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domenica 13 febbraio 2011

878 - Omelia del 13/2/2011 6^ domenica t.ord.

Cosa significa essere cristiani e cosa implica?

E' solo una serie di precetti da vivere per placare Dio o è qualcosa di diverso?
Perché tutto un mondo giovanile non frequenta più la Chiesa e fa fatica a credere?
Ma poi è così semplice vivere ed essere dei cristiani?
Queste considerazioni le abbiamo pensate più volte ed è difficile trovare delle risposte precise.
Per molte persone la catechesi risale all'età della scuola e, nell'oggi, si ritiene sufficiente andare alla Messa e seguire alune norme di comportamento cristiano soprattutto etico.
Gesù, nel brano di oggi, non dona una risposta precisa, però illumina il nostro rapporto tra la fede e le leggi.
Gesù non viene a modificare la legge di Mosè, ma la porta a compimento.
Ciò che conta non è l'osservanza materiale dei precetti, ma cosa ci sta sotto, ossia il rapporto con Dio e con i miei fratelli.
Se io ho un rapporto sereno con Dio, se con gli altri mi comporto con una certa schiettezza, non ho bisogno che uno mi venga a dire cosa debbo fare.
Pensiamo al vissuto di Gesù, per sperimentare il suo essere cristiano.
Per Gesù non esistono dei nemici, ma solo persone da amare e rispettare.
Egli non ha mai criticato la persona, ma piuttosto le azioni sbagliate commesse da un individuo.
Gesù ha agito con trasparenza, non con la logica del compromesso.
Messo in croce ha perdonato, non ha insultato, ha porto l'altra guancia.
Da qui scaturisce che l'omicidio è sempre sbagliato, ma nasce laddove l'uomo nutre rancore per l'altro uomo.
L'adulterio sorge quando si vuole desiderare la persona di un altro.
Alla radice di tutto sta il rapporto tra la coppia e Dio.
Quando tale rapporto è quasi nullo. è chiaro che è difficile parlare di amore eterno o comunque di fedeltà.
Gesù ci invita ad essere veritieri sempre.
Non ha senso giurare visto che il cristiano è chiamato ad un parlare chiaro: sì sì e no no.
In un mondo sommerso dalle parole, abbiamo bisogno di persone che non solo siano esperte nella chiacchiera, ma sappiamo leggere in profondità la realtà.
Da un lato si punta a non spendere vane parole puntando alla sobrietà e dall'altro non rimanendo alla superficie, ma dicendo qualcosa di significativo.
E' quello il momento in cui quella persona cessa di essere un numero tra i tanti, ma diventa il mio amico, con quel nome specifico, a cui posso confidare i miei problemi.
Ed infine il si si, no no, ci fa comprendere quanto la parola sia un macigno pesante perchè le parole sono anche schiaffi.
Dire "ti amo", "ti perdono", "ti odio", non è la stessa cosa e significa un certo modo di relazionarci con l'altro.
Parlare tra credenti vuol dire accorgersi che la prima parola è Dio che l'ha pronunciata e noi siamo chiamati ad un linguaggio autenticamente cristiano, senza falsità, compromessi, critiche alle spalle, che rischiano di squalificare chi le pronuncia.
Tutto ciò che ci è di scandalo è meglio toglierlo e buttarlo via, piuttosto che finire nella grande discarica della Geenna.
Essere cristiani non è facile e non è solo vivere una serie di precetti.
Significa mettere in atto, con le nostre fatiche e i nostri peccati, il Vangelo che è Gesù, per conformarci alla Sua persona, per essere da Lui plasmati.
Vivendo nella prospettiva del dono costante verso Dio e verso gli altri.
Seguendo quella strada che Gesù ha percorso per primo.

don Luigi
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