Il Signore ti benedica,ti custodisca e ti mostri il Suo volto misericordioso!

Quando pensi di aver toccato il fondo e che nessuno ti voglia o ti ami più, Dio si fa uomo per incontrarti, Gesù ti viene accanto

CIAO A TE !!

Nulla è più urgente nel mondo d'oggi di proclamare Cristo alle genti. Chiunque tu sia, puoi, se vuoi, lasciare un tuo contributo, piccolo o grande che sia, per dire, comunicare, annunciare la persona di Gesù Cristo, unico nostro salvatore. Uno speciale benvenuto a LADYBUG che si è aggiunta di recente ai sostenitori ! *************************************************** Questo blog è sotto la protezione di N.S. Gesù Cristo e della SS Vergine Maria, Sua Madre ed ha come unica ragione di esistere di fornire un contributo, sia pure piccolo ed umile, alla crescita della loro Gloria. ***************************************************



Con Cristo non ci sono problemi, senza Cristo non ci sono soluzioni.

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giovedì 31 ottobre 2013

2681 - Commento al Vangelo del 31/10/2013

+ Dal Vangelo secondo Luca (13,31-35)
In quel momento si avvicinarono a Gesù alcuni farisei a dirgli: «Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere». Egli rispose loro: «Andate a dire a quella volpe: “Ecco, Io scaccio demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno la mia opera è compiuta. Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente Io prosegua nel cammino, perché non è possibile che un Profeta muoia fuori di Gerusalemme”. Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i Profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi! Vi dico infatti che non mi vedrete, finché verrà il tempo in cui direte: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”». 
 
Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Questo episodio non è quello che ho inserito ieri del pianto di Gesù su Gerusalemme. Ma da quello che leggiamo, ancora prima del pianto Gesù aveva biasimato la città, quindi i suoi abitanti. L'episodio inserito ieri si trova nel capitolo 19 versetti 41-44.
Il Vangelo oggi ci presenta un grave pericolo incombente su Gesù, addirittura Erode voleva ucciderlo. Un fatto inquietante, non erano i soliti farisei e scribi a rimuginare il proposito di ucciderlo, adesso è il potere imperiale ad agire. Il fatto strano è che sono alcuni farisei ad avvisare Gesù, chissà cosa progettavano, perchè quando i maligni fanno qualcosa di buono hanno nella mente un progetto brutto.
Gesù risponde senza paura e rimanda i farisei al perverso Erode, con alcune parole forti: "Andate a dire a quella volpe...".
Perchè lo chiama volpe? Non è un complimento questo è chiaro, ma non lo vuole neanche offendere. Gesù dice una verità che molti potevano comprendere. "Astuto come una volpe", si dice quando si vuole indicare una persona molto furba, che sa cavarsela anche nelle situazioni più complicate. Questo era Erode, un uomo astuto nel male e capace di inventare la strategia migliore per rimanere al potere.
In Gesù vedeva un oppositore, un probabile antagonista e un Uomo molto amato dai giusti, quindi, potevano anche eleggerlo re.
Gesù conosceva il panico che aveva avvolto Erode, era diventato ansioso, il pensiero di perdere il potere lo tormentava e l'unico modo per continuare a governare era l'uccisione del Signore. Per questa ragione Gesù disse ai farisei di tranquillizzarlo: «Andate a dire a quella volpe: “Ecco, Io scaccio demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno la mia opera è compiuta. Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente Io prosegua nel cammino, perché non è possibile che un Profeta muoia fuori di Gerusalemme"».
Queste parole calmarono del tutto Erode, ma Gesù continuò a parlare indicando quale era la causa della persecuzione contro Lui: l'incredulità degli abitanti di Gerusalemme. Dopo tanti miracoli ed insegnamenti improntati sull'amore e sulla misericordia, dopo avere effuso la sua Divina bontà in ogni angolo della città ma non in ogni cuore indurito, annunciò l'annichilimento spirituale della città.
"Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i Profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi!".
Non possiamo non applicare queste parole alla situazione attuale della nostra Santa Chiesa, in questo caso non è la Chiesa come istituzione Divina a non proteggere i suoi figli, perchè la Chiesa è Madre. È sempre più subdolo e minaccioso il piano di quanti tradiscono la Chiesa per distruggere il soprannaturale presente in Essa e tutto questo avverrà, perchè sono profezie bibliche.
Ogni giorno mi accorgo che la nostra famiglia spirituale, la parrocchia virtuale, abbraccia sempre più saldamente Gesù e questo mi procura una grande gioia per tutti voi. Siete in molti a voler vivere il Vangelo con impegno. Le innumerevoli testimonianze di impegno e di buoni propositi che mi arrivano, indicano che la Madonna non lascia mai soli i suoi figli che si consacrano al suo Cuore Immacolato.
«Buona sera Padre Giulio Maria, le scrivo per dirle GRAZIE!!!!!!!!!! per questo regalo immenso e inaspettato. In un periodo di tristezza è proprio quello che serve alla mia anima tormentata che non è proprio da buona cristiana perchè un cristiano VERO è quello che confida in GESU' e solo per questa ragione non si può essere tristi. Con affetto Angela».
«Grazie caro p. Scozzaro, sono bellissimi questi colloqui con Gesù.... ieri stesso sono andata a cercare le altre due parti....... pregare con Gesù è più dolce del miele. Ogni parola, sussurro, invito è balsamo che scende nel cuore e porta tanta pace all'anima... Dio la benedica, anzi la strabenedica per il suo apostolato... Con affetto fraterno. Francesca».
«Grazie per il bel video, avevo chiesto un segno nel mio scoraggiamento e poco fa sentendo le parole di Gesù l'ho avuto. Ancora tante grazie. Mara».
«Grazie Padre Scozzaro, per le sue quotidiane "iniezioni" di conforto. La fede va anche alimentata e Nostro Signore le ha donato la facoltà di ridestarla in noi lettori con parole dirette ed antiche, nel senso che sono sempre efficaci. In quest'epoca costellata da menzogne e da neologismi volti ad allontanare l'umanità da Dio, propagati da coloro che sono "già bollati a fuoco nella loro coscienza", è davvero un ristoro sentir parlare secondo Verità. Grazie ancora. Avv. Marco Giorgetti».
«Grazie di cuore da chi ha ritrovato la fede abbandonata per molti anni. Un saluto. Claudio Agnoletto».
«Ave Maria! Padre Giulio, grazie per questa seconda parte di 15 minuti con Gesù. Ieri sera ho ascoltato la prima parte come ultima cosa prima di dormire, dopo le preghiere, questa mattina l'ho ascoltata come prima cosa, prima delle preghiere e mi ha dato molta serenità. Ora ho ascoltato la 2ª parte che ascolterò ancora e ancora e ancora. Un grande abbraccio, Severino Braghieri».
«Mi è piaciuta molto questa pagina commento al vangelo di Luca. Mi ha toccato personalmente per il cammino che ho intrapreso. Mi ha dato forza, luce. Mi unirò alla cordata spirituale. Mi sento proprio coinvolta! Che Dio sia alla sua destra e alla sua sinistra per difenderlo e dargli tanta forza nel bene. Preghi per me e la mia famiglia. Vera».
«Caro ed eccellentissimo Padre, mi chiamo Antonio e anch'io sono un Maresciallo dei Carabinieri (Comandante di Stazione) che quotidianamente  si confronta con i veri e reali problemi della gente, sopratutto quella più umile. Per tanti anni ho cercato di trovare delle risposte ai miei interrogativi, ma solo grazie a quello che Lei quotidianamente scrive e trasmette a tutti noi sono riuscito a comprendere il vero messaggio di CRISTO; dà qualcosa per permettere di dare più forza  a tutto quello che svolgo e a quello che tento di trasmettere quotidianamente, sopratutto con una motivazione più solida. Io ho trovato lei e... con meraviglia e immenso stupore ho notato che fiumi di persone bussano alla sua porta e trovano risposta, accoglienza e a nessuno ha rifiutato il suo aiuto e senza alcun compenso. Dove e quando mai si sono viste queste cose? È quel faro che ogni territorio deve avere. Noi siamo fortunati perchè qualcuno ha acceso una candela per noi nel buio. Con immensa stima. Antonio Mangone».
«Ave Maria! Caro Padre Giulio, voglio solo dirle grazie con tutto il cuore per l'aiuto spirituale che ricevo ogni giorno da Lei. Le chiedo di ricordare la mia famiglia nelle Sue preghiere, da parte mia ho chiesto a Maria a Medjugorje (alla croce blu) che i miei figli siano una lode a Dio. Sono adulti, la strada forse è lunga , ma già vedo tanti e grandi cambiamenti. Maria ascolta i Suoi figli. Grazie ancora Padre, che Dio la benedica. Daniela Perona».
«Buonasera Padre Giulio Maria, sono Domenico e le scrivo da Brescia, volevo semplicemente ringraziarla per le sue "Newsletter" che quotidianamente invia, mi danno grande forza e coraggio per affrontare le giornate e gli impegni di tutti i giorni. Mi piace in particolar modo questa degli Angeli Custodi, che sicuramente e che mi auguro con tutto il cuore, mi assisteranno per il prossimo viaggio che dovrò affrontare. Un Cordiale Saluto, Domenico».
«Padre Giulio complimenti per le sue omelie... questa di oggi come per le precedenti e di certo per le future sono molto importanti per noi che abbiamo quotidianamente bisogno di una guida e di una spiegazione più approfondita del Vangelo per vivere da veri e buoni figli la vita che il Signore ci ha donato, rendendo grazie con il nostro costante impegno ad essere cristiani.  Che Dio la benedica e la protegga sempre, pace e bene, Gabriella».
«Gent.mo Padre dapprima devo ringraziarLa per la Sua opera quotidiana di apostolato. Davvero Le dico che da quando ho conosciuto la Sua newsletter stiamo vivendo, io e la mia famigliola, un periodo di maggiore serenità, di maggiori certezze, sorretti da una guida spirituale quale Lei è. Chi si abbandona a Dio, lo sente dentro di sé, glielo posso assicurare, lo sente in ogni scelta della vita, in ogni strada da percorrere. Solo chi non crede davvero non si abbandona a Dio e non lo sente. Quanta ricchezza vivo in compagnia del mio Creatore, quanta dolcezza.  Mi sento protetto non ho paura di niente nemmeno della morte che sopraggiungendo sarà solo un passaggio. So che devo amare adesso: dapprima Dio e la Santa Trinità, Maria nostra Madre, i Santi, i nostri defunti, mio padre, mia moglie , i miei figli, i miei vicini di casa, tutti i familiari, ogni straniero e potrei proseguire. Quanto si può amare, quanto è bello amare e quanto è difficile realizzare un percorso d'amore in questo mondo, dando priorità alla Parola di Dio. Ma è l'unica opzione che abbiamo, in Cristo. Mi perdoni se son stato lungo ma ho sentito la necessità di farlo con Lei. Un abbraccio. Adriano».
 
Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
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2680 - San Volfango di Ratisbona, Vescovo

Volfango nacque a Pfulligen, in Svevia, intorno al 925. Figlio di una famiglia benestante ebbe un chierico come precettore dei primi anni; fu quindi allievo della famosa scuola dell'abbazia di Raichenau dove si distinse per talento e modestia sotto la guida di Stefano da Novara, illustre maestro dell'epoca.
Strinse, in questi anni, una duratura amicizia con Enrico, che successivamente divenne Vescovo di Treviri (Renania) e che fu decisivo nelle successive decisioni della sua vita. Durante gli studi, proseguiti poi a Würzburg, Volfango maturò una chiara vocazione monastica cui però non diede immediato seguito per le pressioni dell'amico Enrico che lo volle con sé a Treviri come decano del Capitolo.
Anche come insegnante Volfango si distinse, attirando molti  giovani chierici alle sue lezioni. Per tutta la durata del suo episcopato Enrico cercò di convincere Volfango ad assumere cariche pubbliche ed onorifiche ottenendo però sempre un rifiuto. Alla morte dell'amico Volfango si fece finalmente monaco scegliendo il monastero di Einsiedeln, noto per la rigidità con cui veniva applicata la regola benedettina; era il 964 e Volfango aveva circa quarant'anni.
Intorno al 970 il Vescovo Ulrico di Augusta lo ordinò sacerdote durante una visita al monastero. Dopo questo avvenimento, e a seguito di una visione, Volfango sentì un forte impulso a lasciare il convento e a dedicarsi all'evangelizzazione di quei grandi territori dell'Europa centrale che stavano, in quegli anni, entrando in contatto con il Cristianesimo, come la Boemia e la Pannonia (attuale Ungheria).
Come monaco errante ebbe scarso successo presso i Magiari e la sua missione portò pochissimi frutti. Non passò però inosservata al Vescovo Pellegrino, di Passavia, che, convocatolo, ne conobbe le grandi qualità e lo propose ad Ottone I per la nomina a Vescovo di Ratisbona. Con qualche resistenza nel 972 Volfango accettò di essere nominato Vescovo con un'autorità che copriva tutta la Boemia.
In qualità di Vescovo si distinse per una condotta di vita santa, frugale e saggia. Contro le abitudini del tempo, tese ad accumulare poteri temporali, prese due coraggiose decisioni che consentirono lo sviluppo del Cristianesimo nelle terre a lui affidate: rinunciò alla Boemia per erigerla come diocesi autonoma con sede a Praga e rinunciò al priorato di Raichenau. In entrambi i casi volle infatti che nuovi giovani pastori (il vescovo e il priore) fossero a più stretto contatto con il popolo loro affidato per meglio sostenerne la fede.
Quando nel 976 esplose una dura lotta tra Enrico il Litigioso e Ottone II, cui Volfango era fedele come legittimo Imperatore, si ritirò presso l'abbazia di Mondsee per poi rientrare a Ratisbona una volta terminato il conflitto.
Questo breve ritiro è all'origine di una leggenda che lo vuole, in quel periodo, eremita tra i boschi, cosa che in seguito lo farà ritenere patrono dei boscaioli.
Nel 994, durante un viaggio pastorale lungo il Danubio, fu colto da una grave malattia. Sentendosi prossimo alla morte si fece trasportare nella vicina chiesa di Pupping dove si confessò, si comunicò e spirò ai piedi dell'altare la notte del 31 ottobre 994.
Le sue spoglie furono trasferite solennemente nel monastero si S. Emmerman per la sepoltura. Attualmente le sue reliquie riposano nella cattedrale di Ratisbona. Moltissimi i miracoli a lui attribuiti sulla sua tomba.
 
