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martedì 6 marzo 2012

1359 - Vita di Gesù (paragrafi 327-335)

§ 327. Udiste che fu detto “Occhio per occhio e dente per den­te”. " Ma io vi dico di non contrastare al maligno; bensì chiun­que ti schiaffeggia sulla tua guancia destra rivoltagli pure l'altra, e a chi vuole citarti in giudizio per prenderti la tunica lasciagli pure il mantello, e chi ti requisirà per un miglio va' insieme con lui per due (miglia). A chi chiede a te da', e da chi vuole prendere in prestito da te non voltarti via. Udiste che fu detto « Amerai il prossimo tuo » e odierai il nemico tuo. Ma io vi dico, amate i vostri nemici e pregate per i persecutori vostri, affinché siate figli del Padre vostro quello ch'e' nei cieli, perché fa sorgere il suo sole sopra maligni e sopra buoni e piove sopra giusti e sopra ingiusti. Qualora infatti amiate quei che vi amano, quale mercede avete? Non fanno forse lo stesso an­che i pubblicani? E qualora salutiate i fratelli vostri soltanto, che cosa di sovrabbondante fate? Non fanno forse lo stesso anche i Pagani? Sarete dunque voi perfetti come il vostro Padre celeste è perfetto.


§ 328. Badate poi a non fare la vostra giustizia in presenza degli uomini per esser guardati da loro, se no mercede non avete presso il Padre vostro quello ch’è nei cieli. Qualora dunque (tu) faccia elemosina non sonar la tromba davanti a te, come gl’ipocriti fanno nelle sinagoghe e nelle strade affinchè siano glorificati dagli uomini: in verità vi dico, sono in possesso della loro mercede. Tu invece facendo elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, affinchè la tua elemisina sia nel segreto, e il Padre tuo che guarda nel segreto renderà a te. E quando preghiate, non sarete come gl’ipocriti; giacchè amano star ritti a pregare nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze affinchè appaiono agli uomini: in verità vi dico, sono in possesso della loro mercede. Tu invece, quando preghi, entra nella tua stanza e chiusa a chiave la porta prega il Padre tuo quello (ch’è) nel segreto, e il Padre tuo che guarda nel segreto renderà a te.


§ 329. Pregando, poi, non blaterare come i pagani: credono infatti che con il loro molto parlare saranno ascoltati; non vi rassomigliate dunque a loro, sa infatti il Padre vostro di quali cose avete bisogno prima che voi glie(le) chiediate. Così pertanto pregate voi: Padre nostro che (sei) nei cieli , sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la volontà tua come in cielo anche su(lla) terra. Il pane nostro necessario dà a noi oggi, e rimetti a noi i nostri debiti comeanche noi rimettemmo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal maligno. Qualora infatti rimettiate agli uomini i falli loro, rimetterà an­che a voi il Padre vostro celeste; qualora invece non rimettiate agli uomini, neppure il Padre vostro rimetterà i falli vostri.


§ 330. Qualora poi digiuniate non diventate, come gli ipocriti, mesti: sfigurano infatti le loro facce, affinché appaiano digiunanti agli uomini; in verità vi dico, sono in possesso della loro mercede. Tu invece, digiunando, ungiti la testa e lavati la faccia, affin­ché (tu) non appaia digiunante agli uomini bensì al Padre tuo quel­lo (ch'è) nel segreto, e il Padre tuo che guarda nel segreto ren­derà a te. Non tesoreggiate per voi tesori sulla terra, dove verme e tignuola manda in rovina e dove ladri perforano e rubano; tesoreggiate invece per voi tesori in cielo, dove nè verme nè tignuola manda in rovina e dove ladri non perforano nè rubano: dove infatti e' il tesoro tuo, ivi sarà pure il cuore tuo. La lucerna del corpo e' l'occhio: qualora dunque l'occhio tuo sta puro, tutto il corpo tuo sarà illuminato; qualora invece l'occhio tuo sia (in) malo (stato), tutto il corpo tuo sarà ottenebrato: se dun­que la luce quella (ch'e') in te e' tenebra, la tenebra quanta (sarà mai)?


