Il Signore ti benedica,ti custodisca e ti mostri il Suo volto misericordioso!

Quando pensi di aver toccato il fondo e che nessuno ti voglia o ti ami più, Dio si fa uomo per incontrarti, Gesù ti viene accanto

CIAO A TE !!

Nulla è più urgente nel mondo d'oggi di proclamare Cristo alle genti. Chiunque tu sia, puoi, se vuoi, lasciare un tuo contributo, piccolo o grande che sia, per dire, comunicare, annunciare la persona di Gesù Cristo, unico nostro salvatore. Uno speciale benvenuto a LADYBUG che si è aggiunta di recente ai sostenitori ! *************************************************** Questo blog è sotto la protezione di N.S. Gesù Cristo e della SS Vergine Maria, Sua Madre ed ha come unica ragione di esistere di fornire un contributo, sia pure piccolo ed umile, alla crescita della loro Gloria. ***************************************************



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lunedì 30 aprile 2012

1483 - Commento al Vangelo del 30/4/2012


+ Dal Vangelo secondo Giovanni (10,1-10)
In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza». 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Sono ripresi gli attacchi contro le Chiese cattoliche e le comunità cristiane in India, Nigeria e Kenia, questo è avvenuto negli ultimi giorni e i morti sono stati numerosi. Soprattutto i buddisti in India si sono scatenati contro il Cristianesimo e per andare a Messa si deve sfidare anche la morte. I monaci buddisti che hanno falsamente diffuso ovunque una filosofia sul dominio del corpo sono i primi a scannarsi tra di loro con morti e feriti gravi, oltre ad accanirsi contro i cristiani per odio.
Si nota con facilità il contrasto tra la filosofia che insegnano e le loro opere opposte, lo stesso Dalai Lama ultimamente ha detto che spesso è attratto dalle donne. Certo, è un uomo e ci può stare, ma lui predica il dominio della persona, il riposo dei sensi, lasciando sottintendere che anche l’attrazione per le donne sia messa in quiete e che non ne sia più disturbato.
Perché è possibile nel Cristianesimo arrivare ad una condizione spirituale che si avvicina a quella degli Angeli, in cui non si è più disturbati da inclinazioni o tentazioni sessuali. Questo è un dono di Dio, trasmesso a quanti conducono una vita penitente e di profonda spiritualità, ma al Dalai Lama chi deve trasmettere questo dono?
Non crede nel Dio dei cristiani, l’unico vero Dio che agisce nella sfera soprannaturale, non ci sono altre divinità che possano dare ai buddisti doni spirituali. Quanto riescono a fare con le meditazioni è solamente uno sforzo personale che può anche ottenere qualche risultato prettamente umano. Ma non il dominio dei sensi, infatti il Dalai Lama ha ammesso la sua incapacità di resistere all’attrazione femminile. E l’illuminazione interiore non ci è accesa in lui per dire che manifestava le sue debolezze e che si contraddiceva?
Ho rispetto per tutti coloro che scelgono filosofie e spiritualità alternative, evidenzio le contraddizioni e le loro illusioni.
“La maggior differenza tra buddismo e cristianesimo risiede nella concezione di un Dio creatore, assolutamente fondamentale nel cristianesimo. Tutto l’orizzonte di questa Religione si fonda sul concetto di un Dio che ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza. Il concetto di Dio, e dell’obbedienza dell’uomo a Dio, permea l’intera struttura spirituale del cristianesimo.
Invece il buddismo pone l’accento sulla sofferenza insita nella condizione umana e sui mezzi per poterla prima alleviare e infine superare definitivamente tramite l’Illuminazione interiore”.
È una filosofia incompleta perché non hanno la risposta sull’origine della loro illuminazione. Solo un Essere superiore può dare quello che l’uomo non possiede. Ma se loro escludono la presenza di questo Essere superiore, cercano in se stessi la guarigione dai mali connaturali alla persona, la ricerca di quella felicità che può dare solamente un Dio vivo e vero.
