La parabola delle vergini. L'ultimo giudizio
§ 530. Essendo assolutamente ignoto il giorno della parusia, coloro che aspettano la consumazione finale del regno di Dio dovranno tenersi pronti sempre, perché sempre potrà giungere quel giorno e cadere quell'ora. L'ignoranza del tempo porta con sé il pericolo di una neghittosa trascuranza, al quale dovrà provvedersi con una incessante vigilanza. Questo è l'insegnamento della parabola delle vergini, riportata dal solo Matteo (25, 1-13) e soggiunta al discorso escatologico. La parabola si riporta alle costumanze delle nozze giudaiche, di cui già trattammo (§ 281). Dieci vergini sono state invitate alle nozze di una loro amica, per farle corteggio la sera dei nissu’in (§ 231); sono uscite dalle loro case munite ciascuna della propria lampada di terracotta, non tanto per far chiaro lungo la strada fino alla casa della sposa, quanto per accrescere la giocondità della festa allorché giungerà lo sposo. Si prevede tuttavia, essendo un matrimonio di lusso, che lo sposo si farà attendere alquanto, dovendo egli a sua volta ricevere una fila interminabile di visitatori. Perciò cinque di quelle vergini, ch'erano prudenti, portarono seco oltre alla lampada accesa anche un orcioletto pieno d'olio per rifornire la piccola lampada quando il suo contenuto fosse esaurito; le altre cinque invece, ch'erano disavvedute, non si preoccuparono delle ore lontane e portarono soltanto la lampada, non ripensando ch'essa non poteva restare accesa se non per un tempo relativamente breve. Ciò che le vergini avvedute hanno previsto, avviene di fatto lo sposo, trattenuto a casa sua, tarda molto a giungere. Frattanto in casa della sposa la comitiva ivi radunata cambia gradualmente il suo contegno; quelle ragazze, da vivaci ed irrequiete ch'erano alla prim'ora, divengono man mano inerti, svogliate e come rassegnate; il chiacchierio s'acquieta, qua e là appaiono segni di noia; ancora più tardi qualcuna sbadiglia e appartatasi in un angolo comincia a lottare fiaccamente contro il sonno che la invade; e le ore seguitano a passare monotone senza che nessuno giunga, cosicché indugiando lo spso, s'appisolarono tutte e dormivano. Ma a metà notte ci fu un grido:”Ecco lo sposo! Uscite(gli) incontro!”. Allora sorsero tutte quelle vergini ed acconciarono le lampade loro. Le disavvedute dissero pertanto alle prudenti: “Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono!” Ma le prudenti risposero dicendo: “Mai piu'! Non basterebbe a noi e a voi (insieme)! Andate piuttosto dai venditori e compratevene”. Allontanandosi quelle per comprare venne lo sposo, e quelle pronte entrarono con lui nelle nozze e fu rinserrata la porta. Alla fine però vengono anche le restanti vergini dicendo:”Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispondendo disse:”In verità vi dico, non so (di) voi!”. La ripulsa dello sposo fa scaturire la morale della parabola, la quale si conclude con l'ammonizione: Vegliate dunque, perché non sapete il giorno né l'ora! Veramente la parabola ha taluni tratti che si discostano dalla realtà contemporanea, ad esempio l'invito di andare a comperare l'olio a mezzanotte quasiccbé a quell'ora le betteghe fossero aperte. Ma tali astrazioni di tempo e luogo sono ammissibili in una comparazione ampia, la quale converge tutta su un punto particolare non soffermandosi su lineamenti secondari. Qui il punto preso di mira è duplice: l'ignoranza del giorno e dell'ora ch'è rilevata dalla conclusione finale, e insieme anche il pericolo dell'impreparazione e dell'attesa ch'è rilevato in tutta la parabola. L'attesa prolungandosi diventa insidiosa, perché fa trascurare la preparazione che eventualrnente esisteva da principio e fa dimenticare la realtà della “venuta”; d'altra parte l'essere stato preparato soltanto alla prima ora non giova nulla a chi non si ritrovi preparato anche all'ultimo minuto, quello della “venuta”. Nella lingua dei papiri greci la ”venuta” e “presenza” di un re si trova espressa col termine parusia.
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