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domenica 5 agosto 2012

1710 - Vita di Gesù (paragrafi 462-464)


Gesù nella Transgiordania

§ 462. Poco dopo la festa della Dedicazione, ossia nei primi giorni dell'anno 30, Gesù si recò in Transgiordania (Perea), precisamente nella zona ove Giovanni il Battista aveva amministrato il suo battesimo (§ 269) e vi si trattenne qualche tempo (Giovanni, 10, 40; cfr. Matteo, 19,1; Marco, 10, 1; Luca, 13, 31 segg.); di là tuttavia egli dovette in seguito irradiarsi per varie escursioni missionarie nelle par­ti settentrionali della Giudea, attraversando anche la Samaria e raggiungendo la Galilea, dalla cui direzione lo fa scendere Luca (17, 11) nel suo ultimo e definitivo viaggio verso Gerusalemme (§ 414). Perciò anche per questo periodo continua l'imprecisione di cronolo­gia e di topografia che già rilevammo, e la narrazione di Luca prosegue ad essere aneddotica (§ 415). Un tale una volta l'interroga: Signore, saranno pochi coloro che si salvano? - Gesù risponde impiegando idee che già abbiamo udite nel Discorso della montagna secondo Matteo (§ 333): Sforzatevi di entrare per la porta stretta, giacché molti cercheranno invano di en­trare quando il padrone, visto che gli invitati sono tutti giunti, si è levato da sedere ed è andato a chiudere l'uscio; allora sarà troppo tardi, e a quelli che busseranno per entrare sarà risposto: Non so donde siete! L'interrogazione fatta a Gesù risentiva dell'opinione diffusa a quei tempi nel giudaismo, che gli eletti fossero in numero molto minore dei reprobi. Gesù non respinge né approva tale opinione, ma solo invita a sforzarsi per entrare nella sala del convito non essendo facile l'ingresso. E’ vero che l'interrogante è giudeo, membro del popolo eletto e connazionale di Gesù: ma tale qualità non serve a nulla per avere un ingresso di favore. Prosegue infatti Gesù: Quando vi vedrete cosi esclusi, insisterete dicendo « Ma come? Abbiamo mangiato e bevuto insieme con te, e tu hai insegnato nelle nostre piazze!“ eppure vi sarà ancora risposto “Non so donde siete; lungi da me voi tutti operatori di iniquità” (§ 333). Voi ri­marrete là ove è pianto e stridore di denti, pur vedendo i vostri antenati Abramo Isacco e Giacobbe, nel regno di Dio. Né i posti lasciati vuoti da voi a quel convito rimarranno vuoti, giacché giungeranno altri invitati non giudei da Oriente ed Occidente, da Settentrione e Mezzodi, e s'assideranno a mensa nel regno di Dio!

§ 463 Si avvicinarono poi a Gesù alcuni Farisei e gli dissero in tono confidenziale: Va' fuori, allontanati di qua, perché Erode vuole ucciderti (Luca, 13, 31). Questo Erode è Antipa, l'assassino di Giovanni il Battista; trovandosi allora Gesù nella Transgiordania, era appunto sul territorio di lui: di qui il consiglio datogli da quei Fa­risei. Ma come stavano in realtà le cose? Aveva Antipa vera intenzione di mettere a morte Gesù? Molto probabilmente no, ché se l'avesse avu­ta, l'avrebbe eseguita con segretezza e facilità. Egli piuttosto comin­ciava ad esser seccato di quel Rabbi galileo, ricomparso adesso nel suo territorio a commuovere turbe e sovvertire istituzioni e che nella sua fisionomia morale rassomigliava tanto al Giovanni da lui ucciso; questa sua vittima doveva stargli sempre fissa davanti agli occhi, qua­si per continuare con più potenza il suo ufficio di censore, e il tetrarca non aveva alcun desiderio di disturbare ancor più le sue notti adulterine facendo una vittima anche di Gesù. Si allontanasse costui spontaneamente dal suo territorio, senza costringerlo a ricorrere alla forza. Ma come indurlo a questa partenza? C'erano i Farisei pronti a questo servizio; se com'è probabile (§ 292) - appunto essi si erano prestati come mediatori per attirare Giovanni il Battista sul territorio di Antipa e farlo catturare da lui, adesso in compenso fa­cessero la mediazione inversa inducendo Gesù ad allontanarsi con lo spauracchio della morte: e i Farisei si sarebbero prestati volentieri a questo servizio perché, attirato che avessero Gesù nella zona di Gerusalemme, più facilmente avrebbero fatto di lui ciò che volevano. Una fine astuta da volpe. Gesù infatti, sapendo benissimo come stavano le cose, rispose a quei premurosi Farisei: Andate a dire a questa volpe: “Ecco, scaccio demonii e compio guarigioni oggi e domani, e al terzo (giorno) son consumato; senonché e' necessario che oggi e domani e il dì seguente io cammini, perché non e' conveniente che un profeta perisca fuori di Gerusalemme”. La risposta da portare alla volpe, ossia ad Antipa, lo esortava a non preoccuparsi: Gesù avrebbe continuato la sua operosità taumaturgica, nel territorio del tetrarca o altrove, ancora due giorni e al terzo giorno l'avrebbe cessata ed egli stesso sarebbe stato consumato; ma questa consumazione della sua vita non sarebbe avvenuta nel territorio di Antipa bensì a Gerusalemme, tanto per rispettare il tragico privilegio di questa città di es­sere l'assassina dei profeti. Ancora una volta, dunque, Gesù si appella nettamente alle sue opere taumaturgiche come alle prove della sua missione; inoltre affer­ma che questa missione durerà ancora un giorno, un secondo giorno, e parte di un terzo. E’ questa indicazione di tempo soltanto vaga e generica (come, riferendosi al passato, si direbbe “ieri, l'altro ieri e tre giorni fa”), oppure vuole essere una delimitazione ben precisa? Il primo caso è certamente possibile, ma il secondo sembra più pro­babile; se Gesù pronunziava queste parole nel gennaio dell'anno (§ 462), circa due mesi e mezzo lo separavano dalla sua morte, e questi sarebbero i due giorni e mezzo qui accennati.