Per esempio, se gli imprenditori italiani che in questi mesi si sono suicidati, avessero avuto un’intimità profonda e forte con Gesù, non sarebbero arrivati all’abbattimento prima e poi alla morte. Da loro non potevano darsi ciò che non avevano: la forza per andare avanti ed affrontare con dignità ogni situazione. Gesù non abbandona mai quanti si affidano a Lui e chiedono umilmente di superare le prove della vita.
Dobbiamo allora cominciare a lavorare per quel Dio che ci concede la vita e la salute. La riconoscenza è la comprensione di quanto abbiamo ricevuto gratuitamente da Gesù, ora noi dobbiamo rispondere con le opere.
Il progetto che vi ho accennato giorni fa lo chiamo Vangelo e Vita, al centro ci sta la Parola di Dio che deve incarnarsi nella nostra vita. Le nostre giornate probabilmente continueranno con gli stessi impegni, cambierà il modo di affrontarli, di viverli, di superarli.
Solo se superiamo le difficoltà della vita con Gesù possiamo fare qualcosa per Gesù.
Il Vangelo ce lo dona Gesù, la nostra vita è anche un suo dono e deve assimilare i suoi insegnamenti e viverli.
Dobbiamo raggiungere la consapevolezza che siamo figli di Dio Padre e capire cosa ci chiede Gesù.
Gesù e Maria chiamano tutti a lavorare per la causa del Vangelo, nessuno di voi deve cambiare lo stile di vita se buono, occorrerà cambiare il cuore, le intenzioni, lo spirito di amore e di verità.
Fino a diventare nello spirito simili a Gesù, nonostante i difetti che molti si portano dietro e dentro, i peccati che si ripetono e che si vanno a confessare subito per ricominciare il cammino insieme alla Madre di Dio, Maestra della vita spirituale.
Deve diventare uno stile di vita fare apostolato, si deve incarnare in noi il comando di Gesù: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo”.
Non è sufficiente andare a Messa e recitare le preghiere, questi impegni sono solamente la base, adesso dobbiamo costruire l’edificio spirituale in noi. Costruire intende edificare e sviluppare i doni dello Spirito Santo, tutte le virtù, i comportamenti insegnati da Gesù.
Dobbiamo costruire in noi la spiritualità che deve permeare la nostra vita, in ogni circostanza deve prevalere la nostra mentalità cristiana. Dobbiamo fare un salto spirituale, senza ansia né preoccupazioni perché quasi non ce ne accorgiamo quando si migliora nella sana spiritualità.
Nostro compito è rimanere nel Cuore di Gesù lottando come possibile i peccati, restare con Lui assimilando la sua mentalità, vivere in comunione con la sua volontà. “Cosa vuoi Gesù che io faccia per Te?”.
Il mio progetto non si ferma solo all’apostolato, desidero formare spiritualmente alla scuola della Madonna quanti aderiscono e vogliono avvicinarsi con determinazione e nella verità a Gesù. È vero che dobbiamo attivarci per fare apostolato nei luoghi che frequentiamo e dove viviamo, ma dobbiamo farlo con una metodologia nuova, efficace, spirituale.
L’apostolato si può compiere con qualsiasi disposizione interiore, noi invece dobbiamo capire razionalmente perché ci chiamiamo figli di Dio e amiamo Gesù. Sembrano ovvietà, in realtà queste meditazioni sono il risveglio della coscienza.
Non basta parlare sommariamente della preghiera, di Lourdes, Fatima o di Medjugorje, dobbiamo farlo con una nuova spinta interiore che arriva dalla profonda comprensione dei dati che meditiamo. Non basta parlare in famiglia o al lavoro o in parrocchia di Gesù e della Madonna, dobbiamo prima innamorarci di Loro, attraverso brevi ma sistematiche riflessioni che dobbiamo visionare.
Anche se tratterò nelle newsletter diversi aspetti di questo mio progetto, le indicazioni e l’approfondimento diVangelo e Vita li invierò solo agli indirizzi mail di quanti mi state rispondendo con la vostra disponibilità a fare qualcosa per Gesù e la Madonna.
Chi vuole fare qualcosa in più per Gesù e Maria SS., deve comunicare la sua città e collaborare al progettoVangelo e Vita.

Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
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1482 - San Giuseppe Benedetto Cottolengo


Giuseppe Benedetto Cottolengo nasce il 3 maggio 1786 a Bra, una cittadina della provincia di Cuneo, in una famiglia medio borghese con salde radici cristiane. È il primogenito di 12 figli di cui 6 muoiono in tenera età. Fin dalla sua fanciullezza aveva mostrato grande sensibilità verso i poveri. Sceglie la via del sacerdozio, seguito anche da due fratelli. Gli anni della sua giovinezza sono attraversati dall’avventura napoleonica e dai conseguenti disagi in campo religioso e sociale.
Compiuti gli studi filosofici e teologici, viene ordinato sacerdote l’8 giugno 1811 nella cappella del seminario di Torino e nominato viceparroco a Corneliano d’Alba. Successivamente riprende gli studi e si trasferisce a Torino, dove nel 1816 si laurea in teologia presso la Regia Università.
Due anni dopo viene nominato canonico e aggregato al gruppo di sacerdoti teologi addetti alla chiesa del Corpus Domini di Torino. Trascorre serenamente quel periodo e si distingue per il suo impegno nel predicare, nel confessare e nella dedizione ai poveri.
Gli anni tra il 1822 e il 1827 sono caratterizzati da una crescente sensibilità spirituale, che assume l’impronta di un deciso distacco dagli interessi materiali, accompagnato da una tensione per la ricerca di un nuovo modo di vivere la sua vocazione sacerdotale; la meditazione della biografia di S. Vincenzo de’ Paoli lo conduce ad una maturazione della sua dimensione umana e spirituale.
Il 2 settembre 1827 viene chiamato per amministrare i sacramenti ad una donna in fin di vita, respinta dagli ospedali della città. In quel tragico episodio, riesce a percepire con più chiarezza i disegni di Dio per la sua vita. Per evitare il ripetersi di simili tragedie umane, animato da divina ispirazione, decide di impegnarsi a soccorrere e assistere le persone abbandonate.
È il 17 gennaio 1828 quando prende in affitto alcune stanze non lontano dalla chiesa del Corpus Domini. Qui, grazie alle generosa disponibilità di alcune signore, in particolare della Signora Marianna Nasi Pullino, e di volontari, ha inizio l’opera.
Anche se sprovvisto di fondi e di rendite Giuseppe Cottolengo continua ad accogliere persone in stato di grave bisogno o abbandonate. Questa condizione di povertà di mezzi lo fa sentire pienamente libero di confidare in Dio ed essere aiutato dalla Sua Provvidenza.
La prima struttura di accoglienza di malati in stato di abbandono incontra una seria di contrasti che ne segnano presto la fine. Tuttavia, sorretto dalla fede nell’azione di Dio, il Cottolengo viene ispirato ad aprire, nel 1832, una nuova casa nel quartiere torinese Valdocco (dove attualmente trova ancora la sua collocazione), e che denomina Piccola Casa della Divina Provvidenza, più comunemente conosciuta col nome del suo fondatore : il Cottolengo.
Aumenta il numero dei ricoverati e Giuseppe Cottolengo pone alcune famiglie religiose al loro servizio: le Suore Vincenzine, i Fratelli di S. Vincenzo e i Sacerdoti della SS. Trinità. Dà inoltre vita ad alcune famiglie religiose: l’Istituto religioso delle Suorei Fratelli e la Società dei Sacerdoti a lui intitolati.
Pur attraversando nella sua vita momenti drammatici, Giuseppe Cottolengo ha sempre mantenuto serena fiducia di fronte agli eventi: attento a cogliere il ruolo della paternità divina, riconosce in tutte le situazioni la presenza e la misericordia di Dio e, nei poveri, l’immagine più amabile della Sua grandezza.
Per mantenere in vita l’opera iniziata, Giuseppe Cottolengo vive tra difficoltà e ostacoli ma non dimentica mai di trattare i poveri con grande rispetto e stima, rivelando speciale affetto per i più indifesi. In tutti i modi possibili al suo tempo, opera per tutelare la loro dignità di essere umani. Con tratti profondamente paterni, con loro si mostra gioioso, pieno di iniziative, rispettoso della loro personalità e dei loro gusti.
Si ammala di tifo e capisce che i suoi giorni sono contati. Si distacca allora volontariamente dalle opere che aveva compiuto per Dio e conclude il suo cammino di fede e di vita nella casa di suo fratello Luigi a Chieri. Qui muore santamente il 30 aprile 1842.
Giuseppe Benedetto Cottolengo fu sepolto a Torino nella Piccola Casa, in una cappella della chiesa principale, dove riposa ancora oggi.
In seguito ai numerosi miracoli verificatisi per sua intercessione, Pp Benedetto XV (Giacomo della Chiesa, 1914-1922) lo beatificò il 28 aprile 1917 e Pp Pio XI (Ambrogio Damiano Achille Ratti, 1922-1939) lo canonizzò il 19 marzo 1934.
Oltre alla commemorazione nel Martyrologium Romanum, il santo Cottolengo, per le sue peculiari opere caritatevoli, ha meritato di essere citato nella prima lettera enciclica di Pp Benedetto XVI Deus Caritas Est  (Par. 40).