§ 331. Nessuno può servire a due padroni: o infatti (egli) l'uno odierà e l'altro amerà, oppure all'uno s'attaccherà e l'altro disprez­zerà; non potete servire a Dio e a Mammona. Perciò vi dico, non v'affannate per la vostra vita riguardo a ciò che mangerete o che berrete, nè per il vostro corpo riguardo a ciò che indosserete: non e' forse la vita dappiu' del nutrimento e il corpo dell'indumento? Riguardate i volatili del cielo, giacché non seminano nè mietono nè radunano su granai, e(p pure) il Padre vostro celeste li nutrisce: non valete voi forse piu' di loro? Chi di voi poi affannandosi può aggiungere alla propria età un solo cubito? E circa l'indumento di che v'a flannate? Riflettete sui gigli del campo come crescono: non s'affaticano nè filano: eppur vi dico che nemmeno Salomone in tutta la sua gloria fu rivestito come uno di questi; se dunque l'erba del campo che oggi esiste e domani si getta nel forno Iddio riveste così, non (rivestirà) molto piu' voi, (o) scarsi di fede? Non v'affannate dunque dicendo “Che mangeremo?” o “Che berre­mo?” o “Di che ci rivestiremo?”, Tutte queste cose, infatti, i pagani ricercano: sa invero il vostro Padre celeste che abbisognate di tutte queste cose. Cercate invece prima il regno e la sua giu­stizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non v'af­fannate dunque per il dimani, perché il dimani s'affannerà per se stesso: sufficiente a (ciascun) giorno (è ) la sua pena.


§ 332. - Non giudicate (a condanna), affinché non siate giudicati (a condanna): con quel giudizio, infatti, con cui giudi­cate sarete giudicati, e con quella misura con cui misurate si misu­rerà per voi. Perché poi vedi la pagliuzza che (e') nell'occhio del tuo fratello, mentre della trave (ch'e') nell'occhio tuo non t'accorgi? Ovvero, come dirai al tuo fratello “Permetti che (io) cavi la pa­gliuzza dall'occhio tuo”, ed ecco la trave (e') nell'occhio tuo? Ipo­crita, cava prima dall'occhio tuo la trave, e allora guarderai di cavare la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello. Non date la cosa santa ai cani, nè gettate le vostre perle davanti ai porci, affinché mai non (sia che) le calpestino con le loro zampe e rivoltatisi (contro voi) vi sbranino. Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; picchiate e vi sarà aperto. Ognuno infatti che chiede riceve, e che cerca trova, e che picchia gli sarà aperto. Ovvero qual uomo e' tra voi a cui suo figlio chiederà un pane - gli darà forse un sasso? O anche chie­derà un pesce - gli darà forse un serpente? Se dunque voi, (pur) essendo cattivi, sapete dare buoni doni ai vostri figli, quanto piu' il Padre vostro quello ch'e nei cieli darà cose buone a quei che gli chiedono? Tutte le cose, dunque, quante possiate volere che facciano a voi gli uomini, in questa maniera fate(le) anche voi a loro. Questa, in­fatti, e' la Legge e i Profeti.


§ 333. Entrate per la porta stretta, perché (e') larga la porta e spaziosa la strada che conduce alla perdizione e molti sono quei che entrano per essa: perché stretta e' la porta e angusta la strada che conduce alla vita e pochi sono quei che la trovano. Guardatevi dai falsi profeti, i quali vengono a voi in rivestimenti di pecore, al di dentro invece sono lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete. Si colgono forse dalle spine grappoli, o dai rovi fichi? Così ogni albero buono fa frutti belli, invece l'albero gua­sto fa frutti cattivi: non può un albero buono produrre frutti cattivi, né un albero guasto produrre frutti belli. Ogni albero che non fa bel frutto e' reciso via e gettato nel fuoco. Dunque dai loro frutti li riconoscerete. Non chiunque mi dica “Signore! Signore!” entrerà nel regno dei cieli, bensì chi faccia la volontà del Padre mio quello ch'e' nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: « Signore! Signore! Non profetammo nel tuo nome, e nel tuo nome scacciammo demonii, e nel tuo nome facemmo molti prodigi? » E allora dichiarerò ad essi:”Giammai vi conobbi: allontanatevi da me, operatori d'iniquità!”.


