Il Signore ti benedica,ti custodisca e ti mostri il Suo volto misericordioso!

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venerdì 28 gennaio 2011

866 - Omelia del 30/1/2011 4^ domenica t.ord.

Con questa domenica, iniziamo il discorso della montagna di Gesù.
E' la pietra miliare dell'esperienza cristiana.
Gesù sale sul monte come Mosè e, da nuovo legislatore, pronuncia il primo dei suoi cinque discorsi, mettendosi seduto come un maestro di fronte ai suoi allievi.
Il discorso della montagna è rivolto in primo luogo ai suoi discepoli ma, in ultima istanza, è offerto ad ogni uomo che accoglie la persona di Gesù e vede messi in pratica i suoi insegnamenti nella comunità cristiana.
Le beatitudini, prima che essere uno sforzo dell'uomo, rappresentano la consapevolezza che il dono della salvezza viene da Dio, per cui è Lui che ci fa mettere in pratica le beatitudini.
Noi allora nelle beatitudini non facciamo altro che cercare di rispondere all'amore grande che Dio nutre nei nostri confronti.
Ogni beatitudine ha tre elementi.
La proclamazione della beatitudine, il "beati voi", poi le persone a cui è riferita tale beatitudine ed infine ciò che adesso vale per loro o li attenderà in futuro.
Quindi la seconda parte è importante.
Proprio perché Dio agisce così, noi possiamo considerarci beati.
Le prime quattro beatitudini riguardano il rapporto dell'uomo con Dio e la prima in particolare è quella che, forse. conosciamo meglio.
Sono beati i poveri in spirito, perché il regno dei cieli è loro.
Non è solo esaltare la povertà, ma vederla come consapevolezza di aver bisogno di qualcuno, di dipendere dall'aiuto degli altri per poter vivere.
Altrimenti vivremmo nell'autosufficienza.
E' chiaro che una povertà materiale aiuta ed è sotto gli occhi di tutti che, laddove la ricchezza è elevata, il rapporto con Dio è progressivamente minore, perché ci si ritiene autosufficienti.
Quando un giovane ha tutto e non gli manca niente, il rapporto con gli altri e con Dio lo mette in secondo piano.
Il grande problema di oggi è vivere come se Dio non esistesse.
La seconda beatitudine riguarda non tanto coloro che sono nel pianto, quanto la traduzione più corretta sarebbe "coloro che si affliggono", ossia si addolorano per le disgrazie altrui.
Sono persone solidali con chi soffre, diventando vulnerabili e deboli.
L'opposto delle beatitudini è vivere blindati, a riccio, impermeabili, ricercando solo il proprio benessere e la ricerca smisurata di se.
Una delle ultime beatitudini che riguardano il rapporto con gli altri, dice di essere beati come operatori di pace che sono i veri figli di Dio.
La pace è un dono di Dio e va ricercata nell'esperienza della fraternità in cui l'altro non è un nemico, ma una persona da amare e perdonare.
Chi si adopera in questo modo è figlio di Dio, cioè ha impresso il volto del Padre.
Infine l'ultima beatitudine parla di Chiesa povera e perseguitata, ed è l'esperienza della Chiesa di sempre. Una Chiesa che non scomoda non riuscirà mai a incidere, perché accetta solo la realtà, ma non porta il valore "in più" del Vangelo.
Essere un cristiano secondo lo spirito delle beatitudini significa da un lato accogliere il dono di Dio e dall'altra sentirsi libero di donare agli altri il frutto di tale amore.
Il cristiano è colui che sa pregare e agire nello stesso tempo, perché si sente salvato dalla grazia amorevole di Dio e la manifesta nella povertà della propria vita.
La stessa felicità che è sottintesa al termine beati, ci fa comprendere che proprio nel continuo incontro con Dio possiamo cambiare il registro della nostra vita a partire da adesso.
Il cristiano vede con occhi nuovi la propria esistenza, ed è proprio nelle situazioni più difficili che sa cogliere la presenza più forte di un Dio che ricolma di beni gli affamati, ma rimanda i ricchi a mani vuote.
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