Il Signore ti benedica,ti custodisca e ti mostri il Suo volto misericordioso!

Quando pensi di aver toccato il fondo e che nessuno ti voglia o ti ami più, Dio si fa uomo per incontrarti, Gesù ti viene accanto

CIAO A TE !!

Nulla è più urgente nel mondo d'oggi di proclamare Cristo alle genti. Chiunque tu sia, puoi, se vuoi, lasciare un tuo contributo, piccolo o grande che sia, per dire, comunicare, annunciare la persona di Gesù Cristo, unico nostro salvatore. Uno speciale benvenuto a LADYBUG che si è aggiunta di recente ai sostenitori ! *************************************************** Questo blog è sotto la protezione di N.S. Gesù Cristo e della SS Vergine Maria, Sua Madre ed ha come unica ragione di esistere di fornire un contributo, sia pure piccolo ed umile, alla crescita della loro Gloria. ***************************************************



Con Cristo non ci sono problemi, senza Cristo non ci sono soluzioni.

mi trovate anche su questo blog
---------------------------------------------------------------



martedì 30 aprile 2013

2297 - Commento al Vangelo del 30/4/2013


+ Dal Vangelo secondo Giovanni (14,27-31)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, Io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che Io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate. Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che Io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così Io agisco». 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
La mancanza di pace nel mondo si manifesta con molta forza, in ogni settore della vita sociale, commerciale, politica emergono scontri. La divergenza su qualcosa è ammissibile, ritenere che nei dialoghi sulle cose terrene la propria idea sia la migliore, non permette mai il raggiungimento dell’armonia. Ognuno ha la sua idea su qualcosa, e bisogna rispettare le idee degli altri. Non sempre quanto pensa una persona è la verità, non tutto ciò che pensa trova riscontro nella realtà.
Invece in materia di Fede noi cristiani siamo assolutamente sicuri della divinità di Gesù e dell’unica Chiesa fondata da Dio.
Ma rispettiamo sempre le idee altrui, anche quelle sulla religiosità di quanti non seguono Gesù, però è facile notare che essi sono più nervosi, hanno l’aspetto più cupo e non è presente la luminosità di Dio. Anche quelle filosofie che predicano la pace interiore sono illusorie, praticano molti esercizi di controllo della volontà senza l’unione con il vero Dio, sono pratiche corporali e portano a distaccarsi sempre più da Dio.
Cercano il controllo della volontà ma senza Gesù non potranno mai raggiungere la pace interiore. Riguarda il corpo e non l’anima.
La pace vera è frutto dello Spirito Santo, si ottiene entrando e rimanendo in comunione con Gesù, Lui è la Pace, solo Lui ha mostrato di essere in grado di trasmetterla ai suoi seguaci, mentre le religioni e le filosofie pagane predicano una falsa pace, un autocontrollo che però rifiuta la sofferenza e le avversità della vita. Abbiamo visto migliaia di volte nel mondo le violenze da parte di quanti seguivano lo yoga e altri riti esoterici.
L’incompatibilità tra lo yoga e Gesù è totale e chi segue uno non può seguire l’altro!
Noi cristiani assistiamo di continuo alla manifestazione di Gesù che risponde sempre alle nostre richieste spirituali, è sempre pronto a donarci la pace e la gioia. Molti però pur pregando non avvertono la pace interiore, essi non si impegnano nel rimuovere i sentimenti negativi che li tengono sotto schiavitù. Non allontanano l’odio verso qualcuno, non perdonano, non amano e giudicano con facilità. Per questo chiedono Grazie a Gesù e non le ottengono.
Per ricevere Grazie bisogna prima rimuovere i sentimenti negativi, non possono coabitare armoniosamente Bene e male.
Il dato certo è che quanti non pregano convintamente Gesù si trovano sempre dibattuti tra Bene e male, ma il Bene non possono compierlo con vero amore perché il male presente in essi lo compromette e svilisce. Sarà anche amore in qualche circostanza, inteso come azione di bontà, comunque rimane sempre ridimensionato ed interessato. Chi non ama Gesù e non ha il suo Spirito, compie opere buone per averne gratificazione, come un filantropo o umanitario.
Oggi la crisi economica ha portato ancora più guerra ed avversità nei cuori di miliardi di persone, le reazioni sono le più svariate, domenica abbiamo visto quella della sparatoria a Roma, un uomo voleva uccidere alcuni politici responsabili secondo lui della crisi. L’uomo che ha sparato è stato motivato da tante parolacce gratuite che vengono rivolte ai politici, ma non si risolve nulla con le parolacce, si istiga qualcuno a sparare o a compiere opere violente. Dobbiamo pregare per il carabiniere in coma, affidiamolo alla Madonna.
La società è agitata, avvolta da molta cattiveria e da un egoismo esagerato. La mancanza di Dio porta queste conseguenze.
“Vi lascio la pace, vi do la mia pace”, parole che il mondo non conosce o non ricorda più. Solo Gesù lascia la vera pace nel cuore di chi la chiede, e dove è presente la sua pace la persona rinasce a nuova vita, nulla la può abbattere e sempre rimane nella serena gioia. Non ci sono ricchezze paragonabili alla pace interiore, lo prova per esempio l’uso delle droghe da parte delle persone ricche, stanche dai vizi, senza alcun appagamento interiore e in balia della fragilità.
Molti considerano le persone ricche come realizzate e felici, niente di più infondato, perché le ricchezze senza Gesù portano solamente agitazione interiore terribile, l’inquietudine e il nervosismo sono i padroni della loro vita. Non sono tutte così le persone ricche, non voglio generalizzare, lo sono sicuramente quelle che non osservano i Comandamenti e non dedicano buon tempo alla preghiera sostante. Si illudono di avere tutto quando invece è assente lo Spirito di Pace che mette quiete ai sensi e i vizi vengono bloccati.
Da dove nascono le violenze, gli scontri, le ostilità anche tra parenti? Dalla mancata pace interiore e dalla cattiveria.
Quando una persona non prega, il danno che ne ha è notevole, oltre a perdere la Grazia di Dio, diminuisce a poco a poco ogni capacità di fare del Bene, la purità mentale si trasforma in giudizi continui e i pensieri prendono una direzione negativa e volta al male. Si spiega così il comportamento di quelle persone che erano miti quando pregavano, mentre dopo avere abbandonato la preghiera sono diventate aggressive e crudeli.
Non bisogna giudicare chi sbaglia ma pregare per loro, avere comprensione e condannare il peccato mai le persone. Augurate la vera pace a tutti, pregate per quanti l’hanno perduta e sono in balia dei vizi e dei diavoli. Donate la pace a chi non ama.

Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
----------

2296 - San Pio V, Papa

Tutti gli uomini hanno bisogno di modelli a cui guardare: c’è chi segue quelli negativi e a volte infimi, e chi, invece, segue quelli positivi o addirittura santi. Il popolo di Dio è interpellato dalla Chiesa a seguire questi ultimi. Fra i santi ci sono poi quelli “speciali”, gli eletti fra gli eletti: santa Caterina e san Pio V fanno parte degli “eletti speciali”, perché nei disegni di Dio ci sono i chiamati, ma anche quelli più chiamati degli altri, esattamente come accade nella distinzione dei cori angelici, dove, per esempio, san Michele Arcangelo ha un ruolo maggiore in confronto ad un angelo custode, a dispetto dell’egualitarismo di matrice illuminista.
Santa Caterina e san Pio V hanno operato in tempi molto difficili e critici; vengono perciò a dimostrare a noi, fedeli del secondo millennio, che Fede e Chiesa possono sempre essere difese, anche quando le circostanze appaiono avverse su tutti i fronti.
San Pio V, al secolo Antonio (in religione Michele) Ghislieri (Bosco Marengo, AL 17 gennaio 1504– Roma, 1º maggio 1572), è il Papa della Controriforma, della battaglia di Lepanto, del catechismo romano, del breviario romano riformato e del messale romano.
Negli anni di preparazione al sacerdozio, insieme a una solida formazione teologica, facilitata da una fervida intelligenza, manifestò quella austerità di vita che sempre lo caratterizzò. Nel 1528 ricevette l’ordinazione sacerdotale a Genova e già a quel tempo si distinse per la forza del suo credo: a Parma sostenne trenta proposte a supporto del seggio pontificio contro le eresie che si scagliavano contro di esso.
Come rettore di vari conventi domenicani si distinse per la rigida e santificante disciplina imposta, e ricevette la nomina di inquisitore della città di Como. Giunto a Roma nel 1550 divenne Commissario generale dell’Inquisizione romana.  Paolo IV (1476-1559) lo nominò vescovo di Sutri e Nepi nel 1556; fu in seguito creato cardinale con il titolo di Santa Maria sopra Minerva (1557). Nel 1558 divenne Grande Inquisitore e due anni dopo vescovo di Mondovì.
Il 7 gennaio 1566, fu inaspettatamente eletto Papa grazie ad un accordo stabilito fra i cardinali Federico Borromeo (1564-1631) e Alessandro Farnese (1520-1589). La sua elezione fece tremare la Curia romana e non solo quella. Serietà e inflessibilità iniziarono immediatamente: niente festeggiamenti e sontuosi banchetti per solennizzare l’elezione pontificia.
Cercò, con ogni mezzo, di migliorare i costumi della gente emettendo bolle, punendo l’accattonaggio, vietando le dissolutezze del carnevale, cacciando da Roma le prostitute, condannando i fornicatori e i profanatori dei giorni festivi. Per i bestemmiatori furono previste sanzioni economiche e corporali. Difese strenuamente il vincolo matrimoniale, infliggendo punizioni agli adulteri. Ridusse il costo della corte papale, impose l’obbligo di residenza dei vescovi e affermò l’importanza del cerimoniale. Le sue decisioni furono di enorme importanza: rafforzò gli strumenti della Controriforma per combattere l’eresia ed il Protestantesimo e diede nuovo impulso all’Inquisizione romana.
Risoluto e onesto, piemontese tutto d’un pezzo, fu rigido oppositore del nepotismo. Ai numerosi parenti accorsi a Roma con la speranza di ottenere da lui qualche privilegio e beneficio economico, Pio V disse che un parente del Papa può considerarsi sufficientemente ricco se non conosce la miseria.
Fu lui, l’11 aprile 1567, a dare  il titolo di dottore della Chiesa a san Tommaso d’Aquino (1225-1274). Nel 1568 lo stesso titolo fu concesso anche a quattro Padri della Chiesa d’Oriente: sant’Atanasio (295 ca.- 373), san Basilio Magno (329-379), san Giovanni Crisostomo (344/354-407) e san Gregorio Nazianzeno (329 – 390 ca.). Da questi suoi atti si evince la sua ferma volontà di custodire in sommo grado l’integrità della Fede e di difendere la Chiesa dagli avversari e dalle eresie, ben sapendo che il consenso nei suoi confronti avrebbe ricevuto duri colpi: la sua intransigenza e il suo zelo gli valsero molti nemici in tutta Europa e oltre. Celebri sono rimaste le volgari pasquinate dileggianti la sua persona.
Fu coraggioso difensore dei diritti giurisdizionali della Chiesa e per questo si scontrò con Filippo II di Spagna (1527-1598). Durante le guerre di religione in Francia, sostenne i cattolici contro gli ugonotti, mentre in Inghilterra appoggiò la cattolica Maria Stuarda (1542-1587) contro l’anglicana Elisabetta I (1533-1603), che scomunicò nel 1570 con la bolla Regnans in Excelsis.
Non ebbe paura della violenza musulmana e preoccupato delle mire geopolitiche dei turchi, promosse la «Lega Santa» dei principi cristiani contro la mezzaluna, unendosi in alleanza con Genova, Venezia e Spagna. Le forze navali della Lega si scontrarono, il 7 ottobre 1571, con la flotta ottomana nelle acque al largo di Lepanto, riportando una memorabile vittoria, che si verificò grazie, soprattutto, alla crociata di Rosari che erano stati recitati per ottenere l’aiuto divino. La vittoria venne comunicata “in tempo reale”: Pio V ebbe, infatti, una visione, dove vide cori di Angeli intorno al trono della Beata Vergine che teneva in braccio il Bambino Gesù e in mano la Corona del Rosario. Dopo l’evento prodigioso – era mezzogiorno – il Papa diede ordine che tutte le campane di Roma suonassero a festa e da quel giorno viene recitato l’Angelus a quell’ora. Due giorni dopo un messaggero portò la notizia dell’avvenuto trionfo delle forze cristiane. Il 7 ottobre del 1571 venne celebrato il primo anniversario della vittoria di Lepanto con l’istituzione della «Festa di Santa Maria della Vittoria», successivamente trasformata nella «Festa del Santissimo Rosario».
San Pio V nella sua vita non cercò mai altri interessi che quelli del Regno di Dio e prima di spirare dichiarò ai cardinali, radunati intorno al suo letto: «Vi raccomando la santa Chiesa che ho tanto amato! Cercate di eleggermi un successore zelante, che cerchi soltanto la gloria del Signore, che non abbia altri interessi quaggiù che l’onore della Sede Apostolica e il bene della cristianità».