Venne canonizzato il 7 ottobre 1052 da S. Leone IX (Brunone dei Conti di Egisheim-Dagsburg, 1049-1054) durante una visita a Ratisbona (Regensburg) della quale Volfango era stato Vescovo.
 
Benché dotto e letterato e per lungo tempo insegnante non si conoscono scritti di S. Volfango; le parole che di lui si conoscono sono solo quelle tramandate dai suoi biografi. Decisiva e storicamente rilevabile è invece l'impronta che lasciò su quanti seguirono i suoi insegnamenti. L'imperatore Enrico II, che divenne a sua volta santo, fu educato in gioventù proprio da S. Volfango. Il suo discepolo prediletto, Tagino, divenne vescovo di Magdeburgo, mentre altri suoi tre condiscepoli lo divennero di Treviri, Liegi e Merseburgo. Un'altra sua discepola, Gisella, divenne moglie di Stefano I re di Ungheria anch'egli santo.
 
Significato del nome Volfango: «che va, cammina come il lupo» (tedesco).
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mercoledì 30 ottobre 2013

2679 - Commento al Vangelo del 30/10/2013

+ Dal Vangelo secondo Luca (13,22-30)
In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, Io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i Profeti nel Regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel Regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».
 
Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Gesù s'incamminava verso Gerusalemme, molti Lo avvicinavano per vederlo, chiedere miracoli, toccarlo. Un uomo pose una domanda che certamente lo angosciava, non si preoccupava però solo di se stesso, considerava anche la vita peccaminosa che si conduceva nella città santa. I peccati dell'ingrata città erano troppi, Gesù stesso in una circostanza si fermò a guardarla e a piangere per i suoi peccati, oltre per il rifiuto della sua predicazione.
«In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa, dicendo: “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”» (Lc 19,41-44).
Questa è la fine di quanti non riconoscono Gesù come Dio pur avendone modo e prove, oppure non Lo adorano più perchè attratti dalla mondanità. Non è la fine che piace a Gesù, Lui pianse su Gerusalemme e piange adesso perchè gli uomini scelgono il peccato e la vita immorale, rifiutando così il suo Amore, la predicazione del Vangelo che parla di perdono e misericordia.
Quindi, un tale domandò: "Signore, sono pochi quelli che si salvano?". Gesù non rispose direttamente alla questione proposta, perchè essa non interessava gli uomini ma Dio. Che importa, infatti, a noi sapere se sono pochi o molti quelli che si salvano? Il necessario per noi è salvarci, e poichè non c'è un destino di perdizione per alcuni o di salvezza per altri, il salvarci dipende dal nostro sforzo nel fare il bene e dal nostro filiale appello alla Divina Misericordia.
Non importa sapere il numero degli eletti ma appartenervi! Nessuno deve presumere di poter avere una posizione di privilegio in Paradiso chissà per quale opera compiuta o aspettare una ricompensa di molto superiore rispetto a quello che ha dato a Dio in questa vita.
Alla domanda Gesù rispose con questo richiamo: "Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, Io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno". Cercheranno di entrare significa che essi presumono di poter entrare per il fatto stesso che erano cristiani che pregavano saltuariamente oppure Consacrati e persone che hanno ricoperto un ruolo autorevole nella Chiesa come per esempio i prelati.
Chi però è largo di orgoglio, superbia, peccati e compromessi subdoli è impossibilitato a passare per la porta stretta.
Non è una porta stretta o opprimente come la intende il mondo pagano, Gesù la mostra come una porta che bisogna individuare nella vita e sceglierla, ma occorre eliminare l'abbondanza del peccato per poter accedere. In realtà la vera porta stretta ed opprimente è quella del male, perchè stringe l'anima nei lacci della più terribile schiavitù. La porta del Cielo appare stretta, ma in realtà è immensamente larga e bella. Basta introdurvisi per intenderlo.
La Giustizia Divina è come una stretta, una valutazione precisa, evidente e perciò inappellabile della vita.
Quando Gesù afferma che molti vorrebbero entrare, intende che proprio nel momento del Giudizio vorrebbero mutare la loro condizione peccaminosa, ma non lo potranno fare più perchè sarà chiusa la porta, sarà finita la vita del tempo e non si potrà presumere di ricominciarla. Quando si giunge al momento di fare i conti con la vita trascorsa non è più possibile cambiare nulla, è assolutamente impossibile. Ora è il tempo della santificazione.
Gesù aggiunse, certamente con amarezza, che molti cominceranno a bussare e a dire: «"Signore, aprici!". Ma egli risponderà: "Non so di dove siete". Allora diranno: "Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze". Ma egli dichiarerà: "Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!"».
È tremenda questa accusa di Gesù, "operatori di ingiustizia!", parla di quanti Lo hanno tradito negando il Vangelo e la Verità.
Si può trionfare nel male per dieci o venti anni, poi inevitabilmente bisognerà darne conto a Dio. E Lui dirà: "Non so di dove siete".
Noi abbiamo la grande Grazia della Fede e preghiamo un Dio Amore, siamo sicuri della ricompensa ora e di quella che ci aspetta.
 
Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
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2678 - San Marciano di Siracusa, Vescovo e martire

La data della sua celebrazione è variamente fissata, secondo le varie fonti che parlano di lui; in Occidente fu inserito per la prima volta nel ‘Martirologio Romano’ al 14 giugno, dal celebre Cesare Baronio, nel XVII secolo. 
Ma in Oriente la sua memoria era già conosciuta e veniva ricordato in alcuni libri il 30 ottobre e in altri il 31; il Calendario marmoreo di Napoli lo riporta al 30 e in questa ultima data è inserito nell'ultimissima edizione del ‘Martyrologium Romanum’. 
Le più antiche fonti che parlano di s. Marciano risalgono comunque al VII secolo e quindi risentono della mancanza di certezze storiche, perché si rifanno a tradizioni locali. 
Marciano fattosi discepolo di s. Pietro apostolo, in Antiochia, quindi è del I secolo, fu da lui inviato in Sicilia a predicare il Vangelo; qui si fermò a Siracusa dove operò molte conversioni, accompagnate da miracoli, finché non venne ucciso “da coloro che in quel tempo avevano indegnamente lo scettro del comando”. 
È ritenuto il primo vescovo di Siracusa, le successive narrazioni, non aggiungono niente di nuovo a quanto detto, anzi si contraddicono perché pongono la sua morte nel III secolo, se non più tardi, presentandolo arbitrariamente anche come un ottimo religioso e superiore di un monastero. 
Anche qualche opera archeologica, come la cosiddetta ‘cripta di s. Marciano’ presso il cimitero di San Giovanni, non aiuta ad inquadrare meglio il periodo della sua esistenza e morte; essa fu creduta, a partire dal secolo XVII, che fosse stata costruita sul sepolcro del santo e nel contempo sul luogo della sua abitazione e predicazione, datandola quindi al I secolo, invece non è altro che un ipogeo funerario del IV secolo, trasformato in santuario cristiano nel periodo normanno. 
La sua più antica raffigurazione è del secolo VIII-IX quindi del periodo bizantino e si trova nelle catacombe di S. Lucia. 
E' da aggiungere, che chi sa per quale via sono giunte a Gaeta, certamente per mare, alcune reliquie di s. Marciano di Siracusa, che sono nella cripta o Soccorpo della cattedrale, insieme a quelle di altri sei santi; esso è venerato come compatrono di Gaeta insieme a s. Erasmo e celebrati in questa città e diocesi il 2 giugno.

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2677 - Udienza di Papa Francesco del 30/10/2013

Cari fratelli e sorelle, buongiorno! 
Oggi vorrei parlare di una realtà molto bella della nostra fede, cioè della “comunione dei santi”. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci ricorda che con questa espressione si intendono due realtà: la comunione alle cose sante e la comunione tra le persone sante (n. 948). Mi soffermo sul secondo significato: si tratta di una verità tra le più consolanti della nostra fede, poiché ci ricorda che non siamo soli ma esiste una comunione di vita tra tutti coloro che appartengono a Cristo. Una comunione che nasce dalla fede; infatti, il termine “santi” si riferisce a coloro che credono nel Signore Gesù e sono incorporati a Lui nella Chiesa mediante il Battesimo. Per questo i primi cristiani erano chiamati anche “i santi” (cfr At 9,13.32.41; Rm 8,27; 1 Cor 6,1). 
1. Il Vangelo di Giovanni attesta che, prima della sua Passione, Gesù pregò il Padre per la comunione tra i discepoli, con queste parole: «Perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (17,21). La Chiesa, nella sua verità più profonda, è comunione con Dio, familiarità con Dio, comunione di amore con Cristo e con il Padre nello Spirito Santo, che si prolunga in una comunione fraterna. Questa relazione tra Gesù e il Padre è la “matrice” del legame tra noi cristiani: se siamo intimamente inseriti in questa “matrice”, in questa fornace ardente di amore, allora possiamo diventare veramente un cuore solo e un’anima sola tra di noi, perché l’amore di Dio brucia i nostri egoismi, i nostri pregiudizi, le nostre divisioni interiori ed esterne. L’amore di Dio brucia anche i nostri peccati. 
2. Se c’è questo radicamento nella sorgente dell’Amore, che è Dio, allora si verifica anche il movimento reciproco: dai fratelli a Dio; l’esperienza della comunione fraterna mi conduce alla comunione con Dio. Essere uniti fra noi ci conduce ad essere uniti con Dio, ci conduce a questo legame con Dio che è nostro Padre. Questo è il secondo aspetto della comunione dei santi che vorrei sottolineare: la nostra fede ha bisogno del sostegno degli altri, specialmente nei momenti difficili. Se noi siamo uniti la fede diventa forte. Quanto è bello sostenerci gli uni gli altri nell'avventura meravigliosa della fede! Dico questo perché la tendenza a chiudersi nel privato ha influenzato anche l’ambito religioso, così che molte volte si fa fatica a chiedere l’aiuto spirituale di quanti condividono con noi l’esperienza cristiana. Chi di noi tutti non ha sperimentato insicurezze, smarrimenti e perfino dubbi nel cammino della fede? Tutti abbiamo sperimentato questo, anch'io: fa parte del cammino della fede, fa parte della nostra vita. Tutto ciò non deve stupirci, perché siamo esseri umani, segnati da fragilità e limiti; tutti siamo fragili, tutti abbiamo limiti. Tuttavia, in questi momenti difficoltosi è necessario confidare nell'aiuto di Dio, mediante la preghiera filiale, e, al tempo stesso, è importante trovare il coraggio e l’umiltà di aprirsi agli altri, per chiedere aiuto, per chiedere di darci una mano. Quante volte abbiamo fatto questo e poi siamo riusciti a venirne fuori dal problema e trovare Dio un’altra volta! In questa comunione – comunione vuol dire comune-unione – siamo una grande famiglia, dove tutti i componenti si aiutano e si sostengono fra loro. 
3. E veniamo a un altro aspetto: la comunione dei santi va al di là della vita terrena, va oltre la morte e dura per sempre. Questa unione fra noi, va al di là e continua nell'altra vita; è una unione spirituale che nasce dal Battesimo e non viene spezzata dalla morte, ma, grazie a Cristo risorto, è destinata a trovare la sua pienezza nella vita eterna. C’è un legame profondo e indissolubile tra quanti sono ancora pellegrini in questo mondo – fra noi – e coloro che hanno varcato la soglia della morte per entrare nell'eternità. Tutti i battezzati quaggiù sulla terra, le anime del Purgatorio e tutti i beati che sono già in Paradiso formano una sola grande Famiglia. Questa comunione tra terra e cielo si realizza specialmente nella preghiera di intercessione. 
Cari amici, abbiamo questa bellezza! È una realtà nostra, di tutti, che ci fa fratelli, che ci accompagna nel cammino della vita e ci fa trovare un’altra volta lassù in cielo. Andiamo per questo cammino con fiducia, con gioia. Un cristiano deve essere gioioso, con la gioia di avere tanti fratelli battezzati che camminano con lui; sostenuto dall'aiuto dei fratelli e delle sorelle che fanno questa stessa strada per andare al cielo; e anche con l’aiuto dei fratelli e delle sorelle che sono in cielo e pregano Gesù per noi. Avanti per questa strada con gioia!
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martedì 29 ottobre 2013

2676 - Commento al Vangelo del 29/10/2013

+ Dal Vangelo secondo Luca (13,18-21)
In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il Regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami». E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il Regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata». 
 
Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Gesù aveva poco prima guarito la donna curva, impossibilitata a guardare verso l'alto e aveva inoltre rimproverato i farisei che invece guardavano intenzionalmente sempre in basso. La donna rattrappita e curva era colpita da una possessione diabolica, questo le impediva di guardare all'insù, era incurvata al punto di toccare quasi la terra. Una situazione dolorosa che commosse Gesù così prima allontanò i diavoli e poi la guarì da ogni malessere.
Nella donna curva era presente lo spirito satanico ma quasi tutti consideravano il suo malessere una malattia, nessuno poteva immaginare l'azione del maligno. Oggi avvengono incalcolabili casi simili, molti sono ammalati ma la causa arriva dalla presenza dei diavoli.
Molto spesso le presenze dei diavoli nelle persone vengono scambiate per malattie da curare, oppure la vita immorale e tenebrosa come conseguenza della cattiveria. Queste persone chiaramente non avvertono la necessità di Gesù nè sono in grado di cercarlo.
Mentre i credenti che soffrono a causa di negatività, ricorrono alla preghiera davanti al Santissimo Sacramento e chiedono l'imposizione delle mani per la benedizione da qualsiasi Sacerdote. In molti casi i diavoli non si allontanano immediatamente e tutto può rimanere irrisolto. Ma la ripetizione delle benedizioni e le continue preghiere, costringono i diavoli a perdere potere e ad allontanarsi.
Molti mi scrivete per chiedere consigli sulle presenze dei diavoli. Ricordate che quando vivete in Grazia di Dio e pregate con umiltà e fiducia, tutti i diavoli hanno terrore di voi, soprattutto quando vi confessate, partecipate con amore alla Messa e recitare il Rosario. La preghiera schiaccia i diavoli, per questo essi cercano di portare tutti alla disperazione. Chi prega sgonfia il loro potere.
Una signora al telefono mi ha raccontato la drammatica vicenda del marito, arrivato alla possessione dei diavoli dopo avere commesso gravissimi peccati mai confessati. Dopo molti esorcismi compiuti da un esorcista delle loro parti, il marito oggi frequenta la Messa ma dal momento della consacrazione in poi trema come una foglia, balbetta e non si muove.
È la prova che l'Eucaristia immobilizza i diavoli.
Quando Gesù toccò la donna e la raddrizzò con le sue mani divine, fisicamente ritornò sana e piena di vigore dopo diciotto anni di inaudita sofferenza e umiliazione. La donna poteva guardare verso l'alto dopo la guarigione perchè aveva avuto Fede in Gesù, le fu possibile e la sua gioia era incontenibile.
Gesù con questo miracolo tentò pure di erigere spiritualmente i farisei ma non fu possibile, erano troppo orgogliosi e maligni.
Non riuscivano ad alzare lo sguardo verso il cielo tanto erano attratti dalle cose della terra, dalle miserie umane e da interessi che escludevano Dio. Questo pericolo possono correrlo anche i credenti che pregano in modo esteriore e senza amore, pregano quando possono e velocemente. Credenti attratti dalle cose della terra e ricorrono a Gesù solo nella necessità.
Questi credenti non comprendono il significato del Regno di Dio, non vivono la Fede come un impegno davanti a Gesù, non hanno il desiderio di lasciare le cose del mondo. Il Regno di Dio deve stabilirsi dentro di noi, lo Spirito di Dio deve trovare spazio per effondere i suoi doni e trasfigurare l'anima. È un Regno piccolo inizialmente ma con il passare dei giorni diventa sempre più maestoso, meraviglioso. E questo dipende dall'impegno del credente, dalla sua vita.
Per lasciare crescere questo Regno in noi, dobbiamo evitare di curvarci verso la terra, nel senso che ci si deve allontanare da tutto ciò che è peccato, vizio, concupiscenza. Oggi più che mai gli uomini sono curvati verso la terra, cercano la felicità solo in questo mondo diventato ateo e profondamente egoista. Il fatto stesso di curvarsi e cercare sempre le cose materiali, lega gli uomini a satana, perchè la moderna civiltà è tutta materia e materializzante.
Come potrà questa società rialzarsi e cominciare a guardare verso l'alto? Solamente con il tocco di Gesù, con il suo intervento. Solo Gesù può guarire la società malata curva verso la terra e accecata dall'oscurità. Pregate per i vostri familiari e i conoscenti che rimangono curvi a guardare la terra, mentre illusoriamente si considerano fortunati e realizzati.
Pregate molto per loro!
 
Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
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2675 - Sant' Onorato di Vercelli, Vescovo

Un particolare legame unisce, nella figura del vescovo Onorato, la chiesa vercellese a quella milanese, fu, infatti, lui a somministrare i sacramenti a Sant'Ambrogio in punto di morte, così come il grande vescovo milanese aveva appoggiato la proposta di Onorato, sulla cattedra episcopale di Vercelli, come successore del vescovo Limenio 
Alla morte di quest’ultimo, infatti, la chiesa eusebiana era scossa da contrasti non indifferenti in merito alla scelta del vescovo e queste divisioni erano ancor più acuite dalla predicazione di due sacerdoti milanesi, che contestavano la riforma voluta dal defunto vescovo in merito alla disciplina ascetica e al celibato dei sacerdoti, idee già presenti nella regola di vita del clero voluta dal grande Sant'Eusebio. La questione venne risolta anche grazie all'intervento di Ambrogio, prima con una lettera, che fu il suo ultimo scritto, poi personalmente, consacrando Onorato, già stimato membro del cenobio eusebiano, quale vescovo, nel 396. 
Dell’azione pastorale del santo è testimonianza un carme, inciso sulla lastra sepolcrale della sua tomba, posta nella cattedrale cittadina accanto a quelle di Eusebio e Limenio. Nel testo Onorato è descritto come degno discepolo del maestro Eusebio, del quale aveva condiviso le pene dell’esilio e del carcere e come predicatore della ortodossa dottrina cattolica contro gli influssi ariani ancora presenti. Il suo episcopato durò circa un ventennio e si concluse un 29 di ottobre, giorno in cui ancora è ricordato nel calendario liturgico delle diocesi di Vercelli e di Milano. 
Le sue reliquie riposano sotto la mensa di un altare laterale della cattedrale di Vercelli. L’iconografia del santo, nelle tipiche sembianze di un anziano santo vescovo, ha un tratto specifico nel presentarlo mentre comunica Ambrogio morente.

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lunedì 28 ottobre 2013

2674 - Commento al Vangelo del 28/10/2013

+ Dal Vangelo secondo Luca (6,12-19)
In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore. Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da Lui usciva una forza che guariva tutti. 
 
Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Oggi l'umanità soffre di una gravissima malattia spirituale che rimane irriconoscibile ai malati, come quando un pazzo è convinto di essere perfettamente sano. La malattia del secolo è l'egoismo, e non spunta come un fungo ma si sviluppa nella misura che si perde la spiritualità cristiana, si perde lo Spirito di Dio. Questo avviene ai cristiani, figuriamoci cosa avviene agli innumerevoli che sono opposti o non conoscono Gesù.
Egoismo indica uno smisurato amor di sé, un agire fondato sull'individualismo, il centro di tutto è se stesso.
Mentre al tempo di Gesù migliaia di malati andavano a cercare la guarigione fisica, oggi miliardi di persone dovrebbero chiedere la guarigione spirituale, interiore. Ma chiederla a chi? Se non credono o seguono altre vie spirituali che non garantiscono la salvezza eterna, è abbastanza difficile incontrare Gesù Cristo.
Il Vangelo di oggi afferma che in migliaia cercavano Gesù, già la ricerca è un'apertura significativa all'azione Divina, ed essendo una ricerca sincera anche solo per la guarigione fisica, i miracoli Gesù li concedeva con prontezza. "Erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie".
La speranza di chi confida in Gesù non rimane mai delusa, alle volte le Grazie non arrivano subito perchè la persona non è ben disposta interiormente, si trova in uno stato spirituale opposto all'azione della Grazia. Dio potrebbe ritardare una Grazia per far crescere la persona nella Fede, farla abituare a pregare e a chiedere, ad adorarlo e contemporaneamente ad allontanare vizi e dissipazioni.
San Luca descrive la scena che si svolgeva attorno al Signore con molta chiarezza, quanti si avvicinavano a Lui anche se cercavano una guarigione, si abbandonavano alla sua volontà. Questo è il passaggio importante che occorre compiere per lasciare la vecchia mentalità, così come hanno fatto anche gli Apostoli, tra cui Simone e Giuda festeggiati oggi. In particolare Giuda Taddeo cugino di Gesù, è un potente intercessore, Patrono dei casi disperati.
L'intercessore è il Santo che prega Gesù e ogni sua richiesta prima o poi viene accolta per i meriti acquistati nella sua vita.
Non è difficile ottenere miracoli quando è Gesù a volerne concedere abbondantemente. La differenza tra i miracolati del Vangelo e molti cristiani che oggi cercano Gesù è la disposizione interiore. Chi vive nella vanità e conduce una vita dissipata ha maggiori difficoltà ad ottenere Grazie, sia per la poca esperienza nella preghiera sia per l'attaccamento alla mondanità ma soprattutto a se stesso.
È l'abbandono in Gesù a dare la vera svolta nella vita, non c'è autentico cammino cristiano se non si arriva alla decisione di vincere l'orgoglio e la superbia. Ho già spiegato i loro significati, ma rileggiamoli:
La superbia della vita è una delle tre concupiscenze. Per concupiscenza si intende la spinta al male. La superbia della vita, è l’ostentazione di una sicurezza morale falsa e menzognera, la pretesa arrogante di stabilire ciò che è bene e ciò che è male, ignorando il Vangelo e considerando la morale con la valutazione assoluta della propria coscienza.
La superbia offusca la mente, non può una persona discernere il bene dal male o compiere scelte con la Luce di Dio, perché la superbia fa entrare in un tunnel tenebroso.
Con orgoglio si intende il forte senso di autostima e fiducia nelle proprie capacità, si è miseramente convinti di avere compreso tutto dalla vita e capaci di stabilire ogni verità. Inoltre, l’orgoglioso è assolutamente incapace di ricevere umiliazioni. Il sinonimo di orgoglio, manifesta “un'alta opinione di sé”.
Gesù invece chiede umiltà e grande fiducia in Lui per ricevere Grazie. "Anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti". Oggi molti non credono più all'esistenza del diavolo oltre che dell'inferno, come spiegano allora questo passo in cui Gesù liberava i posseduti dagli spiriti impuri, quindi dai diavoli?
Già il Vangelo storico è sufficiente per conoscere tutta la rivelazione di Gesù, anche la Madonna a Medjugorje ha parlato dell'inferno in modo molto chiaro. Queste e altre tematiche dei messaggi dati a Medjugorje sono stati inseriti nel nostro sito 
«Oggi molti vanno all'inferno. Dio permette che i suoi figli soffrano nell'inferno perché hanno commesso colpe gravissime e imperdonabili. Coloro che vanno all'inferno non hanno più possibilità di conoscere una sorte migliore. Le anime dei dannati non si pentono e continuano a rifiutare Dio. E lì lo maledicono ancor più di quanto non facessero prima, quando erano sulla terra. Diventano parte dell'inferno e non vogliono essere liberate da quel luogo». (25 luglio 1982)
«La maggior parte degli uomini, quando muore, va in Purgatorio. Un numero pure molto grande va all'inferno. Soltanto un piccolo numero di anime va direttamente in Paradiso. Vi conviene rinunciare a tutto pur di essere portati direttamente in Paradiso al momento della vostra morte». (2 novembre 1983)
«Ogni persona adulta è in grado di conoscere Dio. Il peccato del mondo consiste in questo: che non cerca affatto Dio. Per coloro che adesso dicono di non credere in Dio, quanto sarà duro allorché si avvicineranno al trono dell’Altissimo per sentirsi condannare all'inferno». (3 febbraio 1984)
 
Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
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2673 - SS. Simone e Giuda, Apostoli

Simone : per distinguerlo da Simon Pietro, fu soprannominato il “Cananeo” dagli evangelisti Matteo e Marco: « I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea, suo fratello; Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, Filippo e Bartolomeo, Tommaso e Matteo il pubblicano, Giacomo di Alfeo e Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda l'Iscariota, che poi lo tradì.» (Mt 10,1-4) – «Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro; poi Giacomo di Zebedèo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè figli del tuono; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì. » (Mc 3,16-18) e Zelòta da Luca: « Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli: Simone, che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo d'Alfeo, Simone soprannominato Zelòta, Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore. » (Lc 6,13-16). 

Giuda : l'apostolo che ha il soprannome di Taddeo (vedi sopra Mt e Mc) e che Luca chiama “Giuda di Giacomo”, è quello che nell'ultima Cena: « Gli disse Giuda, non l'Iscariota: “Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo? ” Gli rispose Gesù: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.” » (Gv 14,22-24). È, questa, una lezione dell'amore mistico che Giuda Taddeo provoca con la sua domanda. L'amore di Dio unisce, mentre l'amore di se stessi divide. Simone e Giuda si ritrovano ancora negli Atti (1,13) e poi più nulla. 

