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sabato 6 novembre 2010

785 - Omelia del 7/11/2010 domenica XXXII t.o.

+ Dal Vangelo secondo Luca (20,27-38)

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
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Il Vangelo di Luca e la prima lettura, ci presentano la realtà della risurrezione.

Il tutto parte da una controversia con dei sadducei i quali, attenendosi solo alla scrupolosità della legge ebraica, non accettavano che si parlasse di risurrezione.
Il caso è in se assurdo e ridicolo: una donna resta vedova sette volte, viene data in moglie a sette fratelli, ma non ottiene discendenza; una volta risorta, di chi sarà moglie?
Gesù sposta la questione su di un altro piano, invita gli uditori ad alzare lo sguardo da una visione che proietta nell’oltre morte, di fatto, le ansie e le attese della vita terrena.
È una nuova dimensione quella che Gesù propone: la resurrezione, in cui Gesù crede, non è la continuazione dei rapporti terreni, ma una nuova dimensione, una pienezza iniziata e mai conclusa, che non annienta gli affetti anzi li spinge a compimento e ci invita ad avere fiducia in un Dio dinamico e vivo.
Gesù crede fermamente nella resurrezione dai morti.
La Scrittura ha lungamente riflettuto sulla morte, giungendo alla dottrina dell’immortalità.
Siamo stati creati immortali.
Negare la fede nella risurrezione è negare Dio stesso, mentre la fede nella risurrezione è la fede in Dio stesso.
La risurrezione è legata alla certezza che Dio ci ama, è vivere per Dio ogni giorno.
Quindi risurrezione significa passione per la vita e impegnarsi nella storia, poichè Dio mi aiuta a valorizzare già quello che sperimento in questa terra.
Pensiamo alla nostra vita, per scoprire quanto il risorto stia incidendo.
Nel nostro carattere, nelle persone che ci vivono accanto, nella relazione con gli altri.
Al ritorno del Messia, nella pienezza dei tempi, ritroveremo i nostri corpi trasfigurati, che ora conserviamo con dignità in luoghi chiamati “dormitorio”, in greco “cimiteri”.
L’eternità è già iniziata, posso vivere e gioire di questa dignità, riconoscerla e svilupparla, o mortificarla sotto una coltre di polvere e preoccupazioni .
Siamo immortali, non aspettiamo di tirare le cuoia per pensare all’eternità che è già qui e ora!
Come sarà la risurrezione non potremo saperlo.
San Paolo parla di un seme che da corruttibile diventa incorruttibile, un corpo da mortale a immortale.
Però sappiamo che la risurrezione ci sarà e inizia già dalla nostra vita: Dio infatti è il Dio dei vivi poichè tutti vivono per Lui.
Quanto dovremmo giorie per le potenzialità, le forze che Dio sa donare alle persone e quanto, a volte, il nostro tesoro deve ancora essere sfruttato!!
Ma se amiamo, scopriamo orizzonti nuovi, per vivere come figli della risurrezione in una comunità di risorti per essere discepoli di un Dio vivo!!

Don Luigi T.
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