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domenica 15 agosto 2010

729 - La Trinità: tre persone ma non tre dei (5)

Corso Bibilico 6
Quarta sezione. 16,4b-15: Il Paraclito convincerà il mondo


Il Paraclito e il mondo
L'ultimo discorso di Gesù dedicato al Paraclito, riguarda l'opera dello Spirito nei confronti del mondo. L'opera del Paraclito è resa necessaria dallo "scandalo" che i discepoli dovevano conoscere in anticipo: finora la persecuzione e l'ostilità del mondo erano solo contro di Lui; dopo la sua dipartita, però, non cesseranno e si rivolgeranno contro i suoi discepoli. In questo nuovo conflitto si inserirà l'azione del Paraclito verso il mondo e la forza dello Spirito permetterà ai discepoli di superare la tristezza derivante dall'odio del mondo verso la loro estraneità. Il fatto che Gesù lasci i discepoli appare come un ulteriore dono, più che come una privazione. Lo stesso evento, cioè la morte di Gesù, viene interpretato in maniere totalmente diverse da Lui e dai Dodici. La straordinaria opera del Paraclito ha inizio solo quando Cristo entra nel suo riposo. Si può dire che, nella visione giovannea, Cristo, che aveva iniziato la sua opera nel punto in cui il Creatore l'aveva lasciata, compiuta la propria missione entra anche Lui nel suo settimo giorno. Solo adesso, con l'effusione dello Spirito, si può dire che la creazione dell'uomo sia giunta al suo punto terminale. Non solo: l'evento della morte di Gesù rappresenta una tappa ulteriore nella maturazione religiosa dell'uomo perché il suo morire è la più alta rivelazione dell'Amore, è l'ultima lezione del Maestro. Prima di quel momento, i discepoli non hanno ancora la vera icona dell'amore cristiano, ossia di quell'amore che dona la vita per i valori del Regno. Infatti, è a partire dalla morte di Gesù che si possono ricomprendere nella loro giusta luce la sua vita e il suo insegnamento.La triplice opera del Paraclito nei confronti del mondo è descritta ai vv. 8-11. Il contesto di questa azione dello Spirito sembra eminentemente giudiziario. Il verbo "convincere" utilizzato qui da Giovanni (in greco elegcein) è un termine tecnico del linguaggio forense che andrebbe tradotto con "dimostrare la colpevolezza". L'idea di fondo è che il Paraclito, uno volta giunto, riaprirà il processo che si era concluso con la condanna del Gesù storico e condurrà le coscienze verso una dichiarazione di innocenza. Lo Spirito dimostrerà, nell'intimo tribunale della coscienza umana, che coloro che nel processo a Gesù avevano assunto il ruolo di giudici, erano in realtà i veri imputati. Gli obiettivi dell'opera del Paraclito si specificano in tre termini: peccato, giustizia e giudizio. Rileggiamo il testo: "Egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio" (v. 9). Con il termine "peccato" al singolare, Giovanni allude precisamente al peccato del mondo, ossia il rifiuto della salvezza offerta gratuitamente dal Figlio di Dio. Il peccato del mondo, che i Vangeli sinottici definiscono "bestemmia contro lo Spirito" (cfr. Mt 12,32 e paral.), consiste nel ritenere che le risorse umane siano sufficienti a salvare se stessi, giudicando inutili e non necessarie l'Incarnazione e l'offerta della Vita eterna da parte di Dio. Chi ragiona in questi termini, getta Cristo fuori dalla propria vita, e insieme a Lui rifiuta anche il Padre: "Chi odia Me, odia anche il Padre mio" (15,23). Il secondo punto su cui lo Spirito fa luce è "la giustizia". Cosa sia esattamente questa "giustizia" può intendersi solo in base a ciò che segue: "… perché vado al Padre e non mi vedrete più" (v. 9). La "giustizia" illuminata dallo Spirito ha a che vedere con il ritorno di Cristo al Padre, ossia con la sua glorificazione. Lo Spirito dimostrerà che Cristo è "il Giusto" in quanto il Padre lo ha accolto presso di Sé dopo il rifiuto del mondo. "Giustizia" è quindi l'affermazione che Cristo è stata "giustificato" dal Padre mediante la risurrezione dai morti. Questo fatto va connesso a Gv 8,50, dove il Padre è appunto descritto nell'atto di "giustificare" Cristo dinanzi agli uomini che gli muovono accuse: "Io non cerco la mia gloria; vi è Chi la cerca e giudica".Il terzo punto riguarda il "giudizio". Il problema "su chi o che cosa" si chiarisce nella seconda parte del v. 11: "… perché il principe di questo mondo è stato giudicato". Il "giudizio" qui non riguarda quindi tanto il mondo o l'umanità ma unicamente Satana, che è il regista occulto di tutto il sistema su cui si regge il peccato del mondo. Il "giudizio" che è operato dallo Spirito consiste nello spodestamento della potenza delle tenebre. Come si vede da 12,31, lo spodestamento di Satana avviene nella elevazione di Cristo sulla croce: "Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a Me". Sul Golgota si compie così la condanna senza appello del principe di questo ordinamento terrestre.