Condizioni per seguire Gesù


§ 464.
Luca continua nella sua raccolta di aneddoti. All'avvertimento da parte di Antipa, egli soggiunge il convito presso il Fariseo e le successive discussioni di cui già trattammo (§ 456 segg.); appresso ancora egli colloca una serie di condizioni per seguire Gesù, il quale le elenca un giorno ch'è seguito da numerose folle, mentre alcune di queste condizioni sono collocate altrove da Matteo. Esse si raggruppano in tre capi principali: l'amore per Gesù deve preva­lere nel suo seguace sull'amore per il proprio sangue e per tutte le persone che ne partecipano; deve prevalere sull'amore per la sua propria persona morale e fisica; deve prevalere sull'amore per i beni materiali. Se alcuno viene a me, e non odia il padre suo e la madre e la moglie e i figli e i fratelli e le sorelle e anche la sua propria vita non può essere mio discepolo. Chiunque non porta la sua croce e viene dietro a me (§ 400) - non può essere mio discepolo. Ognuno di voi che non rinunzia a tutte le sue sostanze - non può essere mio discepolo. Il Semita, per dire che egli amava meno Tizio che Caio, diceva che odiava Tizio in confronto di Caio (cfr. Genesi, 29, 30-33: Deuteronomio, 21, 15-17); in tal senso qui Gesù, nella prima condizione, di­ce che il suo seguace deve odiare le persone del suo proprio sangue. Probabilmente per effetto del lavoro redazionale la terza condizione (Luca, 14, 33) è staccata dalle altre due (14, 26-27), ed è preceduta da una doppia parabola che le illumina tutte e tre. Queste condizio­ni sono essenzialissime per entrare nella sequela di Gesù: ognuno dunque, avanti d'incamminarsi per seguirlo, faccia bene i suoi cal­coli e ponderi se è disposto ad osservarle, altrimenti non s'incammini. E infatti, chi è che voglia costruire una torre, e non faccia prima il computo delle spese per vedere se potrà sostenerle? Se invece co­mincerà senz'altro a costruire, gli potrà succedere che, gettate le fon­damenta, non abbia più denari per sovredificare; e allora la fab­brica rimasta a mezzo diventerà la favola del paese, e tutti si beffe­ranno del presuntuoso costruttore. Oppure qual è quel re che voglia muover guerra con 10.000 armati a un altro re che ne ha 20.000, e non faccia prima i calcoli strategici per vedere se l'inferiorità numerica delle proprie forze può essere compensata dalla loro valentia o da altre circostanze propizie? Se poi vede che non può essere compensata, non attacca battaglia, ma piuttosto entra in negoziati di pace. Nella stessa guisa, chi vuol seguire Gesù, deve amar lui prima di tutto e sopra ogni altra cosa. Può darsi benissimo il caso che l'amor per lui si accordi con altri amori; ma quando questi altri amori con­trastino con quello supremo, dovranno cedere il campo ad esso e lasciarlo dominare da padrone assoluto. Altrimenti non si può es­sere in alcun modo vero seguace di Gesù. Queste condizioni, franche fino alla rudezza, furono presentate da Gesù alle molte folle che accorrevano a lui (Luca, 14, 25). Il loro significato storico è chiaro. Fra gli accorrenti molti, anzi moltissimi, si sentivano attirati dalla superiorita spirituale di Gesù, dalla poten­za dei suoi miracoli, da vaghe speranze di trionfi e di gloria, da aspet­tative di condominio con lui nel suo regno messianico, ma costoro alle prime difficoltà si sarebbero ritirati precipitosamente addietro; Gesù previene queste difficoltà, e presenta le rudi condizioni per se­guirlo come altrettante disillusioni di cotesti loro sogni beati. Non si prendano le cose alla leggiera. Al seguace di Gesù si può chiedere ad ogni momento di essere un gigante di eroismo: l'edificio che que­sto seguace comincia a costruire è una torre basata sulla terra, ma la cui cima dovrà toccare il cielo; il volo che egli spicca, affidato unicamente a “l'ale sue”, congiunge due « liti sì lontani » quali la terra e il cielo. Chi non si sente la forza di far ciò rinunziando a tutti « gli argomenti umani », potrà mettersi alla sequela di qualche insigne maestro fariseo, non già di Gesù: Vedi che sdegna gli argomenti umani, Si che remo non vuol né altro velo Che l'ale sue tra liti si lontani. Purgatorio, ir, 31-33.

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