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venerdì 13 maggio 2011

958 - Vita di Gesù (paragrafi 139 - 142)

§ 139. Quando scrisse Luca il suo vangelo? Certamente dopo gli altri due Sinottici, come afferma la quasi costante tradizione antica che assegna Luca al terzo posto nella serie cronologica dei vangeli: dunque dopo Marco, che non è posteriore all'anno 61. D'altra par­te Luca ha scritto il vangelo prima degli Atti degli Apostoli, i quali nel prologo stesso si richiamano esplicitamente al precedente vangelo (Atti, 1, 1). Alla loro volta gli Atti, secondo ogni verosimiglianza e conforme al parere largamente predominante fra gli studiosi mo­derni, sembrano scritti avanti alla liberazione di Paolo dalla sua pri­ma prigionia romana (cfr. Atti, 28, 30), e quindi anche avanti alla grande persecuzione di Nerone del 64, cioè, tutto considerato, fra gli anni 63 e 64. Anteriore agli Atti, sebbene di poco tempo, sarebbe dunque il vangelo di Luca. E’ assai probabile che il vangelo ricevesse forma definitiva e vedesse la luce in Roma, piuttosto che in Acaia, o in Egitto, o altrove, come vorrebbero altre oscillanti tradizioni antiche. Pare certo, infatti, che Luca abbia conosciuto ed impiegato il vangelo di Marco, comparso a Roma poco prima che Luca vi giungesse insieme col prigioniero Paolo (cfr. Coloss., 4, 10. 14; Filem., 24). D'altra parte Luca da lungo tempo stava preparandosi alla composizione del suo vangelo e andava raccogliendo materiali per esso, come risulta dal prologo. La sua assistenza al venerato prigioniero, prolungatasi non meno d'un biennio, e la conoscenza del recente scritto di Marco cordialmente accolto dalla cristianità di Roma, dovettero essere due opportune occasioni per Luca onde colorire il suo antico disegno, spingendolo a scrivere in Roma stessa il suo vangelo.



