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lunedì 9 maggio 2011

953 - Vita di Gesù (paragrafi 135 - 138)

XVIII Luca

§ 135. Il terzo vangelo è attribuito a Luca: nome che forse è una abbrevazione di Lucano. Nel cristianesimo della prima generazione, Luca appare come un sa­tellite dell'astro di Paolo, che lo chiama il caro medico (Coloss., 4, 14). Originario d'Antiochia, non giudeo ma ellenista di stirpe e d'e­ducazione, Luca era entrato nel cristianesimo parecchio prima del­l'anno 50, sebbene certamente non fosse stato discepolo di Gesù e non l'avesse mai veduto. Poco dopo il 50 egli è a fianco a Paolo nel suo secondo viaggio missionario (Atti, 16, 10 segg.), probabilmente anche per prestare la sua opera di medico a causa della recente malattia dell'apostolo (cfr. Galati, 4, 13, con Atti, 16, 6); da quel tempo Luca riappare in quasi tutte le peregrinazioni di Paolo come l'ombra di lui, salvo un distacco probabilmente lungo dopo la co­mune permanenza a Filippi (cfr. Atti, 16, 40, con 20, 5). Ricongiun­tosi con Paolo di nuovo a Filippi durante il terzo viaggio dell'apo­stolo, verso il 57, lo accompagnò nel resto del viaggio fino a Geru­salemme (Atti, 21, 15). Durante il biennio passato da Paolo in prigione a Cesarea (anni 58-60), sembra che Luca non potesse restargli vicino; ma lo accompagnò amorevolmente nel suo viaggio a Roma, partecipando sulla stessa nave alle fortunose peripezie del passaggio (Atti, 27, 1 segg.). Nella prima prigionia dell'apostolo a Roma, Luca gli stava dappresso: più tardi, fedele fino alla morte, lo assisté an­che nella seconda prigionia romana meritandosi da Paolo, in quella lettera ch'è quasi il testamento del declinante apostolo, la commo­vente attestazione: Il solo Luca e' con me (II Tim., 4, 11). Scrivendo ai Corinti, sul finire dell'anno 57, Paolo allude, senza nominarlo, ad un fratello la cui lode e' nel vangelo per tutte le chiese (II' Cor., 8, 18). Insieme con altri antichi, S. Girolamo stimò che questo inno­minato fratello sia appunto Luca, e soggiunge anche l'opinione di altri secondo i quali ogni volta che Paolo nelle sue let­tere dice “secondo il mio vangelo”, alluda al volume di Luca. Se quest'ultima opinone è del tutto infondata, la prima non è molto at­tendibile qualora si riferisca al vangelo scritto da Luca, essendo som­mamente improbabile che questo vangelo fosse già redatto quando Paolo scriveva la lettera in questione: tanto più che giammai altro­ve, nelle Lettere di Paolo, il termine “vangelo” designa un deter­minato scritto, ma solo l'annunzio della “buona novella” (§ 105 segg.). Al contrario, l'identificazione dell'ignoto fratello con Luca può avere un serio grado di probabilità, qualora nel “vangelo” attribui­togli si scorga, non già un determinato scritto, ma l'operosità di chi era “evangelista” nel senso primitivo che già vedemmo (§ 109), ossia propagatore orale della “buona novella”. In tal caso Luca, an­che prima di ricorrere alla scrittura, avrebbe diffuso largamente nel­le chiese dell'apostolato di Paolo una determinata catechesi orale; della quale, nel frattempo, lo stesso Luca riesaminava il contenuto diligentemente (cfr. Luca, 1, 3), per arricchirlo di altri elementi e disporlo in un conveniente “riordinamento” (cfr. in Luca, 1, 1), finché poi giudicò opportuno fissarlo in iscritto. Questa interpretazione appare tanto più verosimile, quanto più pro­babile risulta da recenti studi che Paolo stesso seguisse nel suo apostolato una determinata forma di catechesi, non soltanto orale, ma anche parzialmente scritta. Perciò il fedele Luca sarebbe giusta­mente il più insigne rappresentante, dopo Paolo, di questa catechesi, ossia sarebbe il fratello la cui lode é nella “buona novella” diffusa da Paolo in tutte le chiese da lui fondate.