S. Fortunato, vescovo di Poitiers, dice che, Simone il Cananeo insieme a Giuda Taddeo, furono sepolti in Persia, dove, secondo le storie apocrife degli Apostoli, sarebbero stati martirizzati a Suanir. Un monaco del IX secolo affermava che una tomba di Simone esisteva a Nicopsis (Caucaso) dove c'era anche una chiesa a lui dedicata, fondata dai Greci nel secolo VII. Altri ancora affermano che Simone visitò l'Egitto e insieme a Giuda Taddeo, la Mesopotamia, dove entrambi subirono il martirio, segati in due parti; da qui il loro patrocinio su quanti lavorano al taglio della legna, del marmo e della pietra in genere. 
Ma al di là di tutte le incertezze, Simone e Giuda, come tutti gli apostoli, presero il bastone e percorsero a piedi regioni vicine e lontane, per portare la luce della Verità e propagare la nuova religione fra i pagani. Si possono, senz'altro, paragonare ai tanti discepoli di Cristo, che in ogni tempo e luogo hanno lavorato e lavorano nel silenzio e nascondimento per il trionfo del Regno di Dio, senza riconoscimenti eclatanti e ufficiali, in piena umiltà, perseveranza e sacrificio anche cruento della vita. 

Significato dei nomi Simone : «Dio ha esaudito» - Taddeo : «colui che confessa o loda» (ebraico).
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domenica 27 ottobre 2013

2672 - Commento al Vangelo del 27/10/2013,dom. 30^ t.ord.

+ Dal Vangelo secondo Luca (18,9-14)
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato». 
Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Per darvi un'idea tra mille altre, dell'ansia di protagonismo che domina quelli che non seguono Gesù, vi racconto in breve la nuova moda dei personaggi famosi: le rivelazioni di violenze subite in gioventù. Come a dire: non hai subito violenze? Non sei nessuno... È un'altra pietosa manifestazione del vuoto assoluto in queste persone, esiste solo l'apparenza, la visibilità per avere denaro e successo.
La più comica è venuta dal "nipote della Fiat", in una intervista ha detto di avere subito violenze sessuali all'età di 13 anni in un collegio dei gesuiti. Subito i gesuiti hanno risposto: "Ma se non ha mai studiato da noi?".
"Chiunque si esalta sarà umiliato", anche queste rivelazioni hanno lo scopo di esaltarsi, infatti sono personaggi insipidi quelli che ricorrono a queste esternazioni, è rimasto l'unico modo per far parlare di loro. Leggere il solo titolo dell'articolo online arreca un pò di fastidio, scopri che non c'è retta intenzione quando svelano cose personali, che alla fine sono un incitamento al peccato e ad ogni libertà sessuale ai fan giovani e deboli.
Questi personaggi famosi confermano quanto pensavano: la mancanza dei valori cristiani. Il grosso guaio è la trasmissione ai fan del loro stile di vita, delle trasgressioni e depravazioni. Senza rendersi conto di sciupare la vita nell'errore più tenebroso, perchè dopo questa passeggera illusione di felicità, l'illusione si tramuterà in disperazione. Noi quando preghiamo per la conversione dei peccatori, preghiamo per tutti loro ma è Dio ad applicare le preghiere e i nostri meriti ai peccatori meno intenzionalmente depravati.
Molti si illudono di fare bene. "Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti".
Oltre a questa presunzione, disprezzavano gli altri, la superbia li accecava fino al punto di giustificare le loro ingiustizie.
Oggi nel mondo come mai prima l'egoismo ha accecato mente e occhi, i ricchi o benestanti non guardano le miserie dei più deboli oppure per giustificare le loro trasgressioni fanno donazioni non ai veri poveri, preferiscono quelli che giustificano la loro vita. Il mondo è sempre stato dominato dall'ipocrisia, la stessa parabola raccontata da Gesù vuole evidenziare l'assurda giustificazione portata nel Tempio dal fariseo.
Prima di esaminarla è opportuno leggere la prima lettura della Messa di oggi, tratta dal Siracide e afferma che la preghiera del povero attraversa le nubi:
"Il Signore è giudice e per Lui non c’è preferenza di persone.
Non è parziale a danno del povero e ascolta la preghiera dell’oppresso.
Non trascura la supplica dell’orfano, né la vedova, quando si sfoga nel lamento.
Chi la soccorre è accolto con benevolenza, la sua preghiera arriva fino alle nubi.
La preghiera del povero attraversa le nubi né si quieta finché non sia arrivata;
non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità".
È una Verità che consola i deboli, i poveri disprezzati dai potenti, dagli arroganti di questa società. Sembrerà strano ma i più deboli sono stati sempre i Santi, deboli nelle vicende umane ma potentissimi davanti a Dio. Colpiti da ogni forma di persecuzioni e diffamazioni, hanno superato prove indicibili per mezzo della preghiera, della sosta prolungata davanti al Santissimo Sacramento.
Nella seconda lettura San Paolo non lamenta lo stato quasi di abbandono in cui si trova, esprime la sua grande gioia che gli sarà fatta giustizia.
"Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la Fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione. Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone. Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo Regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen" (2Tm 4,6-8.16-18).
Queste due letture ci hanno mostrato il vero modo di pregare, la confidenza piena quando ci si rivolge a Gesù e si parla a cuore aperto. Tutti noi abbiamo bisogno della preghiera, è la preghiera fatta bene ad aumentare la Fede e ad ottenere Grazie impossibili. Il tema di oggi è la preghiera, abbiamo necessità di pregare sempre, se non con le labbra almeno con la vita.
Dobbiamo esaminare il tipo di preghiera che facciamo nella giornata e in che modo ci rivolgiamo a Gesù e alla Madonna.
La preghiera fatta male o quella che intenzionalmente vuole giustificare una condotta iniqua, diventa falsa pietà, preghiera non autentica. Si possono creare ad arte false giustificazioni e iniziative sante, ma per Gesù conta quello che ha nel cuore la persona. La preghiera autentica penetra i Cieli, sale sempre a Dio e ricade piena di frutti.
La vera preghiera è umile e fiduciosa, deve essere coltivata giornalmente e poi vissuta nella vita.
Tra la preghiera del fariseo e quella del pubblicano c'è un abisso, sono due modi opposti di relazionarsi con Dio. Il fariseo si autogiustifica e sembra non avere bisogno di Dio, anche perchè ha le ricchezze che appagano la sua vita. Il pubblicano per umiltà si tenne lontano nel Tempio e per questo Dio lo attirò a sè. Non si azzardava ad alzare gli occhi al cielo, egli aveva già con sè Colui che ha fatto i cieli.
Il pubblicano nonostante la sua vita peccaminosa ha conquistato Dio con la sua umiltà e fiducia, infatti "Dio resiste ai superbi e dà Grazia agli umili". Gesù ci indica come deve essere la nostra preghiera: umile, attenta, raccolta, fiduciosa.
Il fariseo rappresenta quelli che vivono secondo la carne e si autogiustificano, il pubblicano quelli che peccano per debolezza e si pentono, ricorrendo alla Confessione e ricominciando il cammino spirituale.
Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
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2671 - San Gaudioso di Abitine, Vescovo

Settimio Celio Gaudioso, vescovo di Abitinia (Africa settentrionale).
Durante l'episcopato di Nostriano, perseguitato da Genserico, re ariano capo dei vandali, Gaudioso (con un diacono di Cartagine, Quodvultdeus) arrivò esule a Napoli su una barca malridotta, privo di tutto. Ma ebbe prospera navigazione, raggiunse le coste napoletane nel 439. 
Egli si stabilì sull'acropoli dell'antica Neapolis (Sant'Aniello a Caponapoli), dove nell'VIII sec. il vescovo Stefano II instituì un monastero di vergini, intitolandolo al santo vescovo. 
Le sue spoglie mortali furono accolte nel 452 (morì all'età di settantanni) nella catocomba del VI sec. della valle della Sanità, che prese nome da lui.Probabilmente importò a Napoli la regola agostiniana, gli usi liturgici africani (rimane qualche traccia nella liturgia battesimale) e alcune reliquie. La più importante quella di S. Restituta.