San Giuseppe B. Cottolengo amava ripetere, infatti, Charitas Christi urget nos (L’Amore di Cristo ci spinge), consapevole che ogni attività assistenziale deve trarre ispirazione dalla pagina evangelica del giudizio finale (Mt 25, 31-40) e dall'ammonimento di Gesù ad abbandonarsi con fiducia alla Provvidenza celeste (cfr Mt 6, 25-34). Era la carità cristiana illuminata dalla fede che gli diceva: Amen dico vobis : quamdiu fecistis uni de his fratribus meis minimis mihi fecistis.(“In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me.”) (Mt 25,40)
La Piccola Casa della Divina Provvidenza, grazie al suo crescente sviluppo, attualmente estende il raggio della sua azione fuori delle proprie originarie strutture, allargando le braccia ai poveri di altre città d'Italia e nazioni, dal Kenya agli Stati Uniti, alla Svizzera, all'India, all'Ecuador e alla Tanzania.
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domenica 29 aprile 2012

1481 - Commento al Vangelo del 29/4/2012, domenica 4^ di Pasqua


+ Dal Vangelo secondo Giovanni (10,11-18)
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario -che non è pastore e al quale le pecore non appartengono- vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio». 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Ieri abbiamo letto con grande contemplazione la rivelazione di Gesù alla Valtorta sull’episodio del Vangelo di oggi, una descrizione più ampia e particolareggiata perché il motivo di questa rivelazione privata è proprio la conoscenza approfondita della vita e delle opere del Signore in mezzo a noi. E si rimane sbalorditi se consideriamo i due racconti espressi dal Vangelo e dalla Valtorta. Il Vangelo è sintetico, condensa magistralmente in poche righe prolungati momenti importanti degli insegnamenti di Gesù, mentre alla Valtorta è stata rivelata la vicenda con abbondanza di particolari e di parole, trattandosi di una visione.
Trattando dello stesso argomento, sia il Vangelo che la Valtorta sono perfettamente in sintonia, la concordanza è straordinaria.
Come lo Spirito Santo ispirò i Vangeli, suggerendo quelle cose necessarie da scrivere per formare testi brevi e completi, così Gesù nelle visioni ha fatto vedere e sentire alla Valtorta ampiamente i fatti come si sono svolti nella loro integralità, per scrivere il famoso “Poema dell’Uomo-Dio”.
L’attendibilità di Maria Valtorta era oscurata già negli anni ’50 con i micidiali attacchi che partivano da molti ambienti ecclesiali, con la volontà di soffocare la pubblicazione di questi straordinari libri. Fu per primo il grande Papa Pio XII a difendere le rivelazioni della Valtorta e di seguito Padre Pio suggeriva di leggere gli scritti: tutti e due ne parlavano molto bene.
Ogni persona spirituale, sincera e in buonafede comprende immediatamente che queste rivelazioni sono opera di Gesù, mentre sul finire degli anni ’90 qualcuno diceva che Maria Valtorta era una pazza e che gli scritti si dovevano considerare esclusivamente come suoi racconti. Poi durante l’intervista a Marja di Medjugorje fu chiesto un parere sugli scritti della Valtorta e questa fu la risposta: La Madonna ha detto che si possono leggere”, e il significato è che sono perfettamente autentici.
Vi ho già scritto di questo, l’ho ripreso per i nuovi iscritti a questa newsletter, molti non conoscono queste rivelazioni.
Oggi il Vangelo ci propone diversi temi, il punto centrale è l’Amore di Gesù per le sue creature. “Conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me”, con questa affermazione Gesù spiega che per amare occorre prima conoscere, Lui ama tutte le sue creature perché le conosce perfettamente. E le sue pecorelle Lo amano perché Lo conoscono. Non si tratta di una conoscenza superficiale, come avviene per la stragrande maggioranza dei cristiani, è una conoscenza personale.
Non è possibile sacrificarsi per Gesù se non si conoscono bene i suoi discorsi e non si meditano lungamente.
Se volete compiere un profondo e autentico cammino spirituale vi consiglio di soffermarvi ogni giorno sul Vangelo e pensare a Gesù mentre afferma quelle parole, compie quelle opere ed occorre percepirlo nella mente come Persona vivente. Questo esercizio giornaliero vi permetterà di crescere nell’amore verso Lui e di sentirlo vicino a voi in ogni momento della giornata.
Gesù sorveglia di continuo il suo gregge e non vuole perdere nemmeno una pecorella, ma oggi molte anime cadono con grande facilità negli errori della mondanità e vengono risucchiati dai piaceri trasgressivi e lì rimangono. Gesù ha dato la sua Vita anche per i peccatori, non vuole perderli e ci invita ad intercedere, chiama ognuno di noi alla preghiera costante, dobbiamo riflettere sulle conseguenze di quanti sono smarriti e rischiano la perdizione eterna.
Ognuno di noi, a imitazione del Buon Pastore, può fare qualcosa in più per la conversione dei peccatori.

Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
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1480 - Santa Caterina da Siena


Caterina nasce a Siena, nel rione di Fontebranda (oggi Contrada dell’Oca), il 25 marzo 1347, dal tintore Jacopo Benincasa e da Lapa di Puccio de’ Piacenti. È la 24.ma di 25 fratelli e sorelle.
Nel 1353, all’età di sei anni, ha la prima visione di Cristo Pontefice, accompagnato dagli apostoli Pietro e Paolo e dall’evangelista Giovanni; è un’esperienza fondamentale per tutta la sua vita, infatti intuisce che deve rivolgere cuore e mente a Dio facendo sempre la Sua volontà. A sette anni fa voto di verginità perpetua ma la famiglia ostacola la vocazione e, pertanto, le impediscono di avere una camera per sé e la costringono a servire in casa. Un giorno il padre la sorprende in preghiera con una colomba aleggiante sul capo e decide, allora, di lasciare libera la giovane di scegliere la propria strada.
Dopo anni di preghiere e penitenze, Caterina riceve, nel 1363, l’abito domenicano del Terz’Ordine (Mantellate, laiche). Nella sua cameretta, molto spoglia, conduce per alcuni anni vita di penitenza.
Lei stessa racconta di aver ricevuto dal Signore il dono di saper leggere; imparerà più tardi anche a scrivere, ma la maggior parte dei suoi scritti e delle sue corrispondenze sono dettate.
A vent’anni, al termine del Carnevale del 1367, racconta che le apparve Gesù con sua Madre per sposarla a Sé nella fede, ricevendo un anello, adorno di rubini, che sarebbe stato visibile soltanto ai suoi occhi. Detta le prime lettere ed ha inizio la sua attività caritativa: poveri, malati, carcerati, spesso ripagata da ingratitudine e calunnie. Nel 1368 muore il padre.
Nel 1370 avviene lo scambio dei cuori tra Caterina e Gesù.
Nel 1371 si aggiungono a Caterina i primi discepoli, chiamati per scherno caterinati.
Nel 1373 Caterina comincia ad indirizzare lettere a personalità di rilievo del mondo politico affermando, fra l’altro, che :Niuno Stato si può conservare nella legge civile in stato di grazia senza la santa giustizia.
Nel maggio del 1374 è a Firenze, dove acquista nuovi amici e discepoli. In questo stesso periodo le è dato, come direttore spirituale, fra Raimondo da Capua (suo biografo postumo). Nell’estate è a Siena per assistere gli appestati; nell’autunno è a Montepulciano.
Nel 1375 viaggia a Pisa e a Lucca per dissuadere i capi delle due città dall’aderire alla lega antipapale.
Il 1° aprile, in Santa Cristina a Pisa, riceve le stimmate invisibili. Nel drammatico e vitale Trecento, tra guerra e peste, l’Italia e Siena possono contare su Caterina, come ci contano i colpiti da tutte le sventure, e i condannati a morte: ad esempio quel perugino, Nicolò di Tuldo, selvaggiamente disperato, che lei trasforma prima del supplizio:Egli giunse come uno agnello mansueto, e vedendomi, cominciò a ridere; e volse ch’io gli facessi il segno della croce.
A maggio del 1376, parte per Avignone, dove arriva il 18 giugno; il 20 vede Gregorio XI (Pierre Roger de Beaufort, 1370-1378), che si decide a partire per l’Italia il 13 settembre, passando per Genova, dove Caterina lo convince di nuovo a proseguire il viaggio per Roma : vi arrivò il 17 gennaio 1377. Tornata a Siena, Caterina fonda il monastero di S. Maria degli Angeli, nel castello di Belcaro. In estate si reca in Val d’Orcia per pacificare due rami rivali dei Salimbeni e qui riceve quella straordinaria illuminazione sulla verità che sta alla base del Dialogo della Divina Provvidenza.
All’inizio del 1378, su incarico del Papa, va a Firenze per trattare la pace (ottenuta il 18 luglio). Frattanto Gregorio XI muore il 27 marzo e gli succede, l’8 aprile, Urbano VI (Bartolomeo Prignano, 1378-1389), osteggiato nel collegio dei cardinali che il 20 settembre eleggono Clemente VII (Roberto di Ginevra): è l’inizio dello scisma d’occidente. Caterina, chiamata a Roma da Urbano VI, il 28 novembre, nel concistoro incoraggia fervorosamente il pontefice e i cardinali rimasti fedeli (definisce i tredici cardinali scismatici demoni incarnati). Nel 1379 è intensa l’attività epistolare per dimostrare a principi, uomini politici ed ecclesiastici, la legittimità dell’elezione di Urbano VI.
Caterina si consuma nel dolore per la Chiesa divisa: se ne trova un’eco nelle Orazioni che i discepoli colsero dalle sue labbra. La rivolta dei romani, nel 1380, contro Urbano VI è per Caterina nuovo motivo di sofferenza. Quasi allo stremo delle sue forze riesce ancora, sotto l’impeto della volontà, ad andare ogni mattina in S. Pietro e trascorrervi l’intera giornata in preghiera.
Dalla metà di febbraio è immobilizzata a letto: muore il 29 aprile sul mezzogiorno, ad appena 33 anni, ed è sepolta a Roma in S. Maria sopra Minerva.
Successivamente fra Raimondo di Capua soddisferà il desiderio dei senesi portando a Siena il capo della santa, tuttora in S. Domenico. Il corpo, dal 1855, si trova sotto l’altare maggiore della Basilica minerviana a Roma. 
Il 29 giugno 1461 Pp Pio II (Enea Silvio Piccolomini - senese - 1458-1464) proclama Caterina santa (festa: prima domenica di maggio; successivamente 30 aprile ed oggi il 29 aprile, giorno deldies natalis.
L’8 marzo 1866 il Beato Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti, 1846-1878) proclama S. Caterina compatrona di Roma.
Il 18 giugno 1939 S. Caterina da Siena e S. Francesco d’Assisi sono proclamati, dal Venerabile Pio XII (Eugenio Pacelli, 1939-1958), patroni primari d’Italia.
Il 4 ottobre 1970, il Servo di Dio Paolo VI (Giovanni Battista Montini, 1963-1978) riconosce a S. Caterina il titolo di Dottore della Chiesa.
Il 1° ottobre 1999, il Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005) proclama S. Caterina compatrona d’Europa.
Per quanto riguarda le sue Opere Letterarie, S. Caterina, semianalfabeta e i cui scritti sono in maggioranza dettati, ha avuto un grande riconoscimento grazie anche alla testimonianza del suo primo biografo, fra Raimondo da Capua (beatificato nel 1899 da Pp Leone XIII), al quale la santa gli aveva predetto l’elezione a Maestro generale dei Domenicani, suo Confessore e testimone diretto del prodigioso dono di saper leggere e scrivere, testimone dunque anche delle sue opere Letterarie.
È grazie al Dialogo della divina Provvidenza, dettato ad un gruppo di discepoli che scrivevano alla presenza, spesse volte, del suo Confessore, che il Servo di Dio Paolo VI proclamò S. Caterina da Siena Dottore della ChiesaNel “Dialogo sono racchiuse profonde pagine di alta teologia, ancora oggi da approfondire e diffondere.
Oltre al citato Dialogo si conservano 381 Lettere  e 26/27Orazioni.
Significato del nome Caterina : “donna pura” (greco).
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sabato 28 aprile 2012