§ 334. Chiunque, pertanto, ascolta da me questi discorsi e li fa, si rassomiglierà a un uomo saggio il quale edificò la sua casa sopra la roccia: e scese la pioggia e vennero i fiumi e soffiarono i venti e s'abbatterono su quella casa, e(p pure) non cadde; era infatti basata sulla roccia. E chiunque ascolta da me questi discorsi e non li fa, si rassomiglierà a un uomo stolto il quale edificò la sua casa sopra l'arena: e scese la pioggia e vennero i fiumi e soffiarono i venti e irruppero addosso a quella casa, e cadde, e la rovina di essa era grande. Con questa comparazione della casa termina, in ambedue le recensioni, il Discorso della montagna. Se chi ascoltava e praticava i precetti di questo Discorso era un costruttore di casa su roccia, tale era tanto più Gesù nel fare questo Discorso per i fini del suo mi­nistero. Già vedemmo che anch'egli costruiva una casa per riparo da una nuvola annunziatrice di tempesta (§ 310); aveva già scelto e collocato in opera dodici pietre fondamentali secondo il numero delle tribù d'Israele (§ 311), e altre pietre minori impiegate erano rappresentate da molti altri Israeliti che lo seguivano; adesso egli cementava il tutto con una dottrina che in parte era l'antica dot­trina d'Israele, e in parte era dottrina personale di lui Gesù. Man­cava ancora di portare avanti la costruzione e di rifinirla in molti punti, ma le linee maestre della casa furono stabilite appunto dal Discorso della montagna.


§ 335. Che rappresenta questo Discorso nell'insegnamento generale di Gesù? E’ stato definito il “codice fondamentale” o una Summa della dottrina di lui, ma sono definizioni da prendersi in senso molto vago perché solo in parte corrispondono alla verità. Codice elaborato non è, e nemmeno Summa, perché troppe sono le affermazioni dottri­nali che Gesù farà più tardi attribuendo loro capitale importanza, e che invece nel Discorso della montagna non sono neppure adom­brate: nulla infatti dice il Discorso né della morte redentrice di Gesù, nè del battesimo, nè dell'Eucaristia, nè della Chiesa, nè del­l'escatologia, senza le quali cose non si ha l'insegnamento storico di Gesù. Neppure è propriamente una confutazione del fariseismo ovvero una rettificazione perfettiva del giudaismo, sebbene anche questi scopi siano presi di mira: ma sono scopi soltanto posteriori, quasi conseguenze di una mira più ampia e generale. In realtà il Discorso della montagna non è altro che la presentazione del “cambiamento di mente” che già era stato pre­dicato, sia da Giovanni il Battista sia da Gesù (§§ 226, 299), come condizione per l'attuazione del regno di Dio. E quale e cambiamento di mente, più sconvolgente e più capovolgente che quello di proclamare beati, in vista d'un remoto futuro, i poveri, i pian­genti, gli affamati, gli arrendevoli, e quanti altri fino allora erano stati proclamati infelici da tutti gli uomini concordemente? Il Discorso dunque, meglio che un e codice, è lo spirito che ispirerà più tardi tutto un codice: meglio che una Summa, è l'idea centrale che sarà sviluppata più tardi in un ampio commentario. Il carattere personale e singolare del Discorso della montagna, e specialmente delle sue Beatitudini iniziali, è tanto palese che non ha bisogno d'essere dimostrato: quegli studiosi moderni, scarsissimi di numero e d'autorità, che hanno negato una verità così evidente, non meritano risposta e non sono da prendersi sul serio. Tuttavia il Discorso ha pure numerosi punti di contatto col patrimonio spi­rituale sia biblico sia rabbinico, ed è merito delle più recenti inve­stigazioni aver messo in luce quest'ultimo punto; specialmente dalla sua metà in giù, il Discorso mostra parecchie analogie con pensieri ed espressioni conservate nel Talmud e negli altri scritti giudaici. Ciò è regolare per chi parlava a gente del suo tempo abituata a certe frasi ed espressioni, e soprattutto per chi era venuto non già ad abolire, bensì a compiere. Ad ogni modo anche da queste ana­logie risulta sempre meglio la sproporzionata superiorità del Di­scorso della montagna, che riunisce a fascio in pochissime pagine ciò che si può solo stentatamente e parzialmente spigolare nell'im­menso campo degli scritti giudaici, e risulta specialmente l'inimi­tabilità del suo spirito, unico e solitario. Questo spirito fa che esso sia il più rivoluzionario discorso umano, appunto perché discorso divino.
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