§ 36. Lo studio farisaico della Legge verteva su tre argomenti principali, che erano il riposo del sabbato (§ 70), il pagamento delle decime e la purità rituale (§ 72): ma, oltre a questi, moltissimi altri argomenti formavano oggetto di lunghe investigazioni. Il metodo di studio si basava in primo luogo sulla conoscenza delle sentenze già emanate dalla tradizione, e secondariamente sull'applicazione estensiva e sull'ulteriore sviluppo di esse. Il contenuto del Talmud, che fissò in iscritto ciò che per secoli avevano trasmesso a memoria i dottori della Legge, non è in massima parte che una raccolta di tali sentenze (§ 87). Era evidente, in siffatto metodo, il pericolo del formalismo e della casistica, infarciti di sottigliezze ma privi di spirito; e nel pericolo si cadde in massima parte. Chi si trasferisca nell'ambiente storico d'allora, non rimarrà tanto meravigliato di trovare un trattato del Talmud intitolato dai Nidi degli uccelli, e un altro dai Vasi, e un altro dai Picciuoli delle frutta, e altri ancora da argomenti meno decorosi e puliti (§ 72); si domanderà piuttosto su quale impalcatura spirituale poggiava tutto questo immenso scenario giuridico che sembrerebbe campato in aria. L'impalcatura, in realtà, esisteva: era costituita dal sedimento che nell'animo della nazione aveva depositato la predicazione degli antichi profeti, tutta di altissima moralità e di intima religiosità, la quale nei secoli passati era risonata fra il popolo ed anche allora era riecheggiata dalle Scritture sacre lette nelle sinagoghe. Ma troppo poco si badava allora al valore spirituale di quella predicazione, e invece troppi gingillamenti si facevano attorno alla materialità della sua applicazione. Il profluvio dell'ispirazione divina finiva nella morta gora della casistica umana: alla sorgente d'acque vive si preferivano cisterne screpolate che non serbano acqua, come già aveva detto Geremia (2, 13), il quale però aveva anche gridato il rimprovero (8, 8): Come potete dire: “Sapienti noi siamo, e la Torah di Jahve' con noi? Ecco, invero, a menzogna l'ha ridotta lo stilo menzognero degli scribi!
§ 37. Sarebbe falso ed ingiusto dire che tutta l'elaborazione della Legge compiuta dai Farisei fosse menzogna: ma moltissimo ciarpame era certamente. In un mare di futilità e di pedanterie erano contenute vere perle preziose, che rappresentavano l'eredità dello spirituale insegnamento profetico: ma troppa sproporzione correva tra l'ampiezza del mare e la scarsità delle perle, tra lo smisurato scenario giuridico e l'esigua impalcatura spirituale, cosicché l'utile restava affogato fra tanto disutile. Ad esempio, sentenza senza dubbio sublime è quella attribuita al celebre Hillel, anteriore a Gesù di pochi anni, il quale ad un pagano, che gli aveva chiesto d'insegnargli tutta la Legge nel breve tempo che fosse riuscito a reggersi su un piede solo, rispose: Ciò che non desideri per te, non fare al prossimo tuo. Questa e' tutta la Legge; il Testo e' solo commento. Va' e impara (Shabbath, 31 a). Ma sta di fatto che il commento, qui collocato giustamente in seconda linea, in pratica passava in prima linea, e faceva dimenticare la Legge stessa. Peggio ancora: talvolta il commento contraddiceva alla Legge. E’ noto che Gesù in un determinato caso rimproverò ai Farisei: Trasgredite il precetto d'iddio per la tradizione vostra (Matteo, 15, 3, 6; Marco, 7, 9 estendendosi poi dal caso singolo all’abitudine generale, aggiunse: E cose simili di tal genere fate molte (Marco, 7, 13). Le prove di queste trasgressioni si troverebbero facilmente negli antichi scritti rabbinici; ma è importante rilevare come, appunto riguardo allo studio della Legge, fu sentenziato: Un pagano che si occupa dello studio della Torah e' degno di morte, ciò che non era né nella lettera né nello spirito della Legge, ma solo nella gelosia nazionalistica dei Farisei considerata come elemento di “tradizione”.