1479 - Commento al Vangelo del 28/4/2012


Dal Vangelo secondo Giovanni  (6,60-69)
In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre». Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro
Molti cristiani per varie ragioni hanno un’idea molto debole sul significato di seguire Gesù, una scarsa disponibilità che scaturisce dalla spiritualità che posseggono. Non possono dare di più perché la loro capacità di comprendere la missione cristiana di vivere e fare conoscere il Vangelo, è limitata. È vero che ci sono altri che conducono un apostolato confuso e prodotto più dall’avventatezza che dall’amore verso Gesù, ma bisogna trovare il giusto equilibrio.
Il punto che fa discutere è l’esigenza del Vangelo, non è severità ciò che permea la Parola di Dio, invece Dio ci chiama all’essenzialità della vita, a ricercare ciò che è giusto e conveniente per l’anima in vista della salvezza eterna. Vedete, le persone che non si sono ancora imbattute in situazioni di malattia o sofferenza morale (incomprensioni e persecuzioni in famiglia o al lavoro), non sono ancora entrate nella riflessione che cambia la vita: cosa è per me più importante? Divertirmi senza limiti, viaggiare per capriccio, ostentare l’inganno e fingere con ipocrisia, oppure è importante capire il senso della mia vita e dare spazio a Gesù che mi trasforma l’esistenza?
Fino a quando non ci si ferma con serietà per domandarsi chi si vuole essere (cristiano autentico o irrilevante) e dove si vuole arrivare, si procederà nella confusione e nell’inganno.
Comprendo molto bene le difficoltà di ogni persona che vuole avvicinarsi a Gesù con buona volontà ma rimane legata alle cose del mondo o viene tirata indietro dai vizi e dai piaceri che non riesce ad abbandonare. Gesù vi aspetta con pazienza. Quindi, anche in me c’è molta pazienza nell’aiutare le anime che inciampano e non metto mai premura nell’esigere più di quello che può fare una persona. Non è solo rispetto, è anche comprensione dei limiti spirituali di quanti non riescono a vincere certi passioni disordinate.
La comprensione prevede anche la collaborazione della persona che deve decidersi nel seguire con convinzione Gesù e deve vincere i vizi attraverso una lotta che dura tutta la vita.
Ritorno al ragionamento dell’inizio, della difficoltà che molti cristiani hanno nel seguire Gesù e vivere il Vangelo. Essi dicono o non espressamente manifestano le stesse parole di oggi: “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?”. Questa frase la ripetono le anime che non hanno ancora incontrato Gesù e si illudono di possederlo nel cuore. Invece chi ama Gesù comprende che deve abbandonare tutte le situazioni peccaminose ed insignificanti per lasciarsi avvolgere dallo Spirito Santo.
San Giovanni della Croce afferma che Gesù chiama tutti alla santità o perfezione, ma la maggior parte dei credenti rinuncia alla perfezione perché non segue fedelmente il  Vangelo.
Tutti ci troviamo o ci siamo trovati nella fase della scelta, se vivere come i mondani pur andando a Messa, oppure lottare i vizi e le passioni disordinate per fare sul serio con Gesù e la Madonna. Loro non possono avere fiducia di quanti non mostrano nelle opere e nelle parole la vera conversione del cuore. Attraverso le prove della vita, Dio comprende chi Lo ama con sacrificio di sé, generosità, disinteresse, da chi invece vuole restare con un piede in due scarpe.
Pur comprendendo le difficoltà che si incontrano nel lasciare la mondanità e vivere il Vangelo con serietà, non posso fare a meno di affermare che molti non ci mettono impegno nella lotta contro i peccati e l’abbattimento dei vizi. Senza convinta decisione non si va da nessuna parte.
E rimane con un piede in due scarpe, la persona non si schiera né con l'una né con l'altra parte, ma si mostra di volta in volta solidale sia con l'una che con l'altra. È un senso negativo questa affermazione del piede in due scarpe, infatti è un comportamento ambiguo ed ipocrita.
La Madonna a Medjugorje molte volte ha invitato l’umanità a decidersi:

“Cari figli, anche oggi vi invito a consacrare la vostra vita a me con amore, così che io vi possa guidare con amore. Io vi amo, cari figli, con un amore speciale e desidero condurre tutti in cielo a Dio. Io desidero che comprendiate che questa vita dura poco in paragone a quella del cielo: perciò, cari figli, decidetevi oggi di nuovo per Dio. Solo così potrò mostrarvi quanto mi siete cari e quanto desidero che siate tutti salvi e siate con me in cielo. Grazie per aver risposto alla mia chiamata! (27 novembre 1986)”.

“Cari figli, oggi desidero invitarvi tutti a far sì che ognuno di voi si decida per il Paradiso. Il cammino è difficile per tutti coloro che non si sono decisi per Dio. Cari figli, decidetevi, e credete che Dio vi si offre nella sua pienezza. Voi siete invitati, e bisogna che rispondiate al Padre che vi invita attraverso di me. Pregate, perché nella preghiera ognuno di voi potrà raggiungere l'amore completo. Vi benedico, e desidero aiutarvi a far sì che ognuno di voi sia sotto il mio manto. Grazie per aver risposto alla mia chiamata! (25 ottobre 1987)”.

“Cari figli, vi invito ad aprirvi a Dio. Vedete, figlioli, come la natura si apre e dona la vita e i frutti, così anch'io vi invito alla vita con Dio, e all'abbandono totale a Lui. Figlioli, io sono con voi e desidero continuamente introdurvi nella gioia della vita. Desidero che ciascuno di voi scopra la gioia e l'amore che si trovano soltanto in Dio e che soltanto Dio può dare. Dio da voi non desidera nulla, soltanto il vostro abbandono. Perciò, figlioli, decidetevi seriamente per Dio, perché tutto il resto passa, solo Dio rimane. Pregate per poter scoprire la grandezza e la gioia della vita che Dio vi dà. Grazie aver risposto alla mia chiamata!” (25 maggio 1989)”.

“Cari figli, oggi vi invito a rinnovare il vostro cuore. Apritevi a Dio e date a Lui tutte le vostre difficoltà e le vostre croci affinché Lui possa trasformare tutto in gioia. Figlioli, voi non potete aprirvi a Dio se non pregate. Perciò, da oggi in avanti, decidetevi a consacrare un tempo del giorno per l'incontro con Dio nel silenzio. Così, con Dio, sarete capaci di testimoniare la mia presenza qui. Figlioli, non desidero costringervi, però date liberamente il vostro tempo a Dio, come figli di Dio. Grazie per aver risposto alla mia chiamata! (25 luglio 1989)”.

“Cari figli, anche oggi vi invito alla preghiera. Io vi invito ripetutamente, ma voi siete ancora lontani. Perciò decidetevi da oggi, seriamente, a consacrare del tempo a Dio. Io sono con voi e desidero insegnarvi a pregare con il cuore. Nella preghiera del cuore incontrerete Dio. Perciò, figlioli, pregate, pregate, pregate. Grazie per aver risposto alla mia chiamata! (25 ottobre 1989)”.