§ 136. Comunque si giudichi questa ipotesi, a Luca è attribuito sia il terzo vangelo, che mostra spiccata affinità con gli scritti di Paolo, sia il libro degli Atti di (meglio che degli) Apostoli, che tratta in gran parte delle vicende di Paolo e contiene ampi tratti in cui il narratore parla in prima persona plurale, svelandosi perciò anch'egli presente alle vicende narrate. Tale attribuzione a Luca, confermata dall'identità di autore che risulta dai prologhi dei due scritti (cfr. Luca, 1, 1-4, con Atti, 1, 1-2), non solo è concorde presso gli antichi scrittori, ma trova consenzienti - cosa piuttosto rara - anche la massima parte dei più autorevoli studiosi moderni. Le testimonianze, tuttavia, sono posteriori a quelle riguardo a Mat­teo e a Marco, giacché non risalgono più in su della seconda metà inoltrata del secolo Il. Il cosiddetto Frammento Muratoriano, cioè un catalogo dei libri sacri ammessi dalla chiesa di Roma che fu com­posto verso l'anno 180 e scoperto da L. A. Muratori nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, cosi si esprime nel suo orrido latino (qua e là corretto): Tertium evangelii librum secundum Lucam. Lucas iste medicus, post ascensum Christi cum eum Paulus quasi ut iuris stu­diosum secum adsumpsisset nomine suo cx opinione conscripsit; Do­minum tamen nec ipse vidit in carne, et ideo prout asse qui potuit, ita et a nativitate Johannis incepit dicere. - Verso lo stesso tempo, Ireneo afferma: Anche Luca, seguace di Paolo, compose in un libro il vangelo predicato da quello. Alla fine del secolo II risalgono anche i vari Prologhi, greci o latini, premessi al terzo vangelo, che vanno sempre più accrescendosi di no­tizie con lo scendere lungo i secoli, pur concordando nella sostanza; di questa può essere un saggio il prologo detto Monarchiano, che dice: Luca Siro, di nazione Antiocheno, medico di professione, discepolo degli Apostoli, piu' tardi fu seguace di Paolo fino alla confessione (martirio) di lui servendo Dio senza delitto. Poiché, non avendo avu­to moglie mai né figli, di anni 74 (altri 84) morì in Bitinia (altri Beozia) pieno di Spirito santo. Costui, essendo già stati scritti i van­geli di Matteo in Giudea e di Marco in Italia, per impulso dello Spirito santo nelle parti di Acaia scrisse questo vangelo, mostrando anch'egli a principio che dapprima erano stati scritti gli altri; ecc. Le successive testimonianze non fanno che confermare questi punti principali (Tertulliano, Adv. Marcio n., jv, 5; Clemente Aless., Stro­mata, I, 21, 145; Origene, in Matt., toin. I, in Migne, Patr. Gr., 13, 830; ecc.): merita tuttavia di essere citato Eusebio, a guisa di ri­capitolatore della tradizione: Luca, ch'era per discendenza di Antio­chia e per arte medico, restò congiunto il piu' a lungo con Paolo, ma anche con gli altri apostoli trattò non incidentalmente Della scienza di guarire le anime ch'e gli aveva appresa da costoro, ci lasciò la pro­va in due libri divinamente ispirati: (in primo luogo) il Vangelo, che egli attesta di aver composto secondo le cose che gli tramandarono coloro che dall'inizio furono testimoni oculari e inservienti della pa­rola, ed alle quali tutte egli dice pure di essere riandato appresso dal principio (cfr. Luca, 1, 1-4); e (in secondo luogo) gli Atti degli Apo­stoli, che egli coordinò per informazione non già di udito ma di ve­duta. Ha il suo peso anche la notizia dataci da Ireneo e da Tertulliano, secondo cui l'eretico Marcione, verso l'anno 140, accet­tava dei vangeli canonici solo quello di Luca, sebbene lo mutilasse adattandolo alle sue dottrine.