----------

lunedì 29 aprile 2013

2295 - Commento al Vangelo del 29/4/2013


+ Dal Vangelo secondo Matteo (11,25-30)
In quel tempo, Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
La festa liturgica di Santa Caterina da Siena ci riporta indietro nel tempo, quando a causa di iniziative egoiste di diversi Cardinali si arrivò ad avere ben tre Papi contemporaneamente. L’iniziativa partì dal francese Bertrand De Got, Arcivescovo di Bordeaux, era in amichevoli rapporti col re di Francia e, desideroso di diventare Pontefice, si arrese completamente ai suoi desideri. Il primo atto fu quello di inviare ai Cardinali elettori la volontà di trasferire in Francia il papato, perché egli desiderava essere incoronato nella sua patria. Avvenne a Lione il 14 novembre 1305 e si chiamò Clemente V (1305-1314).
Egli trasferì la sede papale prima a Lione e poi definitivamente in Provenza, ad Avignone. Clemente V subito dopo la sua elezione nominò ben 9 Cardinali francesi, parenti e amici del re, in modo da consentire la maggioranza dei francesi in seno al collegio dei Cardinali. Per più di settant’anni Roma fu abbandonata a se stessa, nelle lotte tra fazioni, e lo Stato della Chiesa sfuggì quasi completamente alla sovranità pontificia in una tale decadenza che rendeva addirittura impossibile un ritorno della Curia a Roma in un prossimo futuro.
Il Papa Clemente V invece di governare la Chiesa e di preoccuparsi dei valori cristiani, accettò l’imposizione del re di sciogliere i Templari e di rubarne le ricchezze. Il papato era troppo invischiato nelle cose temporali, tanto debole che ben sette Papi rimasero per settantadue anni ad Avignone ignorando la Tradizione di Roma come sede del Papa, dal 1305 al 1377.
Il ritorno del Papa a Roma vede la risolutezza di una donna intrepida e altamente spirituale, la quale nel 1376 si recò ad Avignone e convince Papa Gregorio XI. Erano state intense anche le suppliche del Petrarca, ma la vera protagonista del definitivo ritorno del papato a Roma fu Santa Caterina da Siena. Questa grande mistica era mossa in modo straordinario dallo Spirito Santo, le sue parole erano infiammate di amore per la Trinità e non temeva nessuno pur di adempiere quanto Le veniva comandato.
Santa Caterina da Siena sfidò ogni avversità in Francia, riuscì nel difficile impegno di bloccare le richieste tutte umane dei Cardinali francesi che si opponevano alla volontà di Dio e il 13 settembre 1376 Gregorio XI lasciò Avignone. Da Marsiglia il Papa arrivò per mare a Genova, il 17 gennaio 1377 fece il suo solenne ingresso a Roma, prendendo residenza in Vaticano. Da allora il Vaticano sostituì il Laterano.
Ma non si fermarono le lotte intestine nella Chiesa, dopo la morte di Gregorio XI nel 1378 fu eletto Papa un italiano, Bartolomeo Prignano, che assunse il nome di Urbano VI. Il nuovo Papa volle ristabilire la disciplina ecclesiastica e sottrarre il papato all'influenza della Francia. Ma i Cardinali francesi che erano la maggioranza si ribellarono e dichiararono nulla la sua elezione, subito elessero un antipapa, Clemente VII. La Chiesa era divisa in due, in Italia si seguiva un Papa, in Francia un altro.
A quel punto diversi Cardinali si radunarono nel Concilio di Pisa (1409), decisero di deporre i due Papi, considerandoli scismatici e ne nominarono un terzo, Alessandro V. Alla morte di Alessandro V subito si elesse un altro antipapa, Giovanni XXIII, nel 1409 la Chiesa aveva tre Papi, eletti da diversi gruppi di Cardinali, ma queste elezioni furono ritenute invalide e si chiesero le dimissioni di tutti e tre, solo Giovanni XXIII resistette e fuggì ma venne preso e deposto.
Nel frattempo e per la risoluzione, era intervenuto l'imperatore Sigismondo di Ungheria, poi imperatore del S. R. Impero, che convinse uno dei Papi a convocare un Concilio ecumenico a Costanza (1414), fu solo così che quel Concilio depose i tre Papi ed elesse come nuovo Papa Martino V (1417-1431). Si concluse così il Grande Scisma di Occidente (1378-1417).
Quante tribolazioni ha conosciuto la Chiesa di Dio, ma queste dei tre Papi non sono state quelle più pericolose, per esempio la Beata Caterina Emmerick nel 1820 in una visione ha sentito Gesù che lamentava una situazione futura nella Chiesa e che proprio noi stiamo vivendo in questi giorni.
Mi è stata inviata una mail con un breve estratto dal libro di un direttore di una radio cattolica. Questa la profezia avuta dalla Beata Caterina Emmerick nel 1820 da Gesù:
«“Vidi una forte opposizione tra due Papi… e vidi quanto funeste sarebbero state le conseguenze di quella falsa Chiesa… Essa diventava sempre più grande; eretici di ogni sorta arrivavano alla città di Roma; i chierici accrescevano il proprio lucro, vi era una grande oscurità... Vidi che la Chiesa di Pietro veniva minata dal piano di una setta”.
La Chiesa si trova in grande pericolo. Dobbiamo pregare perché il Papa non vada via da Roma, verranno innumerevoli mali se lo fa… Quando sarà prossimo il regno dell'anticristo, comparirà una religione falsa che andrà contro l’unità di Dio e della sua Chiesa. Questo causerà il più grande scisma mai visto nel mondo”.
“Vidi che un certo numero di pastori accettavano idee pericolose per la Chiesa. Costruivano una strana, stravagante Chiesa. Chiunque veniva accettato al fine di unirsi e avere gli stessi diritti: evangelisti, cattolici, sette di qualunque credo. Tale doveva essere la nuova Chiesa... ma Dio aveva altri progetti...”».
Queste parole di Gesù sono troppo dolorose leggerle, le ha dette alla Beata per spingere i cattolici alla preghiera intensa e costante. Per preparare i cristiani autentici a non abbandonare la sua Barca nel tempo delle tribolazioni, quando la Chiesa sembrerà finita e simile alle altre Religioni del mondo. La Chiesa Cattolica è stata e sarà l’unica vera Chiesa fondata da Dio e contiene il Deposito intero della sua Rivelazione.
La profezia della Beata Caterina Emmerick è dura e dolorosa, ma è questa, non possiamo che pregare e rimanere vigilanti su quanto sta per accadere nel mondo, nelle religioni e, non per ultimo, nella nostra Madre Chiesa.
Dio ha sempre mandato grandi Santi nei periodi di tribolazione nella Chiesa, negli ultimi decenni ha inviato sua Madre nel mondo per ripetere le Verità del Vangelo, per prendere per mano l’umanità e condurla nel Cuore di Gesù. Ma quanti ascoltano la Mediatrice delle Grazie? Dobbiamo pregare anche i potenti nostri intercessori, non dimentichiamo la Patrona d’Italia e d’Europa, Santa Caterina da Siena.
Dio non abbandona nessuno, non lascia la sua Chiesa nella tribolazione. Tutti noi siamo chiamati a fare apostolato animati dalla sana dottrina, diventare missionari nei luoghi che frequentiamo ed aiutare la Madonna aumentando le preghiere e avvicinandoci maggiormente all’adorazione dell’Eucaristia.
Con la Corona in mano chiediamo alla Madonna di sostenere la Chiesa quando arriveranno i tempi di gravissima tribolazione.

Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
------------

2294 - Sant' Ugo di Cluny, Abate

Le notizie su questo santo abate dell’abbazia benedettina di Cluny in Francia, fondata nel 910 da Guglielmo il Pio, duca di Aquitania, ci pervengono da ben quattro ‘Vite’ tutte scritte dal 1120 al 1125, praticamente quasi contemporanee, essendo s. Ugo morto nel 1109. 
Egli nacque nel 1024 a Brionnais nella diocesi di Autun, primo degli otto figli del conte Dalmazio di Semur e imparentato con i duchi di Aquitania e con i conti di Poitou. 
Contrariamente ai desideri paterni di farlo diventare un cavaliere, Ugo appoggiato dalla madre, si indirizzò verso gli studi, insistendo riuscì ad entrare nel convento di S. Marcello di Chalon nel 1037, per ricevere un’adeguata educazione. 
Questo convento era stato donato a Cluny da un suo parente, il vescovo di Auxerre, Ugo conte di Chalon. Nel 1039, vincendo ancora l’opposizione del padre, entrò a 15 anni, come novizio nell’abbazia di Cluny e qui nel 1044 a venti anni fece la sua professione e ordinato sacerdote; tre o quattro anni dopo a soli 24 anni, divenne priore maggiore nella celebre abbazia. 
Nel 1048 venne inviato in Germania in missione presso l’imperatore Enrico IV, era ancora in viaggio, quando il 1° gennaio 1049 morì l’abate di Cluny, s. Odilone, Ugo fu eletto come successore il 20 febbraio, insediandosi due giorni dopo. 
Il suo abbaziato durò moltissimo, circa 61 anni e fu diviso tra i periodi trascorsi a Cluny ed i numerosi viaggi nelle varie Case dell’Ordine benedettino, dipendenti dall’abbazia cluniacense e in vari Paesi stranieri; come è noto i viaggi di allora erano fatti a piedi o a dorso di mulo o cavallo, quindi i tempi erano lunghi ed i percorsi pieni di pericoli e difficoltà. 
I suoi viaggi e le date sono state accuratamente tracciate in tutti i particolari, da studiosi della materia; nel 1049 fu a Reims per il Concilio là svoltasi; poi accompagnò fino a Roma il papa Leone IX dove prese parte al Sinodo del 1050; nella Pasqua del 1051 si trovava a Colonia per il battesimo del figlio dell’imperatore Enrico III. 
Ancora lo si trova in Ungheria per fare opera di riconciliazione fra l’imperatore suddetto ed il re Andrea I, durante il viaggio di ritorno, fu catturato dai banditi e liberato poi dopo il pagamento di un riscatto. Nel 1055 e 1056 partecipò a dei Concili in Italia e in Francia; negli anni successivi fu di nuovo a Roma ad un Sinodo e a Firenze per la morte di papa Stefano IX; partecipò al Concilio Lateranense del 1059, presiedette in Francia alcuni Concili Provinciali, tornò a Roma per il Sinodo del 1063, poi è di nuovo in Francia con s. Pier Damiani, che partecipa al Concilio di Chalon, per dirimere una controversia instauratasi tra Cluny e il vescovo di Mâcon. 
Continuando in questa incredibile missione itinerante, tanto faticosa per quell’epoca, Ugo prosegue nella sua opera di legato pontificio nel Mezzogiorno della Francia; nel 1072 è alla Dieta di Worms in Germania, e nel 1073 è in Spagna. Negli anni successivi farà da mediatore tra il papa e l’imperatore a Canossa, incontrerà nei loro luoghi di residenza Guglielmo il Conquistatore, papa Gregorio VII, l’imperatore Enrico IV, il re di Spagna Alfonso VI; nel 1093-94 è al monastero di S. Biagio nella Foresta Nera. 
Quando risiede a Cluny, accoglie papa Urbano II nel 1095, s. Anselmo d’Aosta nel 1097, papa Pasquale II nel 1106. Concluse la sua laboriosissima vita ad 85 anni, il 29 aprile 1109 a Cluny. 
Durante il periodo della sua carica di abate, Cluny raggiunse il suo massimo splendore, nonostante che la stessa abbazia risentì per altri versi, delle sue continue e prolungate assenze; Ugo non era incline ad allargare ulteriormente le fondazioni monastiche, che si ricollegavano all’abbazia madre di Cluny, specie se lontane come in Inghilterra; ad ogni modo se splendore vi fu, dopo la sua morte cominciò un periodo di decadenza di Cluny, che gli studiosi fanno risalire già ad alcune iniziative di Ugo. 
Infatti l’Abbazia fu ridimensionata nel numero di monaci, perché molti furono mandati a popolare le nuove fondazioni; una conseguenza fu che si abbreviò il tempo del noviziato e il tempo della formazione e già nel 1075-1086 la Comunità del monastero dava segni di stanchezza; il progredire della prosperità materiale, provocò fra i monaci una diminuzione dello spirito di povertà e di austerità e un interesse maggiore verso le costruzioni; si mendicava, più che lavorare. 
La provvisoria decadenza dell’Istituzione, com’è nella logica delle cose terrene e che accadde dopo un periodo di splendore, fu certamente ritardata dalla forte personalità del santo abate, durante i sessanta lunghi anni del suo governo. 
Per quanto riguarda il culto, per s. Ugo c’è una particolarità; quando all’inizio del 1120, papa Callisto II visitò Cluny, gli venne chiesto, in base ad alcuni documenti, di riconoscere la santità del grande abate, santità che fino a pochissimo tempo prima, veniva perlopiù dichiarata a grande richiesta popolare. 
Il papa non ritenne sufficienti i documenti presentati e chiese allora un interrogatorio di testimoni; questo è uno dei più antichi casi di una ricerca storica preliminare ad una canonizzazione. Soddisfatto ciò il papa il 6 gennaio dello stesso anno 1120, dichiarò santo Ugo di Cluny, fissandone la festa al 29 aprile. 
Successivamente in parecchi monasteri benedettini, la festa fu unificata nello stesso giorno, per i quattro santi abati di Cluny, Oddone, Maiolo, Odilone e Ugo. La grande reputazione del santo abate, fu associata a quella di altri due grandi personaggi della Chiesa, suoi contemporanei, papa s. Gregorio VII (1020-1085) e s. Anselmo d’Aosta (1033-1109). 
Le sue reliquie furono nel 1220 deposte in una cassa per la venerazione dei fedeli, su autorizzazione di papa Onorio III. Nel 1562 gli Ugonotti (in Francia, i protestanti seguaci di Calvino) saccheggiarono l’abbazia di Cluny e il corpo del santo, dopo un tentativo di salvataggio portandolo nel castello di Lourdon, fu bruciato e disperso al vento con altre reliquie; si salvò solo un frammento del femore.