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sabato 26 ottobre 2013

2670 - Commento al Vangelo del 26/10/2013

+ Dal Vangelo secondo Luca (13,1-9)
In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
 
Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Da un lato il cristiano deve dare frutti buoni a Dio, dall'altro lato Dio mostra una grande pazienza nell'attendere la maturazione dei frutti. Il cristiano è considerato tale da Gesù se nella sua vita fa fruttare i talenti ricevuti, si sforza giornalmente di corrispondere con una vita virtuosa alle Grazie ricevute da Dio.
Il cristiano è chiamato per vocazione a dare frutti di santità, compiendo opere buone e praticando le virtù.
Gesù descrive lo stato spirituale degli ebrei con una parabola, indica in un albero di fichi l'inerzia e l'insensibilità di Israele verso Lui e la Legge rivelata a Mosè. Il fico qui simboleggia Israele, che non seppe corrispondere alle cure che il Signore, Padrone della vigna, per molto tempo gli aveva prestato.
Il fico rappresenta anche quei cristiani che rimangono sterili, inconcludenti davanti a Dio.
Qual è la fine del fico sterile che non produce nulla ed occupa spazio nella Casa di Dio? La sua sorte è decisa dalla sua improduttività, non serve a nulla la sua presenza, anche se occupa spazio non è gradito a Gesù. Quanto un cristiano non lavora per Gesù e rimane improduttivo, non solo non dà nulla di buono ma arreca danno alla bellezza della vigna.
Il motivo è dato da quanto Gesù attende da ognuno di noi, non chiede a tutti opere impossibili, Lui sa il peso che ognuno è capace di portare. Il problema è che anche quel minimo peso molti non vogliono portarlo, sono insensibili e si rifiutano, non hanno compreso il significato della vera vita spirituale.
Ognuno deve chiedersi ogni giorno: Dio cosa si aspetta da me?
Ci troviamo dinanzi un Padre che mostra una pazienza inenarrabile, ma quando una persona diventa incorreggibile, ostinata, Egli alza le mani e la lascia al suo destino. Dopo che Lui ha concesso fiumi incalcolabili di Grazie e dopo che la persona ha sprecato tutto con un comportamento indifferente, Dio lascia liberi quelli inquieti e sempre in cerca di curiosità.
Nonostante tutto Dio cerca lungamente la conversione del peccatore, ma se non ascolta e si volge altrove, terminano anche le Grazie.
Dio attende ma non è un'attesa eterna, il suo Amore è meraviglioso e desidera la salvezza di tutti ma prima occorre pentirsi!
Ognuno di noi ha una vocazione specifica, e ogni vita che non risponde a questo progetto Divino si perde.
Nella parabola vediamo che il padrone aveva deciso di sradicare il fico infruttuoso, tanto non serviva, era inutile tenerlo lì. Qui emerge la figura della persona che fa da mediatrice, quella per eccellenza è la Madonna e chissà quante volte avrà perorato le nostre cause davanti a Gesù e avrà evitato pene severissime. La figura bella che emerge dalla parabola è rappresentata dal vignaiuolo che convince il padrone ad attendere ancora un anno per poi stabilire la sorte del fico.
Ognuno può impetrare Grazie per i familiari e i conoscenti, deve però convincere Gesù ad aspettare ancora la conversione del peccatore.
 
Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
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2669 - San Folco Scotti di Piacenza e Pavia, Vescovo

Passa alla storia come uno straordinario pacificatore. Il suo cognome di famiglia, Scotti, è irlandese: probabilmente nell’XI secolo i suoi antenati sono arrivati nella penisola italiana dopo l’invasione danese delle Isole britanniche, guidata dal re Knut. Ma gli Scotti non sono propriamente fuggiti: Knut non era uomo di saccheggi come alcuni suoi predecessori, ambiva anzi alla prosperità delle sue conquiste, in particolare attraverso i commerci. Ed ecco che, durante un viaggio a Roma, ha domandato ai Sovrani d’Europa «regolamenti più equi e maggior sicurezza lungo la strada per andare a Roma, ­senza tante barriere e ingiuste gabelle».
Così, agli evangelizzatori e monaci che già da tempo percorrevano quella via, si sono aggiunti anche i commercianti: alcuni saranno di passaggio, altri invece si fermeranno e stabilizzeranno in varie città. Tra questi probabilmente c’era la casata degli Scotti (che prima in realtà era un soprannome).
Nato intorno al 1165 a Piacenza, a 20 anni Folco viene accolto in una comunità di sacerdoti, i Canonici regolari di S. Eufemia, che vivono come i monaci. Lo mandano a studiare a Piacenza e poi a Parigi, da dove ritorna maestro in Teologia.
E per Folco, con questo titolo, le strade e le porte si spalancano verso ruoli di responsabilità: diventa priore dei Canonici, arciprete della cattedrale e infine Vescovo di Piacenza.
Perché sarà considerato un eccezionale pacificatore?
Ecco il motivo.
Viene nominato anche Vescovo di Pavia: un Vescovo solo per «quelle» due città-diocesi: Piacenza e Pavia sono acerrime rivali, divise a avversarie su tutto, con antiche e nuove ragioni di conflitto, scontri commerciali, famiglie antagoniste. Una situazione del genere spaventerebbe o scoraggerebbe chiunque, tanto più che Folco i suoi incarichi di responsabilità li ha già, eccome. Dunque, verrebbe da dire: «Chi glielo fa fare?». E invece, accetta. Rischiando di venire giudicato solo un «disertore» dai «suoi» piacentini e un intruso dai pavesi.
Anzi, Folco non solo accetta, è pure ambizioso: il suo obiettivo è mettere fine alla storica e apparentemente irrisolvibile ostilità. Vuole essere il Vescovo di tutti, piacentini e pavesi insieme.
La vincerà, questa sfida. Tant’è che i suoi resti sono tuttora conservati nella Cattedrale di Pavia: Folco, lo ricordiamo, era di Piacenza.

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Medaglia di San Benedetto