altre cariche più lucrose del Tempio. In occasione delle elezioni pare che abitualmente corresse denaro, e un detto rabbinico mette appunto in relazione l'instabilità dell'ufficio con la sua venalità: Siccome sommi sacerdoti compravano il loro ufficio, così i loro giorni furono diminuiti (Levit. Rabba, 120 c; cfr. Joma pal., j, 38 c).
§ 51. Eletto che fosse, il sommo sacerdote era il primo ministro del culto e il capo di tutti i servizi del Tempio. A lui personalmente spettava di celebrare soltanto la liturgia nel giorno del Kippur o Espiazione (§ 77), ma talvolta officiava anche in altre feste più solenni, ad esempio nella Pasqua. Nel campo civile il sommo sacerdote agiva specialmente come capo del Sinedrio (§ 58), la cui presidenza gli spettava di diritto. Ma, qui soprattutto, il suo potere effettivo diminui dopo la scomparsa degli Asmonei: il loro successore, Erode il Grande, accennava con la sua spada il cammino che il capo del Sinedrio doveva seguire; i procuratori romani non furono cosi brutali, ma sorvegliavano attentamente la sua condotta e rivedevano le sue decisioni più importanti, anche per fargli comprendere che se egli portava ancora l’infula pontificale non aveva più la corona regale. Anzi gli stessi indumenti pontificali del sommo sacerdote erano custoditi nella fortezza Antonia per una disposizione che risaliva a Erode il Grande o era forse anteriore, e che fu mantenuta in seguito anche dai procuratori: di là erano tolti in occasione delle principali festività, per esservi subito appresso restituiti; tuttavia nell'anno 36, dopo la destituzione di Ponzio Pilato, i Romani rinunziarono a questo diritto, odioso alla sensibilità religiosa dei Giudei. In linea di fatto, poi, il credito morale dei sommi sacerdoti, se non proprio la loro autorità ufficiale, si era molto abbassato ai tempi di Gesù anche per la ragione che essi appartenevano sempre alla corrente dei Sadducei: questa aristocratica corrente non solo era invisa al popolo, ma il suo indirizzo dottrinale era esplicitamente combattuto dai popolari Farisei, e quindi dagli Scribi che appartenevano in massima parte alla corrente dei Farisei. Ora, sulla cattedra di Mosè avrebbe dovuto assidersi il sommo sacerdote, come supremo moderatore ed interprete della Legge teocratica: e questa norma era stata sancita espressamente anche dal pagano Giulio Cesare in favore del sommo sacerdote (in Antichita giud., xiv, 195). Ma in realtà sulla cattedra di Mose' si sedettero gli Scribi ed i Farzsez (Matteo, 23, 2), i quali, in altre parole, eressero una controcattedra di fronte a quella del sommo sacerdote e distolsero dal suo seguito le masse popolari, lasciandogli soltanto i suoi interessati Sadducei.
§ 52. I sommi sacerdoti che entrano direttamente nella storia di Gesù sono due, Anna e Caifa. Il nome Anna, grecizzato in Anano da Flavio Giuseppe, era una abbreviazione dell'ebraico Hananjah, ossia Anania. Flavio Giuseppe (Antichita' giud., xx, 198) presenta quest'uomo come lelicissimo per due ragioni, perché egli stesso tenne il sommo sacerdozio per lunghissimo tempo e perché in quella dignità ebbe come successori ben cinque figli; ma avrebbe potuto aggiungere che, oltre ai cinque figli, ebbe per successore nella sua carica anche un genero, cioè Giuseppe detto Caifa, cosi' sarebbe risultato anche meglio il pratico monopolio che del sommo sacerdozio avevano fatto le influenti famiglie cui già accennammo (§§ 33, 50). Stando a Flavio Giuseppe, Anna fu eletto da Quirinio subito dopo la destituzione dell'etnarca Archelao, cioè nel 6 dopo Cr.; ma non è improbabile che lo storico giudeo prenda qui un abbaglio (come gli accade sovente altrove), e che Anna diventasse sommo sacerdote anche prima, perché fu deposto certamente dal procuratore Valerio Grato nell'anno 15, cosicché avrebbe pontificato solo nove anni, che non è un lunghissimo (tempo) come egli stesso dice. Checché sia di ciò, anche dopo la sua deposizione Anna conservò grandissima autorità, perché i pontificati dei cinque figli e del genero furono regolati, segretamente o anche palesemente, sempre da lui. I figli pontificarono negli anni qui appresso indicati, ma non si sa se Anna fosse ancora in vita durante il pontificato dell'ultimo figlio a lui omonimo: Eleazaro, nell'anno l6-17; Jonathan, nell'anno 36-37; Teofilo, negli anni 37-41; Mattia, nell'anno 42-43; Anano (Anna), nell'anno 61. Costui fu ucciso nel 67, durante la guerra contro Roma, dagli insorti antiromani. L'immediato predecessore di Jonathan figlio di Anna fu il genero dello stesso Anna, cioè detto Qajapha (Caifa): quest'ultimo nome è di significato incerto. Caifa fu eletto nell'anno 18 da Valerio Grato, lo stesso procuratore che aveva deposto suo suocero, e rimase in carica fino al 36: era dunque sommo sacerdote allorché Gesù fu condannato ed ucciso, sebbene in tale occasione la realtà del potere fosse esercitata più dal suocero che da lui.
§ 53. Sotto l'alta direzione del sommo sacerdote ministravano neI Tempio i discendenti della tribù di Levi, che rimanevano distinti nelle due antiche categorie di sacerdoti e di semplici Leviti: i sacerdoti compievano le funzioni liturgiche ordinarie, sia quelle di culto pubblico ufficiale, sia quelle richieste dalla pietà dei singoli fedeli; i semplici Leviti coadiuvavano i sacerdoti nella preparazione ed esecuzione delle funzioni, e generalmente erano incaricati dei servizi secondari del Tempio. I Leviti non sacerdoti erano dunque il clero inferiore, e fuori del Tempio non avevano particolare importanza nella vita sociale e culturale della nazione. Il loro stato economico, che secondo gli antichi statuti si basava sulla rendita delle decime, non era florido, sia perché le decime erano spesso aleatorie, sia perché ai Leviti ne andava quella parte che si degnavano di lasciar loro i sacerdoti, non senza le eventuali rapine che già ricordammo (§ 33).
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