Continuiamo le intense preghiere alla Madonna con la recita giornaliera del Santo Rosario per me, per vincere l’attacco portato da satana, sciogliendo questo nodo oppressivo. Chi mi vuole bene, preghi molto per me.
Vi benedico e prego per tutti voi. Pregate per me ogni giorno nella Messa e nel Rosario.
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1478 - San Luigi Maria Grignion de Montfort


Luigi Maria (al secolo, Louis-Marie) Grignion nacque il 31 gennaio 1673 a Montfort, non lontano da Rennes, primogenito di una famiglia numerosa. Il padre, Jean­ Baptiste, era avvocato; la madre, Jeanne Robert, aveva due fratelli sacerdoti. I primi anni di vita di Luigi Maria furono trascorsi in parte con i genitori a Montfort, in parte presso una nutrice e in una casa di famiglia nella campagna vici­na.
Nel 1684 il ragazzo venne mandato a Rennes e iscritto al collegio S. Tommaso Becket, tenuto dai Gesuiti. Qui egli trascorse otto anni di vita, dagli 11 ai 19 di età, ospite dello zio sacerdote Alain e alunno esterno del collegio.
A Parigi, Luigi Maria entrò nei seminari di S. Sulpizio. Per gli studi frequentava la vicina Sorbona, ma per l'alloggio vi erano diverse comunità, più o meno confortevoli, a seconda della retta che si era in grado di pagare. Aiutato da benefattori Montfort fu accolto prima in una comunità piuttosto povera, ma dignitosa. Dopo due anni, il fondatore e di­rettore morì e la comunità si sciolse. Montfort passò in un altro convitto, veramente povero, dove si soffriva la fame e il freddo, tanto che durante l'inverno egli si am­malò, finì in ospedale e rischiò di morire. Superata la malattia, riuscì infine a entrare nel seminario vero e proprio, dove rimase cinque anni, fino all'ordinazione sacerdotale.
Nel giugno del 1700 Grignion de Montfort venne ordinato sa­cerdote. La sua vita da prete fu breve, solo 16 an­ni, ma piuttosto tormentata. Uscito da S. Sulpi­zio, si recò a Nantes, in una specie di case del clero, deside­roso di dedicarsi alla predicazione delle missioni popolari. Vi si fermò circa un anno e svolse un po' di ministero, com­presa qualche missione, ma il ritmo di vita gli sembrò trop­po fiacco e alla prima occasione abbandonò la comunità.
Raccogliendo un invito, si recò a Poitiers, all'ospizio dei poveri, dove trovò un ambiente che sentiva più adatto al suo zelo di giovane prete. Emersero là le sue doti di organizzatore, sia per mettere ordine esterno, che a favore del bene delle anime.
A Poitiers incontrò Ma­ria Luisa Trichet, che sarà la prima delle Figlie della Sa­pienza, congregazione da lui fondata più tardi.Tornò a Parigi e per qualche mese ritentò l'espe­rienza tra i poveri del grande ospizio parigino. Nulla da fare: venne allontanato.
Era il 1703 e Luigi Maria non aveva ancora trovato la sua strada. Doveva stare tra i poveri? O predicare le missioni e fare catechi­smo nelle campagne? Pensò anche di farsi contemplativo, o di partire per le missioni estere.
A Parigi abitava in un povero locale, una specie di sot­toscala, dove pregava e meditava. Era vicino ad una comunità di Gesuiti, che lo aiutarono con l'amicizia e buoni consigli. Tornò a meditare sull'amore di Dio, sulla sofferenza e la Croce di Gesù Cristo. Nella primavera del 1704 egli riprese il cammino verso Poitiers, viaggiando a pie­di come faceva sempre. In quella città poté rimanere per due anni, dedicandosi alle missioni popolari e ottenendo buoni risultati, ma non mancarono incomprensioni e opposizioni e alla fine il vescovo lo licenziò dalla propria diocesi.
Di nuovo sbattuto tra le onde, Montfort non vedeva dove aggrapparsi. Decise allora di recarsi a Ro­ma, in pellegrinaggio di fede e per chiedere lumi al Papa. Clemente XI (Giovanni Francesco Albani, 1700-1721) lo ricevette il 6 giugno 1706 e lo confermò nella missione di evangelizzare il popolo, so­prattutto nelle campagne di Francia. Gli diede un manda­to speciale, nominandolo "missionario apostolico" e lo inviò a lavorare in comunione con i vescovi.
Per altri 5 anni, fino verso il 1711, Grignion de Montfort lavorò in diverse diocesi dell'ovest della Francia (Rennes, Saint‑Malò, Saint‑Brieuc, Nantes, Luçon, La Rochelle...). Predicò la missione al popolo, di parrocchia in parrocchia. Qua e là, in ricordo della missio­ne, erigeva una croce o un calvario, restaurava una chiesa, istituiva o ravvivava una confraternita del Rosario, o di Pe­nitenti. Componeva cantici che insegnava ai fedeli. I perio­di di predicazione erano alternati a momenti di ritiro per una ripresa fisica e spirituale. Dapprima, in Bretagna, collaborò con un gruppo di missionari guidati dal sacerdote Giovanni Leuduger, poi se ne separò e scelse lui stesso i propri collaboratori, sia sacerdoti gesuiti, cappuccini e do­menicani, sia laici reclutati in proprio. Già dal 1705 trovia­mo Maturino Rangeard, di Poitiers, che lo seguirà sempre; altri "fratelli" si aggiunsero più tardi, alcuni fecero i voti re­ligiosi, altri no: Nicola di Poitiers, Filippo di Nantes, Luigi di La Rochelle, Gabriele, Pietro, Giacomo. Essi aiutavano nelle missioni e facevano scuola ai ragazzi poveri.
Per trovare dei sacerdoti che volessero unirsi a lui in "compagnia di missionari", bisognò attendere gli ulti­mi anni. Nel 1715, Adriano Vatel, sacerdote formato a Parigi, era a La Rochelle in attesa di imbarcarsi per le mis­sioni lontane. Luigi Maria lo convinse a rimanere con lui. Nello stesso anno si aggiunse al missionario un altro sacerdote, Renato Mulot, che sarà poi il suo esecutore testamentario e continuerà l’opera delle missioni dopo la morte del Montfort. Da questi laici e sacerdoti nacque la Compagnia di Maria.
Gli ultimi anni di vita e di lavoro (1711‑1716) si svolsero ‑ salvo qualche breve parentesi ‑ nelle due diocesi di Luçon e di La Rochelle, dove Montfort era accettato e sostenuto dai rispettivi due vescovi. Pur continuando un lavoro di tipo missionario, egli si inserì maggiormente nei progetti di pastorale locale, promuovendo forme di apostolato più stabili.
Da Poitiers fece ve­nire le due postulanti religiose che aspettavano da anni: Maria Luisa Trichet e Caterina Brunet. Le fece entrare all'ospedale e affidò loro delle scuole; scrisse una Regola per queste prime Figlie della Sapienza. A La Rochelle impe­gnò pure i "fratelli" laici nel fare scuola in modo stabile. Si dedicò maggiormente a costituire la sua compagnia di missionari, anche se tra i collaboratori di quel momento erano solo alcuni che pensavano di legarsi a lui.
A La Rochelle il missionario lavorò molto anche in città e ottenne grandi successi tra il popolo. Nella chiesa dei Domenicani tenne diverse missioni di categoria (uomini, donne, militari). Il contatto con gli am­bienti domenicani contribuì a fargli intensificare la predi­cazione del Rosario e a promuoverne le confraternite.
 