§ 140. Luca indirizza il suo vangelo a una determinata persona, Teofilo, a cui in seguito indirizzerà anche gli Atti; era un attestato di deferenza dedicare uno scritto ad un uomo insigne, e l'uso sarà seguito un trentennio più tardi in Roma stessa anche da Flavio Giu­seppe, che dedicherà ad Epafrodito le sue Antichita giudaiche (1, 8) e il suo Contra Apionem. Il Teofilo di Luca è chiamato, che può equivalere al nostro “eccellentissimo” e designerebbe il grado insigne dell'uomo: ma altro non sappiamo di lui, nonostante le molte congetture antiche e moderne. Ad ogni mo­do, se lo scritto è dedicato a Teofilo, Luca scorge anche dietro a costui molti altri lettori ai quali egualmente s'indirizza. Il prologo a Teofilo, dando occasione a Luca d'esporre le circostan­ze, lo scopo e il metodo del suo scritto, è di sommo valore storico; si può ben chiamare il più importante documento che riguardi diretta­mente il periodo di composizione dei vangeli sinottici. E’ quindi op­portuno riportarlo per intero in traduzione che sia fedele, per quanto è possibile, anche etimologicamente (Luca, 1, 1-4): Poiché molti misero mano a riordinare una narra­zione circa i fatti compiutisi fra noi, secondo che tramandarono a noi coloro che dall'inizio furono testimoni oculari e inservienti della parola: parve bene anche a me, che sono riandato appresso dal principio (o anche da lungo tempo) a tutte le cose diligen­temente, scrivere a te secondo consecuzione, eccellentis­simo Teofilo, affinché tu riconosca la stabilita' dei discorsi circa i quali fosti catechizzato. Non torniamo sopra alcune notizie che già estraemmo da questo passo: fra cui, che già prima di Luca molti avevano scritto sui fatti di Gesù; che siffatti scritti dipendevano dalla trasmissione orale dei testimoni oculari e degli inservienti della parola, ossia dalla primitiva catechesi della Chiesa (§ 106 segg.). Qui, come fatti nuovi, rileviamo che Teofilo già era stato edotto in quella catechesi, e forse in ma­niera compiuta (come sembra indicare 1'aoristo fosti catechizzato): e perciò, probabilmente, già era battezzato. Inoltre Luca, per for­nire a Teofilo una conferma ed una conoscenza più profonda dei discorsi in cui è stato catechizzato, gli offre il suo scritto, frutto di ricerche che sono state fatte diligentemente su tutte le cose trattate e che sono state condotte fin dal principio dei fatti (o almeno da lungo tempo). Infine la narrazione dei fatti sarà condotta secondo consecuzzone. I molti che hanno preceduto Luca non possono essere due soltanto, cioè Matteo e Marco noti a noi: il termine molti può far pensare, all'ingrosso, anche a una decina di scritti, benché in questo numero possano benissimo esser compresi anche i due noti a noi. Ma, anche fra questa abbondanza, Luca ha creduto di poter esser utile con un nuovo scritto: egli non è stato testimonio dei fatti, ma le diligen­ti e lunghe ricerche che ha condotte nell'unica miniera di notizie, cioè la trasmissione dei testimoni oculari e degli inservienti della pa­rola, gli fanno sperare che il suo nuovo scritto gioverà ad altri per approfondire la stabihtà dei discorsi catechetici. Il tipo di catechesi seguito da Luca è, come già sappiamo, quello di Paolo. Perciò egli aggiungerà qualche cosa al quadro ordinario della catechesi di Pietro, che cominciava col battesimo di Gesù da parte di Giovanni il Battista; e poiché è riandato appresso dal prin­cipio agli avvenimenti, premetterà la narrazione dell'infanzia di Ge­sù, come già aveva fatto in misura minore anche Matteo. Tutta l'esposizione, poi, sarà secondo consecuzzone, comprendendo in questa parola - a quanto pare - sia la connessione cronologica dei singoli fatti tra loro e con altri fatti più eminenti nella storia profana, sia anche la connessione logica tra cause ed effetti e tra argomenti af­fini. Per quanto possiamo comprendere noi oggi, con la nostra men­talità e con le scarse informazioni che abbiamo, Luca si è attenuto effettivamente a questo suo programma.

§ 141. Egli solo, fra tutti gli evangelisti, ha cura di riconnettere la narrazione con le principali date della storia profana contemporanea (cfr. 2,1-2; 3, 1-2), inquadrando il fatto cristiano nella visione del­l’umanità intera. In ciò egli si dimostra d'ampia visione, che acu­tamente percepisce come il cristianesimo apra una nuova epoca nelle vicende dell'umanità: nella stessa guisa, già due secoli prima, Poli­bio aveva fatto rilevare proprio al principio delle sue Storie come il dominio di Roma iniziasse un nuovo periodo nella storia della civiltà. Ma, insieme, Luca si dimostra nuovamente discepolo di quel Paolo, che nell'espansione della “buona novella” fra tutte le genti aveva scorto il mistero occultato ai secoli ed alle generazioni, ma che adesso e' stato svelato ai santi (Coloss., 1, 26). Quanto alla serie cronologica dei fatti in se stessi Luca segue di so­lito Marco, tanto da sembrare che il brevissimo scritto di Marco sia servito a Luca come trama generale: infatti, circa i tre quinti di Marco si ritrovano in Luca. Tuttavia, pur seguendo la trama di Marco, Luca vi opera talune trasposizioni ed omissioni, e soprattutto vi apporta ampie aggiunte: infatti, circa la metà di Luca è propria a questo vangelo, né si ritrova negli altri due Sinottici. In queste aggiunte sono inclusi sette miracoli e una ventina di parabole che non hanno riscontro negli altri vangeli, e soprattutto il racconto della nascita e infanzia di Gesù ch'è diverso da quello di Matteo. Evidentemente queste novità sono frutto delle diligenti ricerche a cui Luca allude nel prologo: ma donde ha egli ricavato tali notizie?