§ 38. Anche riguardo alla condotta pratica dei Farisei non si potrebbe dare un giudizio valevole per tutti. Oltre a maestri veramente insigni, quali Hillel, Gamaliel il Vecchio (cfr. Atti, 5, 34 segg.) che fu maestro di S. Paolo (ivi, 22, 3), e altri, non erano pochi gli onesti ed i sinceri anche fra le persone oscure. Anche da parte cristiana troviamo Gesù in relazioni amichevoli con Farisei, quali Simone, Nicodemo, Giuseppe di Arimatea; perfino S. Paolo, mentre proclama l'abolizione della Legge ebraica, si afferma Ebreo da Ebrei, secondo la Legge Fariseo (Filipp., 3, 5). Tuttavia le invettive più severe di Gesù sono dirette appunto contro i Farisei, non già contro i Sadducei, come appunto nei Farisei egli trovò gli oppositori più tenaci alla sua missione. Il cap. 23 di Matteo è tutto una formale accusa di Gesù contro i Farisei, con allegazione di fatti ben precisi (§ 518). Ma se ciò non sorprende da parte di Gesù, è storicamente importante trovare che accuse simili sono rivolte ai Farisei anche da parte rabbinica. Il Talmud enumera sette tipi diversi di Fariseo che denomina con i precisi termini seguenti il «Fariseo-Sichem », ossia chi è Fariseo per vantaggi materiali (allude al fatto di Sichem, narrato in Genesi, 34); il « Fariseo-niqpi», cioè quatto-quatto, che con la maniera stentata di camminare fa mostra affettata di umiltà; il «Fariseo-salasso », che si procura frequenti emorragie battendo la testa contro i muri, per non guardare donne; il « Fariseo-pestello », che cammina tutto curvo nella persona da sembrare un pestello nel mortaio; il “fariseo-qual-è-il-mio-dovere-perch’io-lo-faccia?”, cioè colui che non già si esibisce pronto a compiere tutti i suoi doveri, bensi afferma di non poterne compiere altri essendo già occupatissimo; il «Fariseo-per-amore», che opera per amore interessato della mercede, non già per devozione verso Dio; il «Fariseo-per-timore», che opera per timor di Dio, ossia per vero sentimento religioso (Sotah, 22 b, Bar.). Dei sette tipi, dunque, solamente l'ultimo merita lode, e certamente ogni tipo era rappresentato da numerosi individui. Questo elenco tuttavia, per quanto sarcastico, non è violento. Invece già verso il 10 dopo Cr., cioè prima ancora che Gesù pronunziasse le sue invettive contro i Farisei, poté essere scritto da un anonimo Fariseo il seguente passo, la cui violenza non è certo inferiore a quella usata da Gesù: Sorgeranno su essi (sugli Israeliti) uomini perversi ed empi, che si proclameranno giusti. Essi ecciteranno lo sdegno dei loro amici perché saranno uomini menzogneri, viventi solo per piacere a se stessi, camuffati in tutte le guise, banchettanti volentieri ad ogni ora del giorno e tracannando con la gola... ai poveri (?) divorando i beni, asserendo d'agire per compassione... repellenti, litigiosi, ingannatori, nascondendosi per non lasciarsi conoscere, empi, colmi di delitto e d'iniquità, ripetenti da mane a sera: “ Vogliamo aver gozzoviglie ed opulenza, mangiare e bere... ed atteggiarci a principi!”. Le mani e i cuori loro tratteranno cose impure, la bocca loro proferirà cose superbe, eppure diranno: “Non mi toccare, ché tu mi rendi impuro!“. Assai probabilmente il disilluso Fariseo che dipinge questo quadro impiega tinte più scure del giusto; ma l'amarezza d'animo, che gli fa scegliere queste tinte, doveva ben essere stata cagionata da fatti reali. Ad ogni modo le invettive di Gesù si riferivano alla condotta pratica dei Farisei più che alle loro dottrine, almeno considerate genericamente; sono chiare in tal senso le sue parole: Sulla cattedra di Mose si sedettero gli Scribi ed i Farisei. Perciò, tutte quante le cose che vi dicano, fate ed osservate, ma conforme alle opere loro non fate (Matteo, 23, 2-3).
§ 39. Quanto alla numerosità dei Farisei, da un passo di Flavio Giuseppe (Antichità giud., XIII, 383) sembra risultare che si aggirassero sugli 8000 ai tempi del re Alessandro Janneo: circa un secolo più tardi, sotto Erode il Grande, si parla di piu' che 6000 (ivi, XVII, 42) che dovrebbero essere tutti i Farisei d'allora. Ma probabilmente queste cifre non sono esatte, come spesso avviene in Flavio Giuseppe, e dovranno essere alquanto aumentate. Provenienti dalle varie classi sociali, e in piccola parte anche da quella sacerdotale meno alta, i Farisei erano stretti fra loro con vincoli ben saldi, che miravano al grande scopo di osservare la purità legale e mantenersi “separati” (§ 29) dall'impuro. Tra loro si chiamavano haberim, cioè etimologicamente “collegati”, e l'associazione era una haberuth ossia “colleganza”. I membri dell'associazione, poveri o ricchi che fossero, dovevano essere di un rigore minuziosissimo nell'osservare i tre gruppi principali di precetti, cioè il riposo del sabbato, le norme di purità legale e le leggi del culto (decime, ecc.): chi poi aveva anche una cultura sufficiente per discutere su questioni legali, era un hakam, cioè un “dotto”, mentre chi non l'aveva era un privato qualsiasi.
------------
CIAO A TE !!
Nulla è più urgente nel mondo d'oggi di proclamare Cristo alle genti. Chiunque tu sia, puoi, se vuoi, lasciare un tuo contributo, piccolo o grande che sia, per dire, comunicare, annunciare la persona di Gesù Cristo, unico nostro salvatore. Uno speciale benvenuto a LADYBUG che si è aggiunta di recente ai sostenitori ! *************************************************** Questo blog è sotto la protezione di N.S. Gesù Cristo e della SS Vergine Maria, Sua Madre ed ha come unica ragione di esistere di fornire un contributo, sia pure piccolo ed umile, alla crescita della loro Gloria. ***************************************************
---------------------------------------------------------------
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento
Comunque tu sia arrivato fino qui, un tuo commento è gradito, si può dissentire ma non aggredire, la costruzione è preferita alla distruzione..