(a cura di Pierfrancesco Nardini) XII
Dio ha cura delle cose create? Dio ha cura e provvidenza delle cose create e le conserva e dirige tutte al proprio fine, con sapienza, bontà e giustizia infinita
Il libro della Sapienza si chiede «come potrebbe una cosa durare, se Tu (o Dio) non volessi? E conservarsi quello che non fosse voluto da te?» (11, 26).
L’immagine che spesso è stata usata per commentare questa verità è quella del paragone tra una madre e Dio.
L’amore che una madre ha per i suoi figli è immenso, è eterno, è incondizionato. Una madre ama un figlio in qualsiasi situazione, anche se diventa un delinquente. È nella sua natura amarlo (il figlio, non la delinquenza).
E per questo lo difenderà, lo accudirà, lo curerà, gli sarà vicino fino a che non morirà. È racconto quotidiano quello di madri che trattano i figli come se rimanessero piccoli, perché continuano a riempirli di piccole attenzioni anche quando sono oramai sposati, padri o madri, hanno un lavoro e una loro vita. Ed è anche giusto e normale sia così. Ci stupiremmo del contrario!
Ora, visto il debito paragone fra una madre (creatura finita, imperfetta e con una forza e capacità limitate) e Dio (Creatore onnipotente e onnisciente), è facile capire quanto più grande, quanto immensamente più grande sia l’amore che Nostro Signore ha per ogni singolo uomo. Tutti gli uomini sono Suoi figli. E come tali Egli li tratta.
Come Creatore conosce perfettamente ogni singolo uomo, più delle madri che comunque conoscono i figli come le loro tasche.
Come Essere onnisciente, è sapienza infinita e conosce le situazioni e i pensieri di tutti i Suoi figli.
Come Giustizia infinita, li tratta tutti in modo equo.
È, tra l’altro, Bontà infinita, quindi ama tutti in modo perfetto e assoluto, il Suo amore per noi è più grande dell’insieme dell’amore che tutte le madri sulla terra possono provare per i propri figli.
Lui poi ama tutti gli uomini in questo modo, i genitori solo i propri figli.
Volete dunque che Dio non faccia in modo che l’uomo abbia quel di cui necessita per vivere? Volete che non curi e non provveda ai suoi bisogni principali e non lo conservi?
Pensare ad un Dio lontano e indifferente dalla vita sulla terra non è verosimile. Che senso avrebbe un Dio che crea l’umanità, in modo così mirabile tra l’altro, per poi abbandonarla a se stessa e non fare in modo che ci siano sostentamenti e tutto quel che serve?
Cristo ci mette in guardia dal rischio di disperare, nel timore di non riuscire a procurarci il necessario per la nostra vita e per quella della nostra famiglia. Sarebbe un grave errore che si fonderebbe sulla sfiducia in Dio.
Nel passo in cui c’è l’esortazione a non affannarci su come mangiare e vestirci, si ricorda innanzitutto quel che si è detto sopra: l’amore infinito di Dio per gli uomini («Non siete voi assai da più di essi?» Mt 6, 27) e la Sua conoscenza di tutti noi («il vostro Padre sa che di tutte queste cose avete bisogno» Mt 6, 33).
È dunque verità rivelata che Dio cura gli uomini, provvede ai loro bisogni e li conserva.
Quel che Cristo vuol insegnarci con le Sue parole è che non è proibito all’uomo provvedere al suo avvenire, al sostentamento suo e della sua famiglia. Anzi, tra i doveri di stato c’è anche questo. Ne risponderemmo a Dio se mancassimo nella cura e nel sostegno della famiglia e, soprattutto, della prole.
«Gesù proibisce quel troppo affanno che nasce da diffidenza di Dio e dall’attacco smoderato alle cose della terra. Egli fa osservare che Dio avendo dato il più, cioè la vita e il corpo, non può rifiutare il meno, cioè l’alimento e il vestito» (commento Padre Sales a Mt 6, 25-27).
Come non è proibito essere ricchi, perché il problema non è il denaro in sé ma il farlo diventare un idolo, così il problema non è attivarsi per le cose materiali, ma l’attaccamento eccessivo ad esse, oltre che ragionare come se non avessimo certezza dell’aiuto divino.
Questo distoglierebbe dall’obiettivo principale dell’uomo: «cercate adunque in primo luogo il regno di Dio e la sua giustizia» (Mt 6, 33). Se si mette questo al primo posto, «avrete di soprappiù tutte queste cose» (Mt 6, 33).
Se ce lo dice Cristo, che è Verità assoluta, come possiamo non crederci? Come possiamo ancora dubitare?
La priorità dello spirito sulla materia lo chiediamo, tra l’altro, ogni qualvolta recitiamo il Pater, in cui, infatti, prima si dice “venga il Tuo regno” e poi “dacci oggi il pane quotidiano”.
Non è un ordine casuale, non è un caso se si recita prima l’uno e poi l’altro. Da cattolici, conoscendo (o dovendo conoscere…) la sostanziale differenza tra la vita eterna e quella terrena, sappiamo che, in termini di eternità, pesa molto di più un’eventuale morte dell’anima che porta la dannazione eterna, che una morte per fame o per freddo legata solo a una mancanza materiale che, di per sé, non pregiudica il Paradiso. Anche se questo ai nostri giorni è visto come un paradosso, o addirittura un pensiero da esaltati…
Per questo si deve sempre pensare in primis alla propria anima, che non significa, come qualcuno ci contesta, non pensare alle cose terrene, ai bisogni materiali della vita.
Nei passi citati quindi, in conclusione, Gesù «non vieta di pensare al futuro, ma proibisce quella troppa preoccupazione, che impedisce di attendere alla propria santificazione» (Padre Marco M. Sales, Commento ai Vangeli e alle Lettere).