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domenica 14 giugno 2009

266 - Corpus Domini

In questa domenica celebriamo la solennità del Corpo e del Sangue del Signore Gesù, dono straordinario dell’Amore divino: "Prendete, questo è il Mio Corpo".
Ascoltando il Vangelo che la Liturgia ci propone, ci ritroviamo a rivivere ‘quella’ sera della cena d’addio.
Gesù compie il rito della Pasqua ebraica: benedice il pane e il vino, sulla mensa l’agnello dell’offerta. Il clima non è il solito, c’è qualcosa di diverso. Lo comprendiamo dal fatto che Gesù, in mattinata, ha mandato i Suoi discepoli a preparare la sala per la cena prevedendo tutto: l’uomo con la brocca d’acqua incontrato per strada, il luogo della preparazione, il padrone di casa che li ha portati al piano superiore.
L’anticipazione degli eventi dimostra che Gesù conosce perfettamente lo svolgersi degli avvenimenti, Egli sa benissimo che l’agnello pasquale è Lui stesso, quindi vive il compiersi della Sua storia non passivamente, ma facendo proprio il desiderio del Padre. Alla celebrazione della pasqua ebraica, aggiunge il rendimento di grazie e la profezia di quanto si appresta a vivere: "Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio".
Gesù ci introduce nel Suo spazio senza tempo, nell’eternità, dove non esiste passato e futuro, ma un unico giorno in cui è inspiegabilmente presente ciò che avverrà in seguito.
Questo spazio lo viviamo ogni volta che partecipiamo all’Eucaristia: celebrare il memoriale della Sua Passione non significa ricordare, ma rendere presente quell’evento meraviglioso. Anche noi, prendendo parte alla mensa eucaristica, accettiamo, uniti a Gesù, il disegno che il Padre ha preparato per noi pregustando il banchetto celeste, cioè la gioia della comunione eterna con Dio.
Da rilevare che Gesù si prepara a dare la Sua vita proprio quando dichiara il tradimento di Giuda, il rinnegamento di Pietro e non ignorando l’abbandono degli altri apostoli durante la Sua passione.
Un invito a non fermarci davanti a piccoli o grandi ostacoli quando il Padre chiama, quando quotidianamente seguiamo il Maestro: l’Amore non è mai ricompensato, neppure con un semplice riconoscimento, con un gesto di gratitudine, spesso amiamo chi ci ferisce e lo amiamo col perdono e il rispetto.
Gesù offrendo il calice della nuova alleanza, rinnova il ‘contratto’ del Padre con noi: quante alleanze annullate dall’infedeltà umana? Pensiamo all’alleanza con Noè dopo il diluvio, poi con Abramo, con Mosè sul Sinai, dove il sangue offerto è quello degli animali, e Dio si impegna a camminare con un’umanità che zoppica da entrambe le gambe. Tanto che l’alleanza, al tempo dei Profeti, diventa unilaterale, osservata solo da Dio.
Ora, in questa ultima cena con i Suoi Apostoli, Gesù perfeziona l’alleanza: non più l’offerta del sangue di animali, ma addirittura del Suo sangue di Uomo/Dio.
Esiste Amore più grande?
Quante volte diciamo a noi stessi che vorremmo costruire l’unione, la pace ma siamo inseriti in ambienti incapaci di comprenderci, circondati da persone che non meritano e non sanno recepire la grandezza di quanto concediamo (considerazione anche priva di umiltà).
Gesù non ha guardato la durezza dei sommi sacerdoti, la fragilità e il limite dei Suoi discepoli, il fallimento della Sua missione, il male che sembrava diventare sempre più forte, Egli ha innalzato lo sguardo e lo spirito al Padre e ha seguito la via indicata: ricreare l’umanità inchiodandola sulla croce in Se stesso per farla rinascere rivestita di Lui, Risorto e vivo per sempre.
Ma ne conosce la debolezza e diventa Pane per assimilarla giorno per giorno a Sé, per restare per sempre sulla terra come Signore, Sposo, Amico.
Quando mangiamo il Suo Corpo ci uniamo a Lui anche con il nostro corpo, una comunione più profonda e completa di quella sponsale: diventiamo Sua immagine perché Egli ci rende simili a Lui, ci strappa da noi stessi per immergerci nella Sua Vita divina, col nostro corpo, la nostra umanità, la nostra persona, la nostra vita.
Ma tutto questo non sarebbe fattibile senza la presenza dei sacerdoti: Gesù si consegna nelle loro mani perché un semplice pezzo di pane diventi Suo Corpo. Molti si scandalizzano del comportamento di alcuni sacerdoti trascurando che anch’essi sono persone e quindi fragili, dimenticando che Gesù non rifiuta di affidarsi a loro, che saremmo tenuti a sostenerli con la nostra preghiera, il nostro affetto, la nostra comprensione.
Dovremmo essere felici della loro presenza, se non ci fossero saremmo privati del Bene più prezioso: l’Eucaristia … e che ne sarebbe della nostra vita?
Preghiamo perché la bontà divina ne chiami tanti al Suo seguito.
Prima di concludere desidero soffermarmi a contemplare ciò che tanto spesso dimentichiamo: la Presenza concreta e vera di Gesù nei tabernacoli.
La gioia più grande del Signore è quella di vederci entrare nella Sua casa, sederci accanto a Lui e confidargli le nostre difficoltà e preoccupazioni, i nostri dolori e fallimenti.
Ci rivolgiamo sempre più frequentemente a psicologi che, anche se bravi professionisti, non riescono ad aiutarci come vorremmo. Oppure cerchiamo l’aiuto di maghi, astrologi o di gruppi ‘spirituali’ non canonici che ci distruggono del tutto perché cercano solo i loro interessi.
Gesù conosce tutto di noi, anche la terapia per ogni nostro problema: può guarirci da sofferenze fisiche e morali, può illuminare situazioni oscure, farci uscire da tunnel interminabili.
E’ presente nell’Eucaristia anche per questo: non vuole la nostra sofferenza, ma la nostra felicità, ce lo racconta il Vangelo che ogni giorno guariva migliaia di persone.
La stessa energia che scaturiva dalla Sua persona quando le folle lo toccavano sulle strade della Galilea, continua a fluire dal Suo Corpo, che vive nei tabernacoli di tutto il mondo, anche oggi, Corpo che non solo possiamo toccare, ma addirittura mangiare.
Come duemila anni fa, anche a noi Gesù ripete ogni giorno: "Ti sia fatto secondo la tua fede".
Noi crediamo?

Suor Annalisa

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