La vita di Luigi Maria Grignion de Montfort si concluse il 28 aprile 1716, a Saint‑Laurent‑sur‑Sevre, in Vandea. Morì mentre predicava ancora una missione, indebolito dalle fatiche e vinto da una polmoni­te, a soli 43 anni; le sue ultime parole furono: Invano mi tenti! Sono tra Gesù e Maria. Deo gratias et Mariae! Non peccherò più.
Fu sepolto nella stessa chiesa parroc­chiale di Saint‑Laurent. Oggi sulla sua tomba è stata co­struita una nuova basilica, meta di pellegrinaggi dalla Vandea e da tutta la Francia. Il Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005), il 19 set­tembre 1996, volle onorare, con una sua visita a Saint­-Laurent, il Santo che gli è stato di guida spirituale fin da­gli anni giovanili.
 
Luigi Maria Grignion di Montfort venne beatificato, il 22 gennaio 1888, da Pp Leone XIII (Vincenzo Gioacchino Pecci, 1878-1903), e canonizzato, il 20 luglio 1947, dal Venerabile Pio XII (Eugenio Pacelli, 1939-1958).
 
Le Congregazioni che ha dato alla Chiesa, la Compagnia di Maria, le Figlie della Sapienza e i Fratelli di San Gabriele(congregazione che si è sviluppata dal gruppo di Fratelli riuniti da San Luigi Maria), crescono e si propagano prima in Francia e poi in tutto il mondo. Esse continuano a testimoniare il carisma di San Luigi Maria, prolungando la sua missione, che è di stabilire il Regno di Dio, il Regno di Gesù per mezzo di Maria.
Per più di cent'anni Montfort rimase conosciuto so­lo nelle zone dove era vissuto. I suoi missionari continuarono a predicare al popolo, diffondendo la pratica della rinnovazione delle promesse battesimali e la consacrazione a Gesù per Maria. Nel 1842 venne ritro­vato un suo manoscritto che lo rese famoso in tutto il mondo, il è “Trattato della vera devozione a Maria. L'idea centrale contenuta in questo libro è questa: come Gesù Cristo ha scelto Maria per venire al mondo e realizzare la nostra salvezza, così noi dobbiamo ricorrere a Maria e prenderla come modello per diventare pienamente conformi) a Gesù Cristo. Montfort propone quindi la tota­le consacrazione a Gesù per mezzo di Maria e spiega co­me vivere ogni giorno alla scuola di Maria per divenire copie viventi di Gesù Cristo.
Oltre al TrattatoMontfort ci ha lasciato altri scritti: i Cantici, con più di 20.000 versi; L'Amore dell'e­terna Sapienzal'opera che ci parla dell'amore appassionato di Dio per noi, manifestato soprattutto in Gesù Cristo; il “Segreto di Mariasintesi del TrattatoAltre opere, rimaste spesso incompiute: una Lettera agli amici della Crocela Preghiera infocatail Segreto meraviglioso del S. Rosariole Regole per i suoi missionari e per le Fi­glie della Sapienza, lettere e appunti.
 
L’insegnamento spirituale di S. Luigi Maria Gri­gnion de Montfort è sentito oggi nella Chiesa come molto attuale. Nel documento del Concilio Vaticano II Lumen Gentiumil capitolo VIII, Maria nel mistero di Cristo e della Chiesamanifesta un chiaro in­flusso della dottrina monfortana. La spiritualità cristolo­gico‑mariana vissuta e insegnata da Montfort è recepita sempre più dal popolo di Dio: molte associazioni laicali, congregazioni religiose e movimenti si ispirano ad essa. Il Servo di Dio Giovanni Paolo II, nella sua enciclicaRedemptoris Materricorda esplicitamente Grignion de Montfort tra i"mae­stri e testimoni" della spiritualità mariana che la Chiesa intera è chiamata a vivere. 

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Medaglia di San Benedetto