--------

domenica 28 aprile 2013

2293 - Commento al Vangelo del 28/4/2013, domenica 5^ di Pasqua


+ Dal Vangelo secondo Giovanni (13,31-35)
Quando Giuda fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’Uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in Lui. Se Dio è stato glorificato in Lui, anche Dio Lo glorificherà da parte sua e Lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un Comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come Io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri». 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Come ho avuto modo di precisare in passato, voglio evidenziare nuovamente la libera scelta di Giuda di assumere un atteggiamento avverso a Gesù, fino ad arrivare al tradimento. Il buonismo che fuoriesce da numerosi teologi afferma il contrario e questo non è onesto né si presta un umile servizio alla Verità. Il tradimento di Giuda non era necessario né fatale la sua colpa, non esiste una determinazione esterna nella sua scelta. Lui scelse liberamente il deicidio.
Era un Apostolo che cercava di portare Gesù verso le sue convinzioni, purtroppo i suoi pareri erano sempre e solo opposti alla volontà di Dio. Si tratta di uno dei Dodici, un uomo che rimase tre anni con Gesù e che nel suo Nome compì anche miracoli. Si può affermare tranquillamente che Giuda fu un eretico, il precursore dei modernisti, negò tutte le Verità rivelate da Gesù.
Non sorprendiamoci quindi quando la Parola viene manipolata da teologi che forse non hanno mai incontrato il Volto di Gesù nella preghiera, che hanno come unico metro di valutazione i loro pensieri. Per mezzo di questi teologi modernisti nella Chiesa si è creato una confusione irragionevole, vengono anche negate le Verità rivelate dal Signore.
Sta di fatto che Gesù dice queste parole dopo l’uscita di Giuda dal Cenacolo, non alla presenza di chi Lo tradisce: Ora il Figlio dell’Uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in Lui”. È l’assenza di Giuda a dare inizio con il tradimento alla Passione di Gesù, o è appunto l’andare del traditore verso i nemici di Dio? Tutte e due le cose, l’assenza di Giuda nel Cenacolo indica la sua presenza nel luogo delle vipere già pronte ad uccidere il Signore.
Ogni cristiano che non si trova alla presenza di Dio, è in una fase di contrarietà e di rifiuto del Vangelo. Stare alla presenza di Dio significa avere la piena convinzione che Dio vede ed ascolta tutto, non c’è nulla che possa sfuggire alla sua Onnipotenza, quindi, riconoscere la sua presenza in ogni istante della nostra vita comporta un maggiore controllo dei pensieri, delle parole, delle opere.
Anche molti cristiani per debolezza cadono nei giudizi temerari e non se ne curano, loro sono convinti che nessuno ne è a conoscenza… Invece Dio ascolta tutto, conosce perfettamente i pensieri di ogni essere umano ed agisce di conseguenza: quelli che hanno pensieri buoni e miti ricevono benedizioni, altri che mentalmente giudicano, provano invidia maliziosa, pensano brutte cose… non ricevono benedizioni e si allontanano sempre più dall’Amore di Gesù.
Oggi il Vangelo ci parla del Comandamento nuovo, Gesù rivela agli Undici rimasti nel Cenacolo che sono suoi seguaci quando si amano veramente. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”. Gesù spiega l’importanza dell’amore tra i cristiani quando Giuda è già andato via, alla sua presenza non vuole parlare della condizione indispensabile per rimanere nel Cuore del Signore.
Si è cristiani quando si ama, si perdona, si aiuta, si gioisce della realizzazione altrui, si pensa bene di tutti senza pensieri ambigui.
Non è facile raggiungere uno stato spirituale elevato, non si nasce Santi, anche essi hanno faticato parecchio per vincere l’istinto e le tentazioni. Per amare tutti, anche quelli che ci fanno del male, è indispensabile purificarci interiormente, riparare i peccati commessi e già confessati con l’abituale pratica della bontà, dell’umiltà, della docilità e con una costante e amorosa preghiera.
Questa è la condizione per restare in comunione con Gesù, mentre chi compie del male sceglie di non rimanere nel Cuore del Signore.
Comprendo che in molte circostanze venite coinvolti in dispute e litigi anche tra familiari, questo può avvenire, dobbiamo però vedere in che modo rispondiamo noi. In qualsiasi ambiente avvengono incomprensioni e litigi, non c’è più pace nel mondo. La cattiveria degli altri o la loro ambiguità non deve però farci cadere nelle stesse ingiustizie, noi non seguiamo “l’occhio per occhio” (Es 21,24), ma “amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori” (Mt 5,44).
Gesù oggi ci consegna un Comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri”. Ci invita ad agire da cristiani in ogni circostanza, senza perdere la lucidità e il controllo. Gli altri possono arrecarci tanto male, noi però siamo chiamati a rispondere con l’amore, amiamo sempre anche in quei casi gravi in cui è indispensabile rivolgersi all’autorità per ricevere protezione e un giudizio in materia grave.
È difficile oggi amare perché il mondo conosce l’odio, con l’aiuto della Madonna mostriamo a tutti che è possibile amare e perdonare.

Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
-----------

2292 - San Pietro Chanel Sacerdote e martire

Futuna è una piccola "espressione geografica", una minuscola isola indicata negli atlanti con un puntino tra l'equatore e il tropico del Capricorno nell'immenso Oceano Pacifico, un frammento delle Isole Figi. Oggi nel possedimento francese, meta di turisti amanti dell'esotico, la popolazione interamente cattolica vive una vita pacifica. Ma 175 anni fa, e precisamente il 12 novembre 1837, quando vi sbarcò fortunosamente il missionario marista Pietro Chanel, in compagnia di un confratello laico, l'isoletta divisa in due da una montagna centrale e da due tribù perennemente in guerra non era affatto un approdo turistico.
Solo il coraggio e la carità di un uomo di Dio potevano scegliere quella meta con tutti i rischi che comportava. Qui infatti Pietro Chanel avrebbe concluso la sua avventura di evangelizzatore, abbattuto a colpi di randello e di ascia il 28 aprile 1841 dal genero del capo tribù, Musumusu, irato perché tra i convertiti al cristianesimo figuravano già alcuni componenti della sua stessa famiglia.
Pietro Chanel era nato in Francia a Cuet il 12 luglio 1803. A dodici anni, seguendo l'invito di uno zelante parroco, Trompier, iniziò gli studi seminaristici, che gli consentirono di entrare nel 1824 nel seminario maggiore di Bourg, dove ricevette tre anni dopo l'ordinazione sacerdotale. Avrebbe voluto recarsi subito in terra di missione, ma il suo vescovo aveva estremo bisogno di sacerdoti. Fu vicario ad Amberieu e a Gex, legandosi a un gruppo di sacerdoti diocesani, i maristi, che traducevano nello stesso ambito parrocchiale l'ideale missionario, sotto la guida di P. Colin.
La Società di Maria, approvata dal papa nel 1836, ebbe tra i primi membri P.Chanel, che nello stesso anno si imbarcò da Le Havre alla volta di Valparaiso, con destinazione Oceania.
Quando la nave toccò Futuna, Pietro Chanel ebbe l'invito di scendere a terra e restarci, in compagnia del fratello laico Nicezio, ventenne.
Fu una lenta e paziente penetrazione nel piccolo mondo di quella gente così diversa per abitudini di vita e mentalità. L'annuncio del Vangelo cominciò tuttavia a far presa nelle giovani generazioni. Ma questo successo segnò al tempo stesso il riacutizzarsi dell'ostilità delle vecchie generazioni. Il tributo di sangue di S. Pietro Chanel fu il prezzo per aprire finalmente le porte all'evangelizzazione dell'intera isola. Il nuovo martire cristiano, beatificato il 17 novembre 1889, fu iscritto nell'albo dei santi il 12 giugno 1954 e dichiarato patrono dell'Oceania.

----

sabato 27 aprile 2013

2291 - Commento al Vangelo del 27/4/2013


+ Dal Vangelo secondo Giovanni (14,7-14)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Nessun essere umano potrà mai dire che è in grado di mostrarsi attraverso più persone, ogni anima creata da Dio dal nulla deve necessariamente abitare un corpo e non più corpi. Una persona è tale perché ha una propria identità, anche un’anima per chi crede, ma non esiste una persona con due anime o due anime in una persona. L’uomo ha molti limiti, è una creatura che non esisteva e ha cominciato ad esistere nel tempo.
Dio ha creato tutto dal nulla ed è talmente infinito da poter essere Uno nella sostanza e Trino nelle Persone. Questo spiega la Parola di Gesù: Chi ha visto me, ha visto il Padre”. Hanno lo stesso Spirito, la stessa volontà, lo stesso Amore.
Il Figlio non è diverso dal Padre nella sostanza, però è stato inviato nel mondo per supplire alle mancanze delle creature che si erano ribellate al progetto iniziale e avevano cercato la divinità nella materia, finanche negli animali. Il Figlio viene nel mondo e prende necessariamente un Corpo, nasce da una Vergine perché inevitabile la nascita da una Donna Immacolata e Pura. Come Uomo si chiama Gesù e diventa il perdono del Padre. Gesù è un dono per noi, un perdono del Padre.
Gesù esiste come Uomo nel tempo, ha due nature e una sola Persona Divina, condividendo con il Padre la stessa sostanza.
Questa la ragione della ripetuta catechesi che fa Gesù agli Apostoli nell’Ultima Cena per far comprendere che Lui e il Padre sono una cosa sola. Non era chiaro prima a Tommaso, come abbiamo visto ieri, oggi è Filippo a chiedere lumi sul Padre. Chiede che Gesù mostri il Padre per comprendere pienamente l’insegnamento, ma è una pretesa inopportuna perché occorre fidarsi del Maestro se si vuole fare parte della sua Chiesa.
I cristiani autentici accettano l’autorità di Gesù e tutte le Verità da Lui rivelate, per questo non le manipolano né le stravolgono.
È una mancanza di speranza dubitare delle parole di Gesù, Egli ci darà sempre le Grazie necessarie ma non siamo noi a stabilire cosa è veramente essenziale. Quando si perde la speranza si cade nella presunzione e nello sconforto, non è tale l’atteggiamento di Tommaso e Filippo, lo è invece quello dei cristiani che abbandonano Dio e la preghiera quando non ottengono qualcosa.
Essi non si pongono alcuna domanda sensata quando perdono la speranza, diventano come burattini manovrati da satana e si ribellano alla vera preghiera. Magari continuano a frequentare la Messa festiva, senza più possedere la Fede viva che promette anche i miracoli impossibili. Infatti, non è raro leggere storie o sentire testimonianze di persone sconfortate perché pensavano di avere già ottenuto una Grazia richiesta, e questa si chiama presunzione, è una pretesa di avere una Grazia senza avere le carte in regola davanti a Gesù.
La cosa curiosa è che cadono nella presunzione anche quelli che non si accorgono che una Grazia non arriva per problemi personali e non per un divieto posto da Gesù. Lui è sempre disponibile a donare, soprattutto quando intercede sua Madre, vuole rendere felici quelli che pregano. Essi però perdono la speranza quando non ottengono qualcosa che già presumevano di avere ottenuto.
L’umiltà è necessaria davanti a Dio, la Fede vera fa pregare anche quando si prova una delusione causata da se stesso.
Gesù non ci traccia solo un ideale, non ci parla come un maestro terreno, non appaga solo un nostro vago desiderio di elevazioni spirituali. Egli ci mostra la Via dell’eternità, la Via che ci porta al Padre, ci rivela le Verità Divine e assolute, ci vivifica con la sua stessa Vita nei Sacramenti e specie nell’Eucaristia.
Non perdiamo la speranza e non dubitiamo come Filippo, noi sappiamo che il Figlio è nel Padre e il Padre nel Figlio, le Divine Persone sono strettissimamente presenti l’una all’altra, perché d’una sola sostanza e aventi le stesse operazioni. Credete a me: Io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse”.
Chi ha una grande Fede in Gesù ottiene grandi miracoli: “Chi crede in me, anch'egli compirà le opere che Io compio e ne compirà di più grandi di queste”. Perché Gesù non aveva bisogno di avere Fede per compiere miracoli, i suoi discepoli necessitano della Fede per ottenere miracoli. Ma tutto è possibile per chi crede e vive nell'umiltà, mentre la superbia allontana Gesù dai cuori.
Chi ha Fede ottiene: “Qualunque cosa chiederete nel mio Nome, la farò. Se mi chiederete qualche cosa nel mio Nome, Io la farò”.

Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
-----

2290 - San Simeone di Gerusalemme Vescovo e martire

E' il secondo capo della primitiva comunità cristiana di Gerusalemme. Il secondo vescovo, come lo chiama nella sua Storia ecclesiastica Eusebio di Cesarea. Il primo è stato l’apostolo Giacomo di Alfeo, detto il Minore, ucciso nell'anno 63. Tuttavia non sembra che Simeone sia stato chiamato subito a succedergli. L’epoca, infatti, è quella del travaglio all'interno del mondo ebraico, che precede la rivolta armata contro il dominio romano. Segue poi la spietata repressione militare, sotto il comando del futuro imperatore Tito, con la devastazione della Città Santa, e col Tempio saccheggiato e distrutto.
L’elezione di Simeone è stata riferita da Egesippo, uno dei primissimi scrittori cristiani, forse palestinese, giunto a Roma verso la metà del II secolo. E sulle sue informazioni lo storico Eusebio scrive: «Dopo il martirio di Giacomo e la caduta di Gerusalemme che subito seguì, narra la tradizione che gli apostoli e i discepoli del Signore che erano ancora in vita [...] si unirono ai parenti del Signore (la maggior parte dei quali era ancora in vita a quel tempo) e tennero consiglio tutti insieme per decidere chi giudicare degno di succedere a Giacomo. All’unanimità tutti designarono vescovo Simeone, figlio di Cleofa che è menzionato nel Vangelo» (Storia ecclesiastica, III,11). Simeone è dunque figlio di Cleofa; è uno dei due discepoli che sulla strada di Emmaus incontrarono il Risorto, senza dapprima riconoscerlo, come scrive san Luca. È ritenuto parente di Gesù attraverso la moglie, forse cugina di Maria di Nazareth.
Simeone è dunque chiamato a guidare l’unica comunità cristiana formata interamente da ebrei, e costretta alla migrazione dopo la distruzione di Gerusalemme. La sua terra di rifugio è Petra di Perea, oltre il Giordano, dove una parte dei profughi fisserà la sua dimora. Lunghissima è la vita di Simeone (si parla di 120 anni), ma della sua opera sappiamo poco. Al tempo di Vespasiano e Domiziano (padre e fratello di Tito), Roma ordina ricerche sui parenti di Gesù: ma solo perché, insieme ad altri, sono discendenti dalla stirpe di Davide, e per ciò stesso sospetti a chi ora ne occupa il regno. Ci sono denunce e arresti, ma nulla si dice di Simeone. Per lui il tempo della prova arriva con uno degli imperatori più illuminati, lo spagnolo Ulpio Traiano, che regna dal 98 al 116. Come i predecessori, considera i cristiani un pericolo per lo Stato, ma vieta le persecuzioni generali: dovranno essere colpiti solo su regolare denuncia.
E per Simeone la denuncia arriva, forse per opera di eretici, dice Eusebio di Cesarea: «Accusarono Simeone, figlio di Cleofa, di essere discendente di Davide e cristiano: egli subì così il martirio, all’età di 120 anni, sotto Traiano Cesare e il console Attico»: quest’ultimo governava la Giudea e seguì di persona il giudizio e l’esecuzione, meravigliandosi per il coraggio di Simeone nei “molti giorni” delle torture, alle quali seguì la crocifissione.

------

venerdì 26 aprile 2013

2289 - Commento al Vangelo del 26/4/2013


+ Dal Vangelo secondo Giovanni  (14,1-6)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella Casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono Io siate anche voi. E del luogo dove Io vado, conoscete la via». Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la Via, la Verità e la Vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me». 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Questo discorso è la continuazione di un lungo insegnamento avvenuto nel Cenacolo la sera del Giovedì Santo, subito dopo l’allontanamento di Giuda e prima del suo tradimento, oramai posseduto completamente da satana, tanto che San Giovanni scrive che dopo quel boccone, satana entrò in lui” (Gv 13,27), frase che racchiude una verità più drammatica, appunto la reale possessione.
Quindi, prima del dialogo presentato dal Vangelo di oggi, Gesù aveva inoltre lavato i piedi a semplici uomini: “Se dunque Io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri”(13,14) e risposto a Pietro alla sua ansiosa domanda: “Signore, dove vai?”, con queste parole: “Dove Io vado per ora tu non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi” (Gv 13,36).
Questo è avvenuto nel capitolo 13, oggi meditiamo il capitolo 14. L’ambiente quindi è il cenacolo.
L’angoscia di Pietro e la successiva domanda disorientata di Tommaso scaturiscono da questa espressione di Gesù: “Vado a prepararvi un posto”. Il Signore si appresta a lasciare gli Apostoli ed essi non hanno ancora focalizzato bene la lunga predicazione ascoltata per tre anni. Figuriamoci come deve essere maggiormente impegnativo per i cristiani di oggi inquadrare correttamente il Vangelo e centrare il nucleo fondamentale.
Prima di indicare in modo esplicito il suo ritorno al Padre, Gesù tranquillizza gli Undici rimasti nel Cenacolo: Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”. La bontà del Signore è sempre presente in ogni circostanza, sempre incoraggia e mette pace, è Lui la bontà che si manifesta a poveri uomini. Consola tutti i cristiani a fidarsi di Lui per non avere mai scoraggiamenti e dubbi sulla sua presenza.
Nella Casa del Padre mio vi sono molte dimore”, così avvisa l’umanità di tutti i tempi ad accettare il Vangelo per trovare la salvezza eterna e vivere nella gloria di Dio. Tutti noi dobbiamo chiederci per quale fine si vive in questa vita. Oltre 6 miliardi di persone considerano questa l’unica esistenza e di conseguenza non si risparmiano nel vivere senza limiti e morale, non vogliono perdere nessuna occasione per dare sfogo alle passioni carnali.
Basterebbe porsi alcune domande sull’esistenza umana e sul creato, è possibile scoprire Dio partendo dall’esistente.
Noi cristiani consideriamo con devozione la Vita di Gesù e il suo instancabile apostolato per insegnare che c’è un Creatore e Lo chiama Padre, non più Dio come gli ebrei. Questo passaggio è importante nella sua predicazione e per la fede dei cristiani. Gli ebrei seguivano e adoravano un Dio vendicativo, Gesù invece Lo chiama Padre e ripete di continuo che è stato inviato da Lui, che i miracoli e le opere li compie nel Nome del Padre.
Gesù rimanda al Padre, “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30); “Chi ha visto me ha visto il Padre” (Gv 10,9).
Questo concetto non riesce a introdursi bene nella mente degli Apostoli, la loro ripetuta richiesta riguarda la destinazione di Gesù. Quando Tommaso chiede di conoscere almeno la via, la risposta è pronta: Io sono la Via, la Verità e la Vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”.
Non c’è altro modo per raggiungere la salvezza eterna se non attraverso Gesù, per gli appartenenti alle altre Religioni la via di salvezza è l’onestà e la loro fede nella ricerca della verità di Dio. E questo è abbastanza impegnativo, perché il Cristianesimo oggi si conosce un po’ ovunque. Ma non mettiamo limiti alla misericordia del Padre.
Già moltissimi cristiani hanno abbandonato l’unica Via di gioia e di pace per gustare i frutti velenosi dei piaceri mondani, quei piaceri che inizialmente elargiscono esultanza e disinvoltura, per poi fare emergere un profondo vuoto interiore e una amarezza bruciante.
L’uomo di oggi conosce molte vie trasgressive e di apparente allegrezza, tutte vie che più si frequentano più svuotano del bene che era rimasto nel cuore. Le vie del mondo pagano arrecano solo infelicità e disperazione.
Io sono la Via”. Gesù ci indica come vivere e le scelte migliori da compiere per non smarrire la gioia e la pace.
Io sono la Verità”. Il mondo si nutre di bugie e inganni, ovunque emergono persone ambigue. La Verità il mondo non la conosce.
Io sono la Vita”. Nessuno è in grado di donarci l’esistenza e di mantenerla, veniamo da Dio e a Lui daremo conto della nostra vita.

Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
------

2288 - San Raffaele Arnáiz Barón


Molta gente m’interroga a proposito del silenzio della Trappa e io non so che rispondere perché il silenzio della Trappa… non è silenzio, è un concerto sublime che il mondo non avverte”.
È una delle citazioni di Raffaele Arnáiz Barón: il primo "Oblato" trappista, morto a soli 27 anni, che sia stato elevato all'onore degli altari.
 
Egli nacque il 9 aprile 1911 a Burgos (E), primogenito dei 4 figli che l'ingegnere forestale Raffaele Arnáiz y Sanchez de la Campa, uomo molto colto e gioviale, ebbe da Donna Maria de la Mercedes Barón Torres, sua consorte, coltissima in musica e devotissima. Tutte le mattine si recava in chiesa per prendere parte alla Messa e fare la comunione. In famiglia catechizzava personalmente i figli e li preparava alla prima comunione.
Brillante, intelligente, innamorato della vita, Raffaele studiava con profitto, dapprima in un collegio di Gesuiti a Burgos e poi nelle Asturie. Mentre si preparava a diventare un bravo architetto, nel suo cuore si fece strada un altro richiamo: spesso si immergeva in profonda preghiera perdendo il senso del tempo, portava il cilicio e talvolta preferiva dormire per terra. Il desiderio di consacrarsi totalmente al Signore si fece più concreto dopo alcune visite ad una Trappa di Cistercensi.
Fu lo zio materno ad accogliere la prima confidenza di Raffaele circa il suo desiderio di farsi monaco. I genitori, che avrebbero preferito vederlo concludere gli studi, infine si adeguarono e a soli 23 anni vestì l’abito bianco dei novizi cistercensi a San Isidro di Dueñas. Pieno di salute e di vitalità, come sempre, scrive a casaOgni volta mi convinco sempre di più che Dio ha fatto la Trappa per me, e me per la Trappa. Raffaele viveva tutto con gioia, perché nel monastero è possibile unificarsi assolutamente e interamente alla volontà di Dio; vivere soltanto per amare e patire; essere ultimo in tutto eccetto che nell’obbedire.
 
In meno di un mese, si verificò in lui il crollo improvviso della salute con l'insorgenza nel suo organismo del diabete mellito. L'abate, il P. Félix Alonso, in seguito al parere del medico, impose al novizio di ritornare in famiglia perché si sottoponesse al dovuto trattamento. In otto giorni aveva perduto 24 chili di peso. In un primo momento Raffaele si oppose con tutte le forze alla decisione presa. Difatti, singhiozzando, si avvinghiò al P. Teofilo (Francesco) Sandoval Fernàndez, suo confessore e direttore Spirituale, e gli disse: Padre, voglio morire tra le sue braccia.
 
In famiglia Raffaele superò la fase acuta del diabete abbastanza rapidamente tanto che il 31 luglio poté fare ritorno a Sant' Isidro in occasione della festa del P. Abate, ma la speranza della guarigione era sfumata per sempre.
Amareggiato nel vedersi escluso dalla vita monastica, il 9 ottobre 1935 scrisse all'abate chiedendo la carità di essere accolto di nuovo nella Trappa come "Oblato". Potrà così vivere nel monastero e portarne l'abito semplificato, senza l'obbligo di quelle osservanze che sarebbero risultate incompatibili con le sue condizioni di salute.
Dimorerà in infermeria con l'impegno, da parte di suo padre, di versare ai trappisti dall'11 gennaio 1936, giorno del suo ritorno, una determinata mensilità per la copertura delle spese richieste dalle cure. Col voler essere ostinatamente trappista, contro qualsiasi indicazione di prudenza umana, il Raffaele testimoniò la sua eroica fedeltà a una divina chiamata di cui era sicurissimo.
Nel suo diario spirituale scriveva: Se il mondo immaginasse che martirio continuo è la mia vita! […] La mia vocazione è soffrire, soffrire in silenzio per il mondo intero, immolarmi in unione con Gesù per i peccati dei miei fratelli, per i sacerdoti, i missionari, per le necessità della Chiesa, per i peccati del mondo, per le necessità della mia famiglia.
 
Raffaele Arnáiz Barón morì il 26 aprile 1938 dopo 19 mesi e 12 giorni di permanenza nella Trappa. Fu sepolto nel cimitero della comunità, ma dal 18 novembre 1965 egli attende la risurrezione nel sepolcro nuovo che i confratelli gli hanno eretto nella chiesa abbaziale di Sant' Isidro.
 
Durante la sua esistenza Raffaele ha scritto moltissimo per esigenze del suo spirito, non in prospettiva editoriale. Le sue opere vanno a ruba e gli hanno procurato la fama di uno dei più grandi mistici del secolo XX.
Già avanti nel suo itinerario di grazia si lascerà sfuggire il grido:
Oramai non voglio che Dio, e la sua volontà sarà la mia... L'ansia di vedere Dio, l'impazienza dell'attesa, si perfezionano con la sottomissione assoluta alla sua volontà... Dio e la sua volontà: è l'unica realtà che occupa la mia vita”.
Vedo la sua volontà persino nelle cose più umili e piccole che mi succedono. Da tutto ricavo un insegnamento che mi serve per comprendere di più la sua misericordia verso di me. Amo svisceratamente i suoi disegni e questo mi basta”.
Vivendo sempre alla presenza di Dio, egli doveva trovare facile, sotto l'azione dello Spirito Santo, farne la volontà, abbandonarsi con gioia, anche nei momenti di ripugnanza umana e stanchezza, con Gesù sulla croce, ai disegni del Padre per la sua gloria e la salvezza del mondo.
 
Il Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005) ne riconobbe l'eroicità delle virtù il 7 settembre 1989 e lo beatificò il 27 settembre 1992; l'11 ottobre 2009, Papa Benedetto XVI lo ha proclamato Santo. 
-------

Medaglia di San Benedetto