§ 137. Le qualità di Luca, ellenista, medico, discepolo di Paolo, si riscontrano abbastanza chiare nel suo vangelo. Il letterato ellenista appare fin dalle prime linee del suo primo scritto le quali, in contrasto con l'uso seguito in tutti gli altri libri del Nuovo Testamento ma conforme all'uso ellenistico, contengono un elaborato prologo questo, inoltre, mostra sorprendenti rassomi­glianze di espressioni e di ripartizioni col prologo che al suo libro Sulla materia medica premetteva quel Pedanio Dioscuride che era non solo collega per professione e contemporaneo per età con Luca, ma essendo nativo della regione di Tarso, era anche conterraneo di Paolo. Il greco di Luca, poi, non è certo quello classico dell'Attica, tuttavia mostra una raffinatezza non comune per uno scrittore elle­nistico: il lessico è ricco e spesso letterario, la frase di solito tornita e dignitosa, cosicché i moderni filologi, proclamando il suo stile su­periore a quello degli altri vangeli, concordano in sostanza con S. Girolamo per il quale Luca inter omnes evangelistas greci eruditis­simus fuit, quippe ut medicus. Non mancano tuttavia i semitismi di costruzione e anche di lessico; i quali sono numerosi specialmente nei due primi capitoli che contengono la narrazione dell'infanzia di Gesù, mostrandosi cosi ivi una più stretta dipendenza del narratore da documenti semitici relativi a quell'argomento. Che lo scrittore del terzo vangelo sia stato un medico, non si potreb­be certamente provare dal semplice esame del suo scritto: tuttavia parecchi sono i tratti che servono da ottima conferma alla primitiva tradizione che lo presenta qual medico. Pazienti ricerche moderne hanno segnalato numerosi termini tecnici impiegati da Luca che hanno riscontro negli scritti di Ippocrate, Dioscuride, Galeno e altri medici greci; è vero che siffatti termini possono riscontrarsi anche presso scrittori profani che affettino occasionalmente conoscenza di materie mediche (ad esempio, presso Luciano), ma il caso di Luca è diverso, giacché egli non aveva motivi particolari per introdurre quella terminologia tecnica nelle narrazioni comuni agli altri Sinot­tici, salvo la ragione d'essere egli stesso medico. Si può anche scoprire che una specie di “occhio clinico” guida il narratore in talune sue descrizioni, specialmente se si confrontino con quelle parallele di Marco: la semeiotica è curata in modo partico­lare nei racconti della suocera di Pietro malata (4, 38-39), dell'inde­moniato dei Geraseni (8, 27 segg.), della donna con profluvio di san­gue (8, 43 segg.), del giovanetto indemoniato (9, 38 segg.), della don­na ricurva (13, li segg.). Il solo Luca narra il sudore di sangue sof­ferto da Gesù nel Gethsemani (22, 44). Nel caso poi della donna con profluvio di sangue è palese in Luca una benigna preoccupazione pro domo sua in favore della classe dei medici; infatti Marco (5, 25-26) rudemente annunzia che la don­na era malata da dodici anni e molto aveva sofferto da parte di molti medici, e dopo aver consumato tutte le sue sostanze non aveva tratto alcun giovamento, ma piuttosto era andata peggio: Luca al con­trario (8, 43, testo greco) omette siffatte notizie, che non potevano esser gradite dai suoi colleghi di professione, e si limita a dire che la donna era malata da dodici anni, né era stata potuta curare da alcuno.


§ 138. Infine il calamo di Luca, più che quello degli altri evangeli­sti, si diletta a delineare Gesù come supremo medico, sia dei corpi sia delle anime. Luca solo lo fa chiamare dai suoi compaesani medico (4, 23) in atto di sfida: ma poco appresso. quasi in risposta alla sfida, ricorda che una potenza emanava da lui e medicava tutti (6,19; cfr. 5, 17). Spiritualmente, poi, il Gesù tratteggiato da Luca è il misericordioso curatore dell'umanità languente, il pio conforta­tore degli afflitti, il mansueto che perdona ai più traviati: onde con ogni appropriatezza storica Dante Alighieri definisce Luca, pur sen­za nominarlo, come lo scriba mansuetudinis Christi (De monarchia, I, 16). Non meno chiaramente appare nello scritto di Luca il discepolo di Paolo. Una specie di parentela spirituale riannoda il suo scritto con le Lettere di Paolo: molti vocaboli, circa un centinaio, si ritrovano soltanto presso Luca e presso Paolo in tutto il Nuovo Testamento; non rare sono anche frasi tipiche, particolari ai due autori. Ma, più che dalla veste letteraria, la parentela è dimostrata dal pensiero, che insiste sui grandi principii della catechesi di Paolo, quali l'uni­versalità della salvezza operata da Gesù, la “bontà e filantropia”(Tito, 3, 4) di lui, il pregio dell'umiltà e della povertà, la potenza della preghiera, il gaudio di spirito proprio ai fedeli, e altri. Certa­mente questi principii non sono espressi letteralmente conforme a parole di Paolo, giacché Luca non era riguardo a costui quell'e inter­prete che Marco era stato riguardo a Pietro; essi sono tuttavia i lu­minosi fari che dirigono la navigazione di Luca, secondo l'immagine usata già da Tertulliano che vide Luca e illuminato » da Paolo.
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