Il Paraclito e i discepoli
"Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete in grado di portarne il peso" (v. 12). Questa frase di Gesù, se si prende e si legge da sola, offre parecchie possibilità di fraintendimento. Sembrerebbe quasi che Gesù non abbia detto tutto nei suoi tre anni di ministero pubblico. Per di più si tratta di "molte cose" che Egli ci dovrebbe ancora dire. Tenendo conto però di altre frasi di Gesù, occorre ridimensionare alquanto questa superficiale impressione. Prima di tutto dobbiamo ricordare cosa Gesù aveva detto in 15,15: "Vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi". Vale a dire: Cristo ha trasmesso ai suoi discepoli tutto ciò che doveva. Inoltre, al v. 13, Cristo non parla di una verità nuova, ma di una verità piena. Anzi, lo Spirito "prenderà del mio" (v. 14), ossia l'insegnamento che Cristo ha già dato. Potremmo riesprimere la promessa di Gesù in questi termini: il messaggio che Egli ha affidato alla memoria dei discepoli ha delle conseguenze che essi non hanno ancora tratto e neppure lo potrebbero senza l'aiuto dello Spirito Paraclito. Per ben due volte Giovanni annota che i discepoli compresero qualcosa solo dopo la morte di Cristo: a proposito del Tempio che Cristo avrebbe riedificato in tre giorni: "Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù" (2,23); e a proposito dell'umile ingresso di Gesù in Gerusalemme: "Sul momento i suoi discepoli non compresero queste cose; ma quando Gesù fu glorificato, si ricordarono che questo era stato scritto di Lui e questo gli avevano fatto" (12,16). E' chiaro allora che lo Spirito illumina l'intelligenza dei discepoli e li conduce alla piena comprensione di realtà che i ragionamenti umani non sono capaci di raggiungere. La vita e l'insegnamento di Gesù sono in sostanza incomprensibili alla mente umana lasciata alle sole risorse del suo acume naturale. Lo Spirito non comunica una verità diversa da quella che riguarda Cristo stesso, e in questo senso si dice che il Paraclito "prende del suo" e ce lo annunzia. Il Paraclito darà inoltre una cognizione delle cose future (cfr. v. 13). Qui si potrebbe vedere un'allusione al carisma della profezia che arricchisce la comunità cristiana e talvolta ne indica anche le piste; ricordiamo a questo proposito la comunità descritta dagli Atti col suo profeta Agabo (cfr. At 11,28) e con i suoi incontri di preghiera, durante i quali lo Spirito dona delle preziose indicazioni, come ad esempio la scelta e la missione di Barnaba e Paolo (cfr. At 13,2). Mentre Gesù sta parlando ai Dodici, durante l'ultima Cena, è ovvio che essi sono ancora ignari di tutto questo. La Chiesa si sviluppa nella storia, e nella storia ogni secolo presenta nuove sfide e nuove problematiche. Gli Apostoli non possono ancora portare il peso del futuro, ma ogni generazione porterà il suo peso, e sarà in grado di farlo nella forza dello Spirito di Dio. Così il Paraclito glorificherà il Cristo, prolungando nei secoli la sua opera di Maestro. Il Paraclito attinge a Cristo, e ciò equivale ad attingere al Padre. La Rivelazione prende l'avvio dal Padre e ciò che si rivela non è cosa diversa dal Figlio, poiché l'autorivelazione del Figlio coincide con l'esatta rivelazione del Padre. Il Padre e il Figlio hanno in comune la medesima pienezza, alla quale lo Spirito attinge per poterla comunicare alla Chiesa. Questa "pienezza" può chiamarsi anche Gloria.
(fine)

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