§ 142. Lo stesso prologo indica come fonte la tradizione, senza però specificare; non è difficile tuttavia scorgere, fra i testimoni oculari e gli inservienti della parola, in primo luogo il venerato maestro Pao­lo, e poi anche altre insigni persone che Luca, viaggiando con Paolo, può avere incontrato ad Antiochia, in Asia Minore, in Macedonia, a Gerusalemme, a Cesarea e a Roma: fra questi autorevoli infor­matori non è arrischiato annoverare gli apostoli Pietro e forse anche Giacomo (cfr. Atti, 21, 18), nonché l'”evangelista” Filippo presso cui in Cesarea dimorò Luca (cfr. Atti, 21, 8); non sono esclusi anche altri, circa i quali tuttavia sarebbe inutile perdersi in semplici congetture. Notevole è la menzione particolareggiata di donne: avevano seguito Gesù talune donne ch'erano state curate da spiriti maligni e infer­mità, Maria quella chiamata Magdalena, dalla quale erano usciti sette demoni, e Giovanna moglie di Chuza sovrintendente di Erode, e Susanna e molte altre, le quali ministravano ad essi dalle loro proprie sostanze (Luca, 8, 2-3; cfr. 24, 10). Né Giovanna nè Susan­na sono nominate da altri evangelisti, benché fossero donne di alto grado sociale e facoltose; probabilmente Luca, menzionandole, vuole con discrezione indicare una fonte delle sue informazioni. Non meno discreta, ma assai più precisa, è l'allusione a un'altra donna d'incomparabile dignità e importanza, cioè alla stessa madre di Gesù. Di parecchi fatti narrati da questo vangelo circa il concepi­mento, la nascita e l'infanzia di Gesù, soltanto sua madre Maria po­teva essere testimone ed informatrice; ed ecco che Luca durante quella narrazione, per due volte, e a breve distanza, e quasi con gli stessi termini, ammonisce che Maria conservava tutte queste parole, convolgendole nel suo cuore (2, 19), e poco appresso che la madre di lui serbava tutte le parole nel suo cuore (2, 51). Questa insistenza di pensiero e di espressione è eloquente nella sua ponderata discre­zione. Se Luca abbia conosciuto o no Maria personalmente, non risulta: ma anche nel caso che non le abbia parlato, precise infor­mazioni fornite da lei gli possono essere peivenute attraverso l'apo­stolo Giovanni, il figlio adottivo assegnato a Maria da Gesù moren­te e nella cui casa ella dimorò dopo la morte del figlio vero (Gio­vanni, 19, 26-27). Una tardiva tradizione, non attestata prima di Teodoro il Lettore (secolo vVI, presenta Luca come pittore d'un ri­tratto di Maria, il quale dalle leggende posteriori fu largamente moltiplicato: ma il ritratto della madre di Gesù fu in realtà dipinto dal calamo, non dal pennello, di Luca nella sua descrizione dell'in­fanzia di Gesù, che si svolse sotto lo sguardo della madre sua e i cui vari episodi divennero più tardi temi classici dei pittori cristiani. E’ inoltre assai probabile che per il racconto dell'infanzia, il quale contiene fra altro carmi metrici, Luca si sia servito anche di docu­menti ebraici o aramaici; la sua stretta dipendenza da essi spiegherebbe adeguatamente la straordinaria frequenza di semitismi nel greco di questo racconto. Ma pure sull'indole e provenienza di questi documenti. nulla si può affermare di sicuro, oltre a ciò che Luca stesso dice vagamente nel prologo; né le varie congetture moderne possono supplire a questa mancanza di dati